Intrieri: “Reddito di Dignità, la promessa di Tridico, strumento sociale o bandiera elettorale?”

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images Intrieri: “Reddito di Dignità, la promessa di Tridico, strumento sociale o bandiera elettorale?”

  27 agosto 2025 18:25

di MARILINA INTRIERI*

Il candidato alla presidenza della Regione Calabria  Tridico ha deciso di giocarsi per la campagna elettorale la carta del reddito di dignità, presentato come il pilastro del suo programma per combattere povertà ed esclusione sociale. Tridico torna così a brandire il reddito di cittadinanza come vessillo identitario, accusando chi ne ha ridimensionato la portata di aver “colpito i poveri”.

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Un’idea certamente suggestiva che richiama il vecchio reddito di cittadinanza che ha dato un sollievo e un sostegno economico per un certo periodo a migliaia di famiglie calabresi in difficoltà, soprattutto nelle regioni meridionali. Sul secondo fronte, però, quello dell’inserimento lavorativo, i numeri hanono raccontato un fallimento: i centri per l’impiego non hanono retto la sfida, e il “patto per il lavoro” è rimasto, nella maggior parte dei casi, lettera morta.

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E in Calabria come altrove, il sussidio che ha garantito una forma di sostentamento, non ha però spezzato il circolo vizioso dell’assistenzialismo. Anzi, in più contesti ha alimentato distorsioni: dal lavoro nero mascherato al peso politico clientelare, fino a una percezione sociale ambigua, dove il diritto al sostegno rischiava di diventare un privilegio da difendere a prescindere.

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La narrazione elettorale di Tridico semplifica un dibattito più complesso e rischia di piegare a slogan uno dei temi più delicati per il Paese: la lotta alle diseguaglianze.

E dietro il suo slogan si nasconde una triste realtà: quella  che nel bilancio regionale le risorse occorrenti semplicemente non ci sono, in pratica una promessa elettorale a debito.

Tridico anonuncia un reddito minimo integrativo da finanziare con fondi europei, ma omette un dettaglio essenziale: l’uso del Fondo sociale europeo Plus (FSE+) e del PNRR è rigidamente vincolato a progetti specifici di formazione e inclusione lavorativa. Non è una cassa libera da cui attingere a piacimento. Per attivare un sussidio universale servirebbero parziali importanti stanziamenti regionali ordinari. E qui si apre il vero nodo: la Calabria ha già un bilancio fragile, impegnato a coprire sanità, debiti storici e spese obbligatorie.

E la proposta di legge formulata dal consigliere regionale del pd Mammoliti parallela al progetto di Tridico ha quantificato in 500 euro al mese per 15.000 famiglie. Una misura che costerebbe decine di milioni l’anono. Dove trovarli? Non certo nella spesa corrente regionale, già sottoposta a piani di rientro e vincoli statali. Il rischio più evidente è che il Reddito di Dignità resti una promessa da campagna elettorale, priva di gambe per camminare.

Alcune Regioni lo hanono già introdotto con risultati controversi. In Puglia nel 2016 che dopo i primi anoni si è inceppato; la Basilicata aveva tentato un reddito minimo d’inserimento  finanziato dalle royalties petrolifere, anche  qui con  risultati modesti, tanti aventi diritto sulla carta, pochissimi reinseriti nel mondo del lavoro. In Campania e Toscana hanno sperimentato bonus e forme di sostegno analoghe, sempre legate a bandi anonuali, ma con impatto sociale ridotto rispetto alle aspettative.

Ma cosa accomuna questi territori regionali?  La difficoltà di trasformare un sussidio in politiche attive efficaci e cosa o invece li distingue dalla Calabria? La solidità dei bilanci. La Puglia ha un bilancio regionale di oltre 8 miliardi di euro, la Toscana sfiora i 12 miliardi: margini che consentono, almeno in parte, di sperimentare misure proprie di welfare. La Calabria invece si ferma a circa 6 miliardi, di cui oltre il 70% come già detto già assorbito dalla sanità e da spese obbligatorie.

Ecco il punto cruciale: se in Regioni più ricche e strutturate il reddito di dignità è finito per ridursi a misure parziali e insufficienti, come potrebbe la Calabria, con minori risorse e un bilancio in affanonocronico, trasformarlo in un sostegno stabile e universale?

Per questo sorprende che oggi, invece di un’analisi onesta e propositiva su cosa non ha funzionato nel RDC, si torni a utilizzare il tema come clava elettorale.

La vera sfida per un territorio che invecchia e che soffre di un cronico ritardo in produttività e occupazione giovanile non è rivendicare il passato, ma costruire strumenti di inclusione attiva: formazione, incentivi mirati alle imprese, servizi territoriali per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il dibattito dovrebbe dunque misurarsi su come garantire un welfare capace di proteggere i più fragili senza cristallizzare la marginalità, su come dare un futuro, non solo un sussidio.

Continuare a dividere l’opinione pubblica fra “nemici dei poveri” e “paladini dell’assistenza” rischia solo di svilire un tema serio e di lasciare irrisolti i nodi veri: il lavoro che manca, i servizi che non funzionano, le politiche di sviluppo che non decollano.

La Calabria non ha bisogno di nuovi anonunci che rischiano di alimentare illusioni e dunque provocare altri dolori. Il vero nodo  da affrontare resta quello di sempre: creare lavoro e sviluppo, non moltiplicare sussidi senza copertura.

L’assistenzialismo ha già mostrato i suoi limiti con il reddito di cittadinanza che ha alleviato per qualche tempo la povertà ma non ha aperto nuove opportunità occupazionali. Riproporre in Calabria la stessa ricetta, senza affrontare il tema delle risorse e della produttività, significa ripetere un copione già visto.

Il messaggio deve dunque essere  chiaro agli elettori: si può discutere di sostegni al reddito, si può ragionare su nuove forme di inclusione sociale, ma non si può far credere ai cittadini che la Calabria disponga di miliardi che non ha per erogare un reddito di dignità. La serietà della politica si misura sulla fattibilità delle proposte, non sulla capacità di evocare slogan in campagna elettorale e a chi lo spara più grosso.

E  quando la  campagna elettorale finirà, i cittadini avranono più che mai bisogno di risposte concrete.

*Gia’ parlamentare

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