di TERESA ALOI
"Mamma torno a casa". Quando Jessica apprende la notizia della sua guarigione dal Covid 19 è al telefono con la mamma. Per Patrizia Torchia, ieri, 10 maggio, "Festa della mamma", non poteva esserci regalo più bello. A volte il destino ti regala gioie nelle gioie. Riabbracciare la sua "bambina" dopo 47 giorni. Quarantasette lunghissimi giorni durante i quali ha provato solo ad immaginare cosa stesse provando Jessica lontano dai suoi affetti. Lontano dagli abbracci di papà Francesco, dalle risate del fratello Gregorio. Dal suo amore Claudio.
Ventisei anni, infermiera alla "Domus Aurea" di Chiaravalle Centrale, la Residenza sanitaria assistenziale contagiata dal coronavirus, Jessica Torchia è risultata positiva al Covid 19 a fine marzo. Lì, in quella Rsa, lavorava da soli tre mesi. A gennaio aveva firmato il suo "primo" ingresso, a marzo "l'uscita". Un tempo brevissimo, ma che è bastato a farla innamorare dei suoi nonnini. Del suo lavoro. Poi, il trasferimento, insieme ad altri colleghi, nella struttura a Catanzaro Lido.
Al telefono Jessica è cordiale. Gentile. L'emozione, a volte, tradisce la voce. Ha appena finito di cenare. La cena più buona. Quella "condita" da carezze, coccole. Quel "profumo di casa" tanto desiderato.
"Finalmente a casa - racconta Jessica- in questi 47 giorni tante volte ho desiderato gridarlo, alcuni giorni sembrava che questo momento non sarebbe mai arrivato, invece, eccolo qua. Ancora non mi sembra vero. È stata dura - spiega - però, quando qualche anno fa ho scelto questa professione sapevo che non sarebbe stato semplice, ero consapevole di essere esposta ogni giorno a diversi rischi. L’ho scelta lo stesso, perché il sorriso di tutte quelle persone mettevano in secondo piano questi rischi".
Per raccontare la sua storia Jessica fa un salto indietro. Un salto lungo 47 giorni. "Tutto inizia il 25 marzo, quando è arrivata la notizia della positività della nostra ospite, è stata una doccia fredda, una cosa inaspettata anche perché per me era una realtà lontana anni luce da noi. Sono stata, quindi, sottoposta anche io al tampone. I giorni prima del risultato, sono stati giorni di angoscia, di ansia e anche di paura. Quando poi il 27 marzo sono arrivati i risultati ed io sono risultata positiva il mondo mi è crollato addosso. Il primo pensiero sono stati i miei genitori. Come dirgli che la loro figlia era positiva? - ricorda - Per fortuna ero asintomatica, quindi, sono riuscita a tranquillizzarli, a fargli capire che stavo bene. Sono stata portata in una struttura insieme alle mie colleghe, a cui devo un grazie immenso. Insieme a loro la quarantena è stata più leggera, ci capivamo, ci sostenevamo a vicenda".
E poi il vicino "di casa". "È stato bello il gesto del nostro vicino, che da subito si è dimostrato disponibile, ci ha accolte e ci ha incoraggiate anche con semplici messaggi. Ringrazio i miei datori di lavoro sempre presenti. Un ringraziamento particolare va all’Amministrazione comunale del mio paese, che mi hanno sempre sostenuta, incoraggiata . In questi 47 giorni ci sono stati tanti alti e bassi, la mancanza dei miei aumentava sempre di più, il virus che non andava via, i vari crolli emotivi, la paura di non farcela non tanto fisicamente ma quanto psicologicamente".
"Un'esperienza di vita", così Jessica definisce gli ultimi 47 giorni. "Mi hanno fatto capire che sono più forte di quanto immaginavo, che non bisogna mollare mai, perché alla fine del tunnel si arriva sempre. Ed io alla fine del tunnel ci sono arrivata ieri, quando il dottore mi ha comunicato che ero guarita.Ce l’avevo fatta!! Non ci potevo credere. Finalmente si tornava a casa".
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