Intervista al pianista Omar Sosa: domani sera l'esibizione al Politeama per il Festival d'Autunno

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images Intervista al pianista Omar Sosa: domani sera l'esibizione al Politeama per il Festival d'Autunno

  11 ottobre 2024 16:06

di VITTORIO PIO

Incontro di cartello domani sera per il w-end dedicato al jazz nel cartellone del Festival d'Autunno. Sul palco del Politeama saliranno Maria Pia De Vito, Trilok Gurtu e Omar Sosa, tre personalità di spicco nella scena contemporanea, per un programma senza rete ed aperto a tutte le soluzioni. Il sodalizio si è costituito di recente e ha un tasso di creatività elevatissimo, all'insegna della libertà come ci conferma il pianista cubano Omar Sosa: “E’ il Jazz che è filosofia. Ma la filosofia è la ricerca della libertà e il Jazz è libertà. Quando pensiamo a un genere musicale, pensiamo a una scatola chiusa. Il Jazz è libertà: io suono la libertà che è tutto ciò che tutti cerchiamo.”

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Una carriera la sua che è stata contraddistinta da molti incontri di prestigio con altri artisti, secondo quale principio sceglie di collaborare insieme o di inserirli nei suoi gruppi? 

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"Non scelgo, semplicemente. E’ qualcosa che accade lungo la strada: tu stai guidando, vedi un posto meraviglioso. E allora ti fermi. Incontri dei musicisti e nasce spontaneo fare qualcosa insieme, la maggior parte delle volte funziona. Qualche volta no. Ma quasi sempre sì: è una condivisione, ancor prima che una collaborazione. A me piace cooperare in questo senso: mi piace lavorare in un gruppo, in cui non c’è bisogno di parlare, viene tutto da sé. E’ davvero molto bello. Perché l’importante è amare ciò che si fa, ciò che si suona, e, allora, non c’è bisogno di alcuna parola. Non importa se si tratta di collaborazioni o dei musicisti della mia stessa band. Cerco sempre e solo di lavorare a un progetto che amo, perché per me la musica è come una missione, strettamente legata alla mia anima, al mio spirito. E questo comporta condividerla con coloro con cui suono".

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Nel suo stile ci sono degli elementi che arrivano dalla musica classica, ma anche di atmosfera etnica e chiaramente afro-cubana: come riesce a farli coesistere?

"Non li faccio coesistere, a dire la verità. Cosa intendiamo per musica classica? Cosa per world music? Se per musica classica intendiamo quella del 1700, ok, posso dirti che la sua armonia continua a influenzare la musica contemporanea, questo sì. Per il resto posso dirti che non unisco nulla, arriva tutto in maniera molto naturale, senza forzare. E’ quando cominciamo ad imporre qualcosa che esplode il conflitto, e questo è così evidente, oggi. E invece, se pensiamo a quando ti incontro e tu incontri me, allora insieme siamo un qualcosa di nuovo in maniera molto naturale, lo stesso accade con gli stili".

A proposito delle sue radici, com'è il panorama musicale del suo paese ? A Cuba chi sono I giovani musicisti più interessanti?

"Di sicuro il primo a cui penso è Kumar, che è pop, ma tiene molto conto della tradizione, è da tenere d’occhio. La sua è una musica molto parlata, è molto contemporaneo ma arriva dritto al punto, è molto comunicativo, ha un modo di fare musica “alto”, con tanta bella energia. E poi c’è anche Marialy Pacheco, una pianista straordinaria. Con lei suoneremo insieme in Sicilia il prossimo anno Abbiamo fatto un album insieme,“Manos”".

Qual è stata la tua più grande soddisfazione artistica fino a qui?

"Parlare con te. Essere vivo. Posso dirti che il momento più importante è stato ai Grammy, Adesso, in questo momento, è poter parlare con te. Certo anche poter suonare, ma per me quello che importa in questo momento e potertelo dire: non so se domani ci sarò ancora. Non è questione di essere fatalistico, ma realistico: non c’è motivo di ancorarsi ai ricordi, non ha senso. Sono servirti in quel momento, ma adesso no, devo pensare a questo istante, ai concerti che farò a breve. Posso parlare di qualcosa in particolare, come quando suonai in Nicaragua per i soldati durante la guerra: è sicuramente stato un episodio memorabile, ma è passato".

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