Il Natale cristiano nel messaggio di Mons. Francesco Nolè

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images Il Natale cristiano nel messaggio di Mons. Francesco Nolè

  18 dicembre 2020 20:41

di GIOVANNA BERGANTIN

 Mai avremmo potuto pensare, almeno fino a qualche mese fa, che una terribile apocalisse pandemica sconvolgesse le nostre vite mettendo a repentaglio tutte le più solide certezze, imponendo nuove regole e cambiando le abitudini, anche quelle più radicate in noi. Certo è che non ritorneremo facilmente alla normalità come se niente fosse. Nulla sarà come prima. Ci siamo scoperti più fragili, più soli e disorientati, ma resta chiaro ciò che abbiamo appreso dall’esperienza trascorsa per affrontare il prossimo futuro.

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Natale sicuramente non sarà come tutti gli altri, per nessuno di noi.

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Ci si augura almeno di poterlo trascorrere insieme con chi amiamo, in famiglia, senza troppi limiti, zone colorate e distanziamento sociale. Sarà certamente più sobrio e non è un male se ci aiuta a riscoprire i veri valori. Comunque andrà, sarà un 25 dicembre diverso dagli altri con un forte bisogno di tornare ai sentimenti più autentici della Natività e ritrovare i doni spirituali propri  di questa festività cristiana che ci aiuteranno a superare lo smarrimento dei giorni più difficili e ad affrontare al meglio le nuove situazioni. Così, le riflessioni profonde, durante un dialogo via skipe, di S. E. Mons. Francesco Nolè, Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano, ci guideranno verso il vero senso del Natale. “Avevamo in corso la globalizzazione, finalizzata al guadagno, a mettere insieme i profitti, un certo giro di affari e interessi, ma avevamo dimenticato che ci può essere anche una globalizzazione negativa. Questo è quello che stiamo vivendo - osserva monsignor Nolè, Pastore della Chiesa cosentina ormai da più di cinque anni - Una volta se c’era un virus in un Paese lontano restava lì per anni, i mezzi di comunicazione erano pochi e lenti. Ora c’è ampia circolazione, grazie a Dio pure di cose buone, ma anche di quello che chiamiamo ‘pandemia’, perché ha pigliato il mondo intero. Allora cerchiamo di dare una lettura un po’ diversa, più attenta, meno superficiale, partendo dall’idea che il Signore non vuole mai il male, ma alcune volte vuole che i figli riflettano e, pare sia l’occasione, mettere una gerarchia di valori nella nostra vita. Forse ci eravamo dimenticati cosa erano i rapporti interfamiliari”. Una riflessione dalla quale siamo partiti nel confronto a tutto campo su limiti e opportunità emersi a causa della situazione attuale che investe tutto e tutti. Una situazione, sottolinea il presule della Chiesa cosentina, che “ mette in luce aspetti positivi. Molte volte a casa si tornava per mangiare, per dormire, ma il fondamento della famiglia si era perso. Adesso ‘costretti’ a star chiusi  ‘ci costringiamo’ anche a dialogare di più, ad intervenire di più, visto che i genitori non sapevano cosa facessero i figli e viceversa”. Oltre a questo, aggiunge, tutta la vita non può essere improntata sul consumismo, lo si è avvertito in modo evidente in questi giorni di nuove aperture e assembramenti “con un’esplosione di voglia di consumi. Forse, dobbiamo cominciare a pensare che consumare non era così necessario. Pensiamo al domani con uno stile di vita più sobrio e solidale”.

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Un altro aspetto è che “bisogna ricostruire un ‘umanesimo nuovo’ con al centro la persona e non l’interesse, il potere, il denaro, la voglia di primeggiare, così da creare condizioni in cui la persona sia sempre rispettata nella sua dignità e nella sua libertà. E lo Stato deve ripensare anche alle sue agende che non siano solo economiche, così come l’Europa e il Mondo intero devono comporre un nuovo umanesimo in cui la Persona è sempre punto di riferimento della Società. Questi i pilastri del ‘Nuovo Umanesimo’”. Un’esortazione molto forte che riprende Papa Francesco. L’ultima enciclica “Fratelli Tutti” “non è rivolta solo ai cristiani – osserva il presule – ma è un’enciclica di tutti e per tutti. Dice il Papa, se ci troveremo fratelli nell’umanità  troveremo una via di bene per preparare un mondo diverso”. Mons. Nolè rammenta che l’enciclica è stata firmata ad Assisi, nella Basilica dedicata al Santo che “vedeva tutte le creature come fratelli e sorelle, parlava la lingua di Dio, cioè l’Amore e che ha voluto rivivere nella sua vita i misteri di Cristo riproducendoli nel Presepe vivente”. 

Ma come immaginare il Presepe quest’anno. Chi troviamo?

 Per il presule della chiesa cosentina “Innanzi tutto, Maria e Giuseppe che cercano un ricovero perché i giorni per la nascita erano compiuti. – spiega Monsignor Molè -  Maria ha con sé qualche panno, Giuseppe prepara in una stalla la paglia nella mangiatoia. All’inizio questa giovane coppia. Dio prepara la sua venuta con una giovane famiglia in una stalla, in un ambiente che nessuno immaginava. Già questi sono i due pilastri della vita di Cristo, quindi della vita cristiana. Gesù nasce in una stalla e i primi a correre non sono i potenti, ma sono i pastori che allora erano gli ultimi della terra. Così, Betlemme significa città del pane, del nutrimento, quel pane che diventerà eucarestia”. Se ci fermiamo un attimo a capire alcuni elementi aggiunge l’Arcivescovo Nolè “ Una ragazza che diventa madre senza assistenza femminile, un padre che non è padre, questo sposo che non è sposo che deve prendersi cura di suo figlio. Una famiglia anomala, strana, ma una famiglia con tutte le difficoltà di oggi”.

Di qui la riflessione porta alla situazione giovanile, caratterizzata da molti cambiamenti in questi ultimi mesi contraddistinti dal lockdown.

 Mons. Nolè avverte “ di non sprecare questo tempo. Ho parlato con molti ragazzi e ragazze in videoconferenza, coi  loro visini seri e attenti, nessuno si distraeva. Di positivo in questo c’è proprio l’utilizzo delle tecnologie per la crescita e la cultura. Molte difficoltà c’erano già prima del lockdown.

Quando in famiglia c’è un dialogo sereno, sincero, seppur aspro e duro, ma sorretto dall’amore reciproco anche i ragazzi respirano buoni sentimenti. Ci vuole la bravura dei genitori a stare più vicini ai figli e a non lasciarli mai soli”.

Il pensiero finale è rivolto alla Comunità cosentina, molto variegata, che va

“ dal mare alla Sila, con persone laboriose, generose, che si impegnano. Ci sono molti gruppi di volontariato, mense per i poveri, tanta accoglienza e poi c’è anche, penso, a differenza di altre province, – è l’amara constatazione del presule- una malavita con i guanti bianchi, che non è esplosiva, ma perciò più pericolosa. Allora, la mia idea – auspica Mons. Nolè –  è che non bisogna gridare contro, ma bisogna ricominciare ad educare le coscienze. Scuola, società, famiglia e chiesa si devono mettere insieme per ridare quei contenuti che abbiamo perso a cominciare dall’onestà e dalla legalità: ci mancano ci mancano!”.

 

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