La maturità in tempi del Covid/2. Antonella Caselinuovo (Liceo Fermi): "La scuola è la nostra seconda casa e siamo stati costretti a dire addio a troppe cose"

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Antonella Caselinuovo
  22 maggio 2020 16:35

di FRANCESCA FROIO

Continua la nostra rubrica dedicata ai pensieri ed alle sensazioni dei maturandi 2020, i maturandi che passeranno alla storia per quell’ultimo anno non vissuto pienamente. “La scuola è la nostra seconda casa, la classe una grande famiglia con tanti, troppi fratelli e i professori sono al pari di saggi parenti che ci indirizzano verso la retta via quando ci siamo smarriti”.  Questo il pensiero di Antonella Caselinuovo (5C  IIS “Fermi”, Liceo delle Scienze Umane), di cui pubblichiamo di seguito il tema scelto.

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Sin dall’inizio della mia vita da liceale ho immaginato cosa sarebbe successo l’ultimo anno. È la stessa sensazione che si prova quando si inizia un libro nuovo: la curiosità di conoscere la fine della storia  ti spinge a correre veloce tra le pagine e sbirciare quella finale. Forse la colpa è anche un po’ delle grandi leggende  cinematografiche come “Notte prima degli esami”, o “Questo piccolo grande amore”, che hanno accompagnato la nostra infanzia ingigantendo il mito dell’ultimo anno. Per non parlare delle storie che i nostri genitori ci raccontavano prima di andare a letto, come se fossero favole della buona notte, le stesse che usavano per rincuorarci di ritorno a casa con un brutto voto.

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“Io ho fatto peggio”, dicevano con un sorriso tra il misterioso e il nostalgico e lo sguardo perso nel passato, nel periodo di un’infanzia che non tornerà più, ma che ha lasciato un solco profondo nella loro esistenza. Ho sempre pensato che anche io, alla fine del mio lungo viaggio, avrei avuto aneddoti da raccontare, soprattutto riguardanti il quinto anno e la maturità. Ma i sogni non sono la realtà.

Questo è stato un periodo di rinunce  per tutti. Noi studenti dell’ultimo anno siamo stati costretti a dire addio a molte cose: al suono dell’ultima campanella; all’ansia prima delle prove scritte e delle invalsi; all’ultima interrogazione. Ad occhi esterni queste esigenze  potrebbero apparire capricci adolescenziali, ma tutti questi momenti erano la nostra vita. Alcune persone potrebbero cercare di rincuorarci dicendo:: “Non siete contenti? Non dovete più andare a scuola”. A loro risponderei dicendo che non capiscono.  È consuetudine pensare alla scuola come ad un istituto freddo in cui i ragazzi non fanno altro che studiare al fine di raggiungere l’obiettivo ultimo: il diploma. Ma la scuola non è solo questo. La scuola è la nostra seconda casa, la classe una grande famiglia con tanti, troppi fratelli e i professori sono al pari di saggi parenti che ci indirizzano verso la retta via quando ci siamo smarriti. Non sono le fredde mura dell’istituto, le classi, i laboratori a mancarci, ma la nostra famiglia. Quando la tua routine viene scompigliata, inizi ad apprezzare ogni singolo istante della tua esistenza, anche quelli che odiavi di più.

Durante i giorni passati in quarantena ho iniziato a rimpiangere il trillo della sveglia all’alba; rincorrere gli autobus di linea stracolmi di studenti; le interrogazione intrattenute alla cattedra. È proprio vero che qualcosa acquista valore ai nostri occhi soltanto quando la perdiamo. Ogni momento trascorso in quelle mura che tanto disprezzavamo si velano di tristezza e malinconia. Quanto vorrei rivivere anche uno solo di quei ricordi! Anche le liti per scegliere chi si sarebbe sacrificato come volontario per la prossima interrogazione, o per motivi che nessuno di noi ricorderà mai, assumono un valore tutto nuovo. Se qualcuno mi avesse detto che avrei avuto non più di qualche mese da trascorrere insieme ai miei compagni prima di separarmi definitivamente da loro, avrei provato ad  apprezzare al meglio ogni singolo secondo trascorso insieme alla mia classe, anche quelli più burrascosi. Se qualcuno mi avesse avvertito dell’arrivo di questo virus che ci tiene prigionieri nelle nostre case, avrei cercato di captare più dettagli possibili così da custodire gelosamente quelle memorie nel mio cuore. Perché mi manca tutto della mia strana e chiassosa famiglia: ho bisogno ancora dei loro baci; degli abbracci; di sentire le loro risate rimbombare tra le pareti della classe; di correre con loro nei corridoi per raggiungere la macchinetta tra un cambio di lezione e l’altro; di guardare i loro occhi per capire se stanno realmente bene o mentono.

Ma ciò di cui ho realmente nostalgia non sono i momenti trascorsi durante la ricreazione, bensì le spiegazioni, le discussioni che partivano da una piccola curiosità riguardo qualsiasi argomento di lezione  e che scaturivano sempre in dibattiti che continuavano fin quando perdevamo il filo logico del discorso. Le immagini dei loro visi tremolanti sullo schermo e le voci accompagnate da una schermata completamente nera non potranno mai sostituire l’intensità di quei giorni. Può sembrare strano, ma il mio ricorrente desiderio durante la quarantena  è stato quello di poter sostituire il silenzio assordante che invade la mia stanza dalle pareti rosso scarlatto, che sembrano soffocarmi sempre di più ogni giorno che passa, con le urla dei  miei compagni di viaggio. Ma ciò che mi arreca più dolore è il senso di incertezza. Siamo soliti pianificare la nostra vita come se fossimo davvero noi i padroni del tempo e del mondo stesso, dimenticando le parole del grande poeta Montale: non possiamo essere certi di nulla.

Oggi l’incertezza è diventata la nostra migliore amica. Ecco cosa sono ora: un viandante, un viaggiatore senza meta né bussola alla ricerca di qualcuno che le dica che non è una persona egoista e cattiva se continua a pensare al suo futuro mentre fin troppe persone, al di là del suo porto sicuro, muoiono da sole, senza nemmeno una parola di conforto ad  accompagnarle nell’inizio della loro vita eterna. Vorrei poter fare di più per il mio paese, confortare le persone che hanno perso i loro cari in una guerra contro un nemico imprevedibile, ma l’unica cosa che posso fare è continuare a stare a casa. Se ho imparato qualcosa dalla storia e dalla letteratura studiata a scuola è che l’uomo ha vissuto  infiniti momenti di sofferenza che persone coraggiose hanno impresso nelle pagine vuote per ricordare ai posteri che c’è sempre speranza.  L’essere umano è riuscito a sopravvivere a guerre ed epidemie, sempre risollevandosi più forte di prima e cercando di combattere per quegli stessi diritti che noi abbiamo sottovalutato fin troppo. Non possiamo mettere a repentaglio le fatiche dei nostri avi proprio adesso. Dobbiamo continuare a combattere rimanendo a casa. E quando la nostalgia sarà troppa seguiremo i consigli del poeta ottocentesco Leopardi e vivremo il piacere e la gioia nei ricordi e nell’attesa di un futuro e un mondo migliore. Un mondo in cui gli abbracci e i baci non faranno più paura, in cui il dono della libertà non sarà più sottovalutato e il nostro vicino non sarà più uno sconosciuto, ma un fratello che ha sofferto proprio come tutto il resto del mondo. Leopardi diceva che la solidarietà è uno dei mezzi per mettere fine alle sofferenze dell’animo e io gli credo. Stando a casa non ho solo rispettato una legge, ma ho contribuito, anche se nel mio piccolo, ad aiutare il nostro paese a risollevarsi dalla crisi che lo ha colpito. Voglio credere che se oggi, le morti e i contagiati sono diminuiti, il merito è anche un po’ nostro, di tutti quelli che hanno limitato la loro libertà in rispetto del prossimo.

Concludo condividendo la frase, tratta dal testo di una delle canzoni del famoso gruppo musicale i Doors, che mi aiutato ad affrontare questo difficile momento: “Sii sempre come il mare che, infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci”.  Non conoscevo i Doors prima dell’inizio della mia quarantena, ma nessun’altra frase mi avrebbe armato di speranza come questa. Quest’unica frase mi ha aiutato a rendermi conto che non sono sola. Gli uomini sono come le onde: si scontrano contro scogli acuminati, ma è proprio grazie all’onda che trovano il modo di risollevarsi e migliorarsi.

 Antonella Caselinuovo 5C  IIS “Fermi”
Liceo delle Scienze Umane

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