A un anno dall’uscita del saggio scientifico “Cannibalismo, questioni di genere e serialità”, esce il nuovo lavoro – come riporta una nota perventua in redazione – del sociologo e criminologo Davide Costa: “Il male velato. Società, medicina e culti”, edito da TAB Edizioni di Roma.
Sottoposto a “double blind peer review”, il saggio rappresenta uno dei pochissimi tentativi, da parte degli studiosi di scienze sociali, di analizzare il male all’interno della società, in medicina, e in diverse forme di culti. Un’analisi attenta che fonde diverse discipline, tra le quali: antropologia sociale, medicina, sociologia, criminologia e psicoanalisi.
Nel saggio, oltre ad approfondire il concetto di “male”, sono stati tradotti e analizzati diversi autori inglesi poco conosciuti in Italia: dal saggio “Political Ponerology: a Science on the Nature of Evil Adjusted for Political Purposes” di Andrzej M. Lobaczewski, al saggio “For a Sociology of Evil” di Kurt H. Wolff e molti altri ancora.
In particolar modo, il terzo capitolo affronta tre livelli di analisi del male nel mondo della medicina: il “male in medicina”, ossia il dolore; il “male dalla medicina”, ossia la malpractice – la negligenza di un medico ai danni biologici o psicologici del malato – e la “medicina del male” che l’autore affronta attraverso un approfondimento sui serial killer sanitari.
Infine, vengono affrontati i ruoli e gli impatti del male soprannaturale nella società, analizzando la stregoneria, i demoni famosi, il satanismo, la caccia alle streghe e le torture.
Grazie a questo lavoro, Davide Costa evidenza il modo in cui il male è, appunto, velato e in grado di mimetizzarsi. «E’ necessario – spiega l’autore – adottare tutte le strategie possibili per renderlo visibile e identificabile, pur non essendo eliminabile. Ciò, però, potrebbe servire ad attenuare i suoi impatti e le sue conseguenze».
Davide Costa inoltre rileva quanto segue. «Questa mia nuova opera è nata in parallelo con moltissimi altri progetti di ricerca e con la scrittura e consegna della tesi di dottorato. Per questo motivo ha rappresentato per me una vera sfida a livello personale, perché parlare di male fa sempre male, ma anche da un punto di vista scientifico, perché occuparsi di un tema poco trattato dalle scienze sociali, per alcuni ricercatori è addirittura un compito da folli. È un saggio che è alla portata di tutti, dagli studiosi agli appassionati, e a chiunque vuole provare a comprendere perché noi esseri umani siamo capaci di compiere gesti tanto malvagi. In merito alle ragioni che mi hanno spinto ad affrontare un tema tanto complesso e di nicchia per gli scienziati sociali – spiega l’autore – deriva sia dalla dilagante affermazione sempre più evidente del male sotto forma di guerre, conflitti, e omicidi, e sia per via di esperienze personali. Soprattutto negli ultimi anni della mia vita, infatti, il male ha fatto da padrone. Sono state le seguenti domande ad ispirarmi: “Che cosa ho fatto per meritare tutto questo male?”, “Cos’è il male?”, “Perché proprio io devo essere il bersaglio di azioni così pregne di male?”».
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