di EDOARDO CORASANITI
La vessazione del popolo curdo raccontato da chi quei luoghi l’ha vissuto, da chi ci è stato di persona e ha toccato con mano il dolore e la storia di un’oppressione che va avanti da troppo tempo.
E’ questo il taglio dell’incontro organizzato da Potere al Popolo di Catanzaro e che ha preso forma nella Sala concerti del Comune di Catanzaro.
Moderato dal giornalista del Quotidiano del Sud Bruno Mirante, il dibattito è introdotto da Gianmichele Bosco. Il consigliere comunale di Cambiavento, che è tra i fautori insieme a Nicola Fiorita e Giuseppe Pisano della risoluzione del Consiglio comunale di Catanzaro contro l'invasione turca, ribadisce senza sconti la condanna ad Erdogan, mettendo in luce l’importanza non solo simbolica dell’intervento. La risoluzione, infatti, è stata inviata al Consiglio dei ministri e alla Regione Calabria. Obiettivo: dire no e sollecitare l’embargo commerciale nei confronti della Turchia.
“Nel silenzio delle istituzioni, con l’approvazione all’unanimità dell’assise, Catanzaro ha dimostrato di essere sensibile e attenta a quella che è una vera e propria guerra con risolti drammatici”.
Parola poi a Stefano Mancuso del sindacato Cobas. Racconta passo dopo passo la sua esperienza nello scorso marzo in Kurdistan. Da osservatore internazionale è rimasto a contatto con un popolo vivace che richiede democrazia, una legittimazione e la fine di una oppressione.
Una società che porta con sé ferite e che, nonostante questo, durante le scorse elezioni municipali sono riuscite ad esprimere liberamente la propria volontà popolare. E a far trionfare il Partito democratico dei popoli (Hdp), nonostante l’elevatissima pressione delle milizie turche e di Erdogan.
L’ultimo intervento è di Talip Heval della rete Kurdistan Italia. Lui è curdo, è arrivati in Italia su un barcone e grazie all’accoglienza italiana ha “ricominciato a vivere”. Da subito il suo impegno è quello di “costruire una comunità curda per dare informazioni su chi siamo e sulla nostra storia.
E’ la tragedia di un popolo a cui non viene riconosciuto niente ed è assurdo che nel 21esimo secolo uno Stato così violento come la Turchia possa esistere.
Il nostro compito oggi è quello di raccontare e condannare la disumanità. Lo dobbiamo fare per i tanti che, a differenza mia, non ce l’hanno fatta a venire, morendo in mare”.
Dice al pubblico che il suo è un popolo abituato a resistere contro le violenze e che, fin da piccoli, viene insegnato “ad essere meglio di loro”.
Pacato, commosso, carico di emozioni e un po’ preoccupato per i suoi che stanno subendo un vile attacco da parte di una nazione guidata da un sultano arrogante e autoritario, Talip è il volto di una Nazione democratica (al di là di qualsiasi riconoscimento internazionale, il Kurdistan ha un popolo, una lingua e delle proprie regole. Di fatto, è una Nazione) che non vuole morire ammassato dalle macerie prodotte dalle bombe turche.
L’Europa lo sa, gli Usa se ne infischiano. Qualcuno dovrà pure salvarli.
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