Il fotografo calabrese Priolo: "La vera forza è rimanere, è la restanza, è la ri-tornanza, è partire, è emigrare!"

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images Il fotografo calabrese Priolo: "La vera forza è rimanere, è la restanza, è la ri-tornanza, è partire, è emigrare!"
Nicola Priolo
  20 marzo 2024 13:31

di NICOLA PRIOLO

Quanti dei tuoi compagni di scuola delle superiori vivono ancora qui? Pochi, due o tre. E gli altri? Alcuni sono andati via per studiare, per frequentare l’Università, altri alla ricerca di un lavoro stabile e remunerativo. In Calabria, dal barbiere, al bar, in edicola, al ristorante, dal meccanico, in pizzeria, in salumeria, dal panettiere, dall’avvocato e dal notaio, dal commerciante, chiacchierando finisco sempre col fare la stessa domanda, e col ricevere la stessa risposta. In pochi rimangono, in tanti se ne vanno. Ieri, oggi e probabilmente domani. Vito Teti ci dice che “partire e restare sono i due poli della storia dell'umanità.

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Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di se stessi. Restanza significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente”. Chi rimane in Calabria è coraggioso, le condizioni attuali di vita e lavorative sono indubbiamente difficili, si rimane ancorati, legati, un tutt’uno con la propria terra, ogni giorno confrontati con difficoltà, burocrazia, inerzia, ostacoli di ogni genere. Ancorati ma anche spaesati secondo Vito Teti, impotenti secondo me. Pari coraggio, in questa visione del mondo, ce lo hanno tutte quelle persone che armi e bagagli lasciano la loro terra natia, intraprendono un viaggio verso l’ignoto, chi rimane invece lotta col sempre noto, ignari gli emigranti, siano essi con la valigia di cartone o griffata, della lingua, della cultura e delle abitudini che li aspettano arrivati nella terra promessa. Secondo Sergio Marchionne “non è mai facile cominciare tutto da capo in una terra sconosciuta, con una lingua straniera, imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti.

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Non è facile lasciare le certezze del tuo mondo abituale per le incertezze di un mondo nuovo” “Viaggiare è una brutalità: obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort famigliare della casa e degli amici”, “nulla è nostro tranne le cose essenziali, l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo, ma è proprio per questo che viaggiare  è il modo migliore per crescere e per farlo in fretta. Il contatto con un mondo sconosciuto è qualcosa che ti cambia nel profondo perché ti costringe a contare solo sulle tue forze e a superare i tuoi limiti”. Io, giunto tanti anni fa in Belgio, con mia moglie fiamminga, immediatamente un anno di studio del neerlandese pena l’essere completamente alieno, impossibilitato a socializzare, escluso dal partecipare alla vita pubblica, incapace di seguire i miei figli a scuola, come accadeva alle mamme italiane degli anni cinquanta, i loro mariti tutto il giorno in miniera. La restanza diventa una medaglia al valore che diamo simbolicamente ai calabresi che rimangono in Calabria. Nessun premio, nessuna commiserazione, nessun pietismo. Tra mille difficoltà, nel totale disinteresse degli amministratori locali, in certe zone ostacolati, ahinoi va detto, dalla presenza dell’ndrangheta, lontani mille miglia dai mercati importanti, ad ore di volo per i volenterosi turisti che scelgono questa meravigliosa regione per trascorrerci le vacanze, se si vuole ce la si puó fare. Credendoci.

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I calabresi nel mondo raggiugono risultati meravigliosi, in qualunque ambito lavorativo, sono come gli altri, ma con volontà e testardaggine senza confronti al mondo. Concentriamoci sulla Calabria, sulla mia amata Calabria Grecanica. Io non sono nato in Calabria, neanche mio papà che peró ci ha vissuto gli anni del liceo, mio nonno invece si, in Aspromonte, erano cinque fratelli, Alfredo, Arturo, Alberto, Armando e Adolfo. Tre emigrarono, due decisero di rimanere. A chi è andata meglio? A tutti e cinque. In ambiti lavorativi completamente diversi. Dirigenti d’azienda, professori universitari, imprenditori, avvocati. Sono partiti da Santo Stefano d’Aspromonte, poi a Reggio, infine sparpagliati. Papà che pure ha vissuto solo dieci anni della sua vita a Reggio, mi raccontavano suoi amici dei tempi del Politecnico di Torino, aveva nostalgia di una cosa, del mare calabrese, di quel meraviglioso colore che solo in pochi posti al mondo troviamo. L’acqua trasparente, la luce accecante del sole, le notti sotto le stelle, questa era l’immagine bella che poi avrebbe continuato a conservare nei suoi ricordi, per arrabbiarsi nel vedere il mare sporco e inquinato,  le spiagge spesse abbandonate a se stesse, le strade piene di buche e con ai lati i rifiuti. Restanza, Vito Teti ci insegna, vuol dire anche rimanere nella propria terra d’origine con intenti propositivi e coll’obiettivo di porre in essere  iniziative di rinnovamento. Forse qualcosa non torna, dal mare blu e cristallino alle tante incongruenze sotto gli occhi di tutti da tanti anni. Da una parte non possiamo nascondere le difficoltà, non possiamo neanche assolverci, ma dobbiamo riconoscere che tanta gente si dà da fare e con ottimi risultati. D’altra parte è normale che sia cosí, i calabresi si fanno apprezzare lontano da casa, perchè mai non dovrebbero essere in grado di farsi valere a domicilio?

Non mi piace dare medaglie a chi rimane, cosi come trovo odioso esprimere critiche nei confronti della Calabria senza conoscerla. Da parte mia preferisco ricordare i tanti esempi, io ne conosco alcuni personalmente, altri appresi dai media, di Calabria che funziona. Non sono superuomini e superdonne, sono persone come altre, ma caparbie, con un progetto e tanti sogni a sorreggerli, non si piangono addosso, sono (quasi) sempre persone positive. Questa è la Calabria, non sono eccezioni. Penso al fantastico esempio dell’amministrazione comunale di Bova capace di farsi approvare la totalità dei progetti presentati a livello nazionale ed europeo. L’amico Marcello Manti e sua moglie Giovanna, un ristorante avviato, che tanto mi affascina per la filosofia che ammanta tale proposta, anche se in tal caso dovremmo parlare di Ri-Restanza, dal momento che Marcello prima era emigrato e poi è tornato a Cardeto. Penso a Mimmo, che a Bova, a pochi metri dalla locomotiva , simbolo statico dell’emigrazione, porta avanti la tradizione millenaria della lestopitta. Saverio Romeo, un giovane, che a Bagaladi produce miele, un coraggio e una tenacia da applausi. Gallicianó un gioiellino dove vivono poche anime, un borghetto bellissimo, una chiesa cattolica ed una ortodossa, tutti gli abitanti custodi di una tradizione grecanica unica. Non dimentico di certo il professor Sebastiano Stranges (https://www.youtube.com/watch?v=Eo2ru2xUbWM&t=4s)   che, dopo una vita lontano dalla Calabria, ci ha fatto ritorno, un altro esempio di Ri-restanza, ed oggi ci svela i segreti della presenza armena a Brancaleone. Cittadina sede del centro recupero tartarughe marine, una variopinta presenza di valenti operatori.

Ma anche di un insediamento antico come (Brancaleone) Vetus. Artefice del rilancio culturale di Brancaleone, un “restante”, Carmyne Verduci (https://www.youtube.com/watch?v=DV0eK5n4KBQ)  presidente della locale proloco. Giovanna Pellicanó, nata tanto lontana dall’Aspromonte, oggi fiera prima cittadina di Staiti, borgo letteralmente svuotato dall’emigrazione che grazie a lei vive una seconda giovinezza. E Domenico Stranieri che, con la fascia tricolore ha rilanciato Sant’Agata del Bianco con mille e una iniziative. Una lista lunga un chilometro di “restanti”, di partiti “(ri)tornanti”, di sognatori, intellettuali, amministratori locali, piccoli imprenditori, che si rimboccano ogni giorno  le maniche, ottenendo magnifici risultati. Si, nella nostra Calabria, la regione dei chiaroscuri, a proposito non dimentichiamo, e come facciamo a farlo, che il vero cancro, che avvolge in un abbraccio (quasi) mortale questa magnifica regione ha un nome ben preciso. Una volta, ma questo è solo un esempio delle tante volte che mi è capitato di sentire certe parole, ero con amici stranieri presso quel che ne rimaneva del Santuario della Madonna della grotta a Bombile. Parlavamo con gli amici, nel frattempo riconoscevamo un profumo noto ai nostri sensi, il finocchietto selvativo. Una coppia di anziani signori, poi scopriremo che erano fratello e sorella, ci sentono parlare, lei si offre di tagliarci le piantine di questa prelibatezza, ma chiede al fratello di andare a prendere un coltellino in macchina. Nel frattempo ci racconta di loro e pone l’accento sul fatto che loro sono “brava gente”.

Due parole che tante altre volte mi è capitato di ascoltare, ad un orecchio, come quello degli amici stranieri, ma fossero anche stati settentrionali sarebbe stato lo stesso, parole di nessuna importanza. Invece sono parole che ci condannano a dover sempre superare ostacoli che altri non hanno. Parole il cui significato vero spiegai agli amici quando rimanemmo soli, dietro di noi, nella valle, feci notare esserci un paese, raccontai cosa rappresenta. Nei miei racconti agli amici belgi, trattandosi di dare consigli dove andare, chi incontrare, cosa fare, non racconto dei tanti problemi, preferisco porre l’accento sulle tante cose meravigliose. Tanto sono loro a farmi la fatidica domanda. Dobbiamo aver paura della “ma(f)fia”? 

Restanza, ri-tornanza, emigrazione, hanno pari dignità. Sentir parlare i calabresi sull’aereo che ci porta a Lamezia dal Belgio ti emoziona al limite delle lacrime. Parlano col vicino di sedile della loro amatissima terra, da cui magari sono lontani da una vita intera, signori e signore oramai ottantenni. 

Io rimango positivo.

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