La storia dell'imprenditore catanzarese Pino Masciari al quale è stata revocata la scorta
21 ottobre 2022 14:36di PAOLO CRISTOFARO
Le sue denunce, partite ormai circa trent'anni fa, hanno fatto scattare operazioni e arresti, mettendo in subbuglio le cosche di 'ndrangheta di mezza Calabria. Ora Pino Masciari, ex imprenditore catanzarese che dava lavoro a centinaia di dipendenti e che dopo le denunce contro la mafia ha perso tutto - viene lasciato senza scorta dallo Stato. La notifica è giunta al Masciari dalla Prefettura di Torino, senza particolari spiegazioni. Ma i fatti sono evidenti: le cosche sono ancora lì e l'ex imprenditore teme per sé stesso e per la sua famiglia. Cosche ancora pervasive, come quella degli Arena del Crotonese, contro la quale la Procura di Catanzaro a più riprese ha effettuato sequestri, arresti e confische. Inoltre le denunce di Pino avevano toccato i piani alti delle istituzioni, portando, ad esempio, alla condanna per concussione di un alto magistrato e consigliere di Stato. Ripetutamente è stato sentito anche dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Al telefono con "La Nuova Calabria", Pino Masciari ci racconta la situazione attuale.
Signor Masciari si aspettava la revoca della scorta? Come ha preso la notizia?
“Purtroppo questi fatti non rappresentano una novità. Già nel 2015 la scorta mi era stata revocata e poi riassegnata dopo pochi giorni. Sono sinceramente arrabbiato, perché io ho sacrificato tutta la mia vita per lo Stato, credendo nei valori di legalità e giustizia. Ma lo Stato dimentica che sono una persona, non permette che io sia esempio positivo per chi vorrebbe denunciare, non ricorda che ho denunciato per alto senso civico, tratta me e la mia famiglia come una pratica da sbrigare. Noi testimoni di giustizia siamo soprattutto persone, con accanto una famiglia. Io ho rinunciato alla mia impresa, alla mia vita, al mio futuro. Lo Stato ha valutato che non potevo e non posso più vivere in Calabria perché sono in pericolo di vita e lì è difficile tutelarmi, per questo per anni mi ha tenuto in una località segreta. Nonostante ciò oggi le Istituzioni mi abbandonano nuovamente con un'assurda revoca della protezione, senza fornire motivazioni. Ma lo sanno che la 'ndrangheta non revoca le condanne?”
Teme per la sua famiglia?
“Certo che temo per la mia famiglia. Le cosche che ho denunciato (Arena, Mazzaferro, Vallelunga, Trapasso, tutte le compagini del Catanzarese, del Crotonese, del Vibonese) sono attive e operanti. Il Ministero dell'Interno, per tramite della Prefettura, chiede a me di fare eventuali deduzioni in merito all’opportunità di revocare o meno la scorta. Ma quali strumenti potrei possedere per fare una simile valutazione? Loro non sanno come stanno le cose? Le indagini portate avanti dalla Procura di Catanzaro, dal dottor Gratteri, continuano ad evidenziare la pervasività, non solo in Calabria ma in tutto il mondo, delle stesse cosche e delle stesse famiglie che io ho denunciato, facendone condannare parecchie per associazione mafiosa. Non è accettabile che chi deve tutelarmi viene a chiedere a me se ho deduzioni da fare riguardo la mia sicurezza e la possibile esposizione al rischio. Hanno a disposizione le relazioni della DIA recentemente pubblicate e riferite all’ultimo semestre del 2021, che evidenziano fatti concreti e vicende ancora in atto."
Cosa vede di attuale?
"Le recenti inchieste in Calabria hanno scoperto le stesse dinamiche di trent'anni fa. Molti elementi emersi da Rinascita-Scott, condotta dal procuratore Gratteri, fanno riferimento a situazioni che avevo già denunciato."
Ha avuto intimidazioni?
"Ho vissuto anche in località protette, ho dovuto lasciare tutto inclusa la famiglia d’origine, gli amici, la mia terra. Dove vivo ora è noto a tutti. Recentemente hanno cercato di scassinare l'inferriata della mia abitazione. Ma con orgoglio porto la mia testimonianza, i miei valori, il mio vissuto in tutte le scuole d’Italia e intervengo nella manifestazioni per la legalità anche a livello istituzionale."
Lei è stato sentito anche dalla Commissione Parlamentare Antimafia, giusto?
"Esatto, ho riferito tutta una serie di situazioni e ho consegnato le mie memorie. Mi auguro che quest'organo sia ancora efficiente come un tempo e possa intervenire e dirimere positivamente la questione. Tuttavia, confesso di essere sinceramente sfiduciato a causa dei ripetuti silenzi riguardo i pericoli che corro e la mia vicenda in generale. Ho rinunciato alla mia libertà con orgoglio per lo Stato. Ma pare che io ora per lo Stato sia diventato un peso. Capisco gli imprenditori calabresi che hanno timore a denunciare. Ero come loro. Ma come possono farlo se non percepiscono l’adeguata tutela da parte delle Istituzioni? La morsa della 'ndrangheta in Calabria è forte! Le dico onestamente che non penso esistano imprenditori calabresi che non sentano la stretta di questa morsa e che non vivano quotidianamente nella paura."
Aveva denunciato qui in Calabria lei? Sta ricevendo vicinanza dalla sua terra?
"Sì, ho denunciato all'epoca presso la Procura di Catanzaro. Purtroppo dalla mia terra mi sento trattato come uno straniero. Il sindaco di Catanzaro sa chi è Pino Masciari? Lo sa che sono un catanzarese, che avevo uffici a Catanzaro, che ho dovuto lasciare Catanzaro per lo Stato, per poter favorire la giustizia? La Procura sa che le cosche che ho denunciato sono attive e sparse per l'Italia e non solo. Le notizie sono all'ordine del giorno. C'è sempre la paura del dopo, del futuro. Per questo è vergognoso e disgustoso che ancora dopo venticinque anni si venga a scompigliare la vita di una famiglia che è vissuta nell'incertezza. Mi addolora vedere la Calabria e i calabresi sacrificati, ma del resto anche io sono l'agnello sacrificale e ne subisco le conseguenze ogni giorno. Lo Stato ha gli strumenti per vincere la lotta contro la mafia, ma deve ricordare di averli e soprattutto deve ricordarsi di essere Stato."
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