Incontro a Lamezia tra "Comitato Malati cronici calabresi" e avvocato Santacroce per consulenze legali

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L'incontro a Lamezia Terme tra l'avvocato Santacroce (a sinistra) e i rappresentanti del comitato Malati cronici
  06 ottobre 2019 17:58

"Le liste d'attesa infinite per accedere a una prestazione sanitaria non sono una fatalità da accettare con rassegnazione. Se i tetti massimi previsti dalla normativa sono superati da un'azienda sanitaria e non ci sono strutture alternative, il cittadino ha infatti il diritto di accedere a una prestazione intramoenia pagando l'equivalente del ticket, senza alcuna maggiorazione. Peccato che questo diritto sia poco conosciuto e che gli sportelli predisposti solo in rarissimi casi informano il paziente di questa possibilità".
A confermarlo è Giuseppe Gigliotti, coordinatore regionale del Comitato "Malati cronici della Calabria".
Su questi ed altri aspetti, si è tenuto a Lamezia Terme, un incontro tra i referenti dei "malati cronici del lametino" Gigliotti, Giuseppe Marinaro e l'avvocato, Frank Santacroce, al quale i due hanno illustrato le problematiche e le proposte, solleciando dallo stesso consulenza legale.
"Da tale incontro - dichiara lo stesso Santacroce - è venuto fuori la consulenza e l'assistenza gratuita che mi impegno a garantire a tutti gli associati dei malati cronici,punto fondamentale a difesa dei diritti dei pazienti". Il diritto ad accedere alle cure pubbliche in tempi certi nonostante sia previsto da una serie di norme, nella realtà, stigmatizza "è ancora troppo poco conosciuto dai cittadini e ostacolato in pratica. Tra le cause c'è la scarsa trasparenza delle amministrazioni sui diritti dei cittadini. Ciò alimenta le asimmetrie informative, che penalizzano ancora una volta i più deboli. Sul rispetto dei tempi di attesa, sul corretto esercizio dell'intramoenia e più in generale sul rispetto dei diritti dei cittadini c'è da migliorare ancora molto dal punto di vista dei controlli, troppo pochi e con molte falle".
Le code in sanità "sono una piaga diffusa e i limiti massimi previsti dal Piano nazionale per le liste d'attesa restano obiettivi di carta. Per una visita oncologica o neurologica nel sistema sanitario pubblico non si dovrebbero superare per legge 30 giorni di attesa, in realtà i tempi si allungano anche fino a un anno (dati Cittadinanzattiva). Per una mammografia o un'ecografia, secondo i tetti previsti dal Piano nazionale, la soglia di tolleranza è di un paio di mesi. Ma anche in questo caso i cittadini arrivano ad aspettare fino a 13 mesi. Se una struttura non può garantire il rispetto dei tempi previsti, Il dlgs 124 del 1998 prevede che l'Azienda sanitaria debba indicare al cittadino le strutture pubbliche o private accreditate (convenzionate) che assicurano il rispetto della tempistica; nel caso nessuna struttura pubblica o convenzionata sia in grado di erogare la prestazione, l'Azienda sanitaria deve autorizzare la prestazione in regime intramurario
aggiuntivo, se non l'eventuale ticket (se non esente). Per avviare la procedura è necessario compilare un modulo.Anche un medico può certificare che la prestazione è urgente In alternativa, il Piano nazionale di Governo delle liste d'attesa prevedela possibilità per il medico (medico del servizio pubblico, medico di famiglia,pediatra, guardia medica) di applicare un codice di priorità allaprestazione richiesta. Sulla ricetta potrà quindi indicare il codice U (urgente)per cui la prestazione dovrà essere erogata entro 72 ore, B (breve) entro10 giorni, D (differibile) entro 30 giorni le visite e 60 giorni la gli esami diagnostici, P programmabile.La griglia dei tempi “giusti” per le diverse prestazioni (sono 58 quelle regolamentate dal Piano nazionale) dovrebbeessere adeguatamente diffusa tra i cittadini, quindi disponibile presso i centri di prenotazione, i siti web aziendali e gli uffici di relazione con il pubblico. Nei fatti questa buona pratica è poco rispettata.
Sul piatto, per Santacroce, "c'è il valore complessivo dell'intramoenia, pari a 1,1 miliardi. Di questi, circa 800-900 milioni di euro vanno ai professionisti che erogano la prestazione, circa 200 milioni di euro sono destinati al Sistema sanitario nazionale. Nel caso di prestazioni “fuori tempo massimo” pagate solo con l'equivalente del ticket, ovviamente questi flussi si ridurrebbero. Insomma, rispettare la legge, a quanto pare, non conviene a nessuno. Poiché il diritto alla salute nei fatti non viene garantito - conclude - l'uso dell'intramoenia appare assai discrezionale e i tempi per le visite sono solo un opzional fino ad arrivare alle chiusure delle liste di attesa. Esso costituisce un vero e proprio reato".

a.c.

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