I numeri a confronto con le altre regioni. I compiti dei medici competenti e il vero problema organizzativo dietro le inidoneità e limitazioni nella sanità regionale
05 marzo 2024 12:49di GABRIELE RUBINO
Qualche settimana fa è esplosa la polemica sulle inidoneità riconosciute agli
operatori sanitari calabresi. La semplificazione suona così: con una tremenda
carenza di organico, medici e infermieri dalle corsie degli ospedali sono spostati
negli uffici amministrativi. Facile intuire che per i diretti interessati la definizione di
‘imboscati’, più volte rimbalzata dopo le uscite del consigliere regionale del
Movimento 5 Stelle Davide Tavernise, è tutt’altro che piaciuta.
LE REAZIONI DOPO LA DEFINIZIONE 'IMBOSCATI'- A molti professionisti non è proprio scesa giù, sentendosi additati come zavorre del servizio sanitario calabrese quando in realtà, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di persone con problemi di salute tali da impedirne lo svolgimento dell’originaria mansione. Certo, come in altri casi (si pensi ai permessi della legge 104/92), ci saranno casi limite o abusi ma è il ragionamento che fanno in molti: “il termine ‘imboscati’ è profondamente denigratorio e ci mette contro anche gli altri colleghi”.
I COMPITI DEL MEDICO COMPETENTE- La miccia accesa dal consigliere regionale Tavernise ha infastidito altre categorie, fra cui i medici competenti. Stando ai dettami legislativi, il D.Lgs 81/2008 prevede che il medico competente, al termine degli accertamenti sanitari, esprima il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Il giudizio può prevedere l’idoneità totale oppure l’idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni e la inidoneità, temporanea o permanente. Valutazione che, peraltro, è spesso soggetta alla verifica di un’ulteriore commissione. Quindi – si fa capire da questo fronte -, non c’è alcuna ‘compiacenza’, ma l’esame di singoli casi con problematiche di salute e in ossequio ai dettami normativi. “Se c’è un operatore sanitario di un reparto di medicina generale, spesso over 60 dato lo scarso turn-over del personale sanitario, che presenta alcune morbilità e ciononostante deve sollevare fisicamente un paziente, come si fa a non dare quanto meno una prescrizione?”, fanno notare. Senza dimenticare come in questi anni l'opinione pubblica nazionale sia molto sensibile al tema della sicurezza sul posto di lavoro.
I NUMERI DEL FENOMENO IN CALABRIA E IN ALTRE REGIONI E LE SFUMATURE- Ma passiamo ai numeri. C’è davvero un’anomalia calabrese sull’entità delle inidoneità? Dall'incrocio dei dati forniti dai medici competenti, la percentuale di operatori con inidoneità o limitazioni nelle Asp e nelle aziende ospedaliere calabresi oscilla in forbice tra l'8 e l'11%. Dato in linea con molte altre realtà regionali. Da una recente elaborazione della Cergas-Bocconi, si scopre che il dato è in linea con Lazio (10,1%), Veneto (9,3%) e decisamente inferiore ai casi di Lombardia (17,5%) e Piemonte (19,3%). Forse ancor più interessante è il dettaglio delle limitazioni (che, aspetto centrale per comprendere il fenomeno, non è la stessa cosa della inidoneità totale). Si scopre infatti che le limitazioni prevalenti (circa il 70%) sono relative alla movimentazione manuale dei carichi e pazienti ed al lavoro notturno e/o turni di reperibilità. Senza dimenticare l'aspetto anagrafico: la maggior parte delle limitazioni si concentra fra i lavoratori over 50. Per avere più chiara l'idea: prendiamo un’infermiera di 60 anni in un reparto di medicina generale, e con un’anzianità di servizio in media di almeno 20 anni, se si pensa bene non è così irrituale che abbia problemi che le impediscano di sollevare un paziente. Da qui scatta la limitazione.
IL VERO PROBLEMA, LA NON PREVISIONE DEL FENOMENO NEI PIANI DI ASSUNZIONE DEL PERSONALE- Naturalmente è innegabile che le inidoneità producano un grosso problema organizzativo sul personale con potenziali ‘scoperture’ a cui il management deve trovare una pezza. Fermo restando la necessità di colpire (e anche duramente) eventuali abusi, il problema potrebbe essere affrontato a monte. Cioè, quando si redigono i piani triennali del fabbisogno e quello assunzionale annuale che non tiene conto di questo aspetto. Ogni azienda, alla luce dei propri dati sulle inidoneità riconosciute dalla legge, dovrebbe avere forme di flessibilità di reclutamento o, quantomeno, di sostituzione (nel caso di prescrizioni temporanee) per far fronte a questi disagi.
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