La Nuova Calabria, dal tuo primo compleanno una riflessione sull’informazione

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Franco Cimino
  05 luglio 2020 19:42

È già passato un anno? Sembra ieri. Eh, sì, sorprendente davvero, ma da oggi inizia il secondo anno di vita di La Nuova Calabria. Me lo ricordo bene quel tardo mattino della presentazione nella sala della Provincia.
 
Me lo ricordo bene anche perché, a seguito del mio intervento di saluto augurale, ebbi un gentile breve ma vivace scambio di idee con un importante editore del settore, un uomo bello, elegante, che vidi, nonostante il suo nome, per la prima volta. C’era tanta gente quel giorno, pochissimi però gli intervenuti. Forse, si era già fatto tardi o forse la timidezza o altro delle piccole umane debolezze non so. Ricordo ciò che dissi.
L’affetto e la stima per i due fondatori ufficiali e direttori, Enzo e Stefania Papaleo, la simpatia e l’apprezzamento dei giornalisti della neonata testata, che conosco da anni e a cui porto affetto, specialmente all’ultima arrivata, ancora professionalmente in formazione, dalla mia antica aula del Liceo delle Scienze Umane e da Cropani Marina, questi in premessa. Quindi, in sintesi, la sostanza del mio antico pensiero sull’informazione in generale e in Calabria, in particolare. Cos’è che di più forte la nostra terra sente la mancanza? Di un’economia forte, autonoma e produttiva? Certamente. Di un sistema scolastico robusto e moderno e universitario autonomo, libero e interagente col territorio? Ancor più certamente. Di un mondo della cultura, arti creative ed espressive comprese, libero, critico, pensoso, coraggioso e combattivo, dagli sguardi puntati, come fari, sulla drammatica condizione della regione e dalla parola ferma e tagliente per denunciarla? Assolutamente sì. Di una Chiesa più forte e autorevole, coraggiosa e aperta, più “politicamente scorretta”, che unitariamente e organizzativamente si muova sul magistero di Francesco e la continua spinta energica di mons Vincenzo Bertolone, suo presidente Cec? Certo che sì! Ha bisogno di una Politica che sia pulita, onesta e generosa, leale con i calabresi e le istituzioni, capace di promuovere classe dirigente all’altezza dei suddetti principi e, soprattutto, competente e intellettualmente nutrita? SÌ Sì Sì, mille volte SÌ.
Tutto questo, o un solo punto di questo elenco, nonostante le doglianze continue e le recitazioni di preghiere insincere e inespressive, però non viene. Nessun punto si è realizzato mai. Come avete notato, non ho fatto riferimento alla ‘ndrangheta perché troppo scontato il tema e anche per non dovermi più lungamente soffermare sul nuovo e più inquietante fenomeno delle mafie e della super mafia. Quella che mette insieme mafiositá dei comportamenti, pezzi di politica e dell’imprenditoria, la parte della burocrazia asservita agli interessi, massoneria deviata e altri poco noti gruppi di interessi illegali sotterranei. Tanti sono i perché del non realizzato che potremmo snocciolarli per giornate intere fino ad inoltrarci in teorie di tipo antropologico. Una, però, è oggettivamente rilevabile. È visibile a tutti, porta la piena responsabilità di una responsabilità altra e superiore che non è la sua. Si tratta della debolezza del nostro sistema d’informazione.
Naturalmente, questa debolezza non nasce qui, in Calabria. Sappiamo tutti che l’Italia da troppo tempo, e forse da sempre, non gode di una informazione pienamente libera e assolutamente autonoma. Il pluralismo, che la Costituzione garantisce, è stato utilizzato per la moltiplicazione delle testate giornalistiche e dalla logica, parapolitica, della divisione in due-tre fazioni della loro raccolta intorno ai partiti e agli schieramenti politici. Insomma, con la scusa dell’orientamento culturale, gli organi d’informazione sono stati al servizio o a disposizione o al comando( nel senso della loro padronanza sulle parti) delle formazioni politiche. I motivi anche qui sono tanti e ci porterebbero molto lontano. Ce n’è uno se non sopra tutti di sicuro tra i più importanti. Ed è la totale assenza di editori puri. In tutte le società democratiche ve ne sono. In America, addirittura, non esserlo crea più problemi a chi voglia possedere un giornale o una televisione. Non è che questo da solo garantisca la bellezza della stampa e la sua libertà, ma avere uno sguardo più sulle vendite, e quindi sul sentire della gente che le garantirebbe, è di certo un po’ meglio che rispondere solo all’interesse economico derivato dalla politica nella cura e promozione delle proprie aziende e attività imprenditoriali.
Basta vedere la metamorfosi notturna che ha accompagnato, di recente, il cambio dei direttori di importanti giornali e l’opinione degli stessi e dei loro editori.
 
Al Sud la questione si aggrava, i motivi anche qui sono facilmente intellegibili. Ce li spiega, però, meglio la Calabria, nella quale la debolezza del sistema d’informazione è davvero drammatica. Dramma su dramma, condizione della Calabria ed Informazione, la nostra terra consuma e muore. Consuma di tutto, anche risorse economiche. E nel mentre consuma scala tutte le classifiche negative. Di una sola, quella di essere in assoluto la meno colpita dal Covid, non ha, anche qui complice l’informazione ( naturalmente mi riferisco sempre alla sua gran parte), saputo farne una risorsa. In Calabria il sistema generale condiziona i sistemi particolari. La debolezza della sua struttura economica e la debole classe imprenditoriale al suo interno generata, che, in buona parte, sul cattivo rapporto con la politica, passivamente si arricchisce, fa del sistema dell’informazione un non sistema. Un qualcosa cioè di indefinito, che non agisce con la forza della sua indagine sulla realtà e la lascia immobile. L’informazione nelle realtà deboli non solo non scalfisce il potere in quanto tale, ma non ha neppure gli strumenti e il tempo per farlo prima che il potere non sia intervenuto con le sue batterie di condizionamento e di scoraggiamento. La capacità persuasiva dello stesso non compie alcuna fatica e non paga alcun prezzo, agisce preventivamente. Gli basta. Nelle realtà deboli non ci sono soldi, o non li fanno arrivare, per la promozione della cultura, della politica del sociale in cui sia compresa anche l’educazione.
Educazione, intesa, però, non come cattedra di altro potere da cui imporre regole comportamentali, abitudini e modi di fare su una popolazione quasi sempre resa stanca, distratta e distante, se non per qualche fiammata emotiva, dalle vere questioni sociali prodotte dalla povertà, dalle diseguaglianze e dalle conseguenti divisioni tra i corpi della società. Educazione, invece, quale spazio in cui stimolare la coscienza critica dei cittadini, la loro libertà di sentire il dolore di questa terra, la voglia di liberarsi dei piccoli miserevoli egoismi. Liberarsi anche della vecchia stretta tra vittimismo e messianesimo, per costruire, nell’unità della gente, il coraggio di battersi per una Calabria nuova. Eh, sembra facile, lo so.

E come si potrebbe se chi si approccia a questo mestiere, che come per qualsiasi docente o artista ha bisogno di passione e di vocazione e di tanto tanto coraggio, lavora moltissimo e guadagna pochissimo e spesso nel precariato? Se i pochi “ folli” che denunciano delinquenti e mafiosi restano quasi sempre soli? Come partire partire dall’informazione se tutto, da noi, è la diretta conseguenza di altre situazioni e la risultante di altre crisi più estese? E se, soprattutto, il vero male risiede dietro quei poteri che ci sfuggono e nella identificazione vera e nei suoi più perversi meccanismi? Parlo di quel potere invisibile, che all’esterno della regione non conta nulla ma alla Calabria continua a fare un male insopportabile. Da qualche parte, però, si dovrà pur iniziare, visto che la politica è assente. Iniziamo, allora, da tutto ciò che muove idealità e moralità, da ogni energia che attiva il libero pensiero e la voglia di comunicare, sposta le montagne della pigrizia e della indifferenza. Iniziamo dalla creatività espressiva nelle arti e dagli sguardi infantili sulla Bellezza. Ecco, partiamo anche dagli occhi puntati sul mare e sul cielo e dagli aquiloni dei bambini. E dalla sete di conoscenza, partiamo dalla semplice lettura. Dalla ambizione di scrivere il libro più bello sul mondo nuovo e sulla Calabria che lo anima. Ecco, scriviamo semplice, scriviamo di noi, i nostri pensieri.
 
Scriviamo per noi, ché se nessuno ci legge, il nostro cuore ci sente. Insomma, mettiamo insieme tante piccole cose del nostro pensare e guardare e studiare e sentire e ascoltare,un tanto dei nostri ricordi e del comune ricordare. Partiamo dalla cultura, quindi. Quella viva, che muove da noi, incontra il passato e si fa progetto del domani.
Partiamo dalla fame. Di conoscenza, che si farà coscienza. Di grano e pane, olio e acqua, di lavoro e dignità, che si farà ribellione, opposizione, proposta politica del cambiamento. Non sarà facile fare tutto questo, me ne rendo conto. Il tempo, se si partisse ora, non sarà breve. Ma quel giorno arriverà. Noi non lo vedremo, i nostri figli sì. Iniziamo il cammino, intanto. La “stampa”, di qualsiasi genere, cartacea, televisiva, in rete ( quella vera e professionale non quella del giornalismo improvvisato su quel certo “ notiziarismo” invadente che ha ulteriormente indebolito la figura del giornalista e il duro corso per diventarlo) i buoni giornalisti, che pur vi sono, facciano un primo passo verso la libertà e la liberazione. Lo facciano insieme tutti coloro, testate più attente, in particolare, e gli intellettuali, che non sopportano più di veder soffrire la loro terra. La Nuova Calabria, è tra queste espressioni. Durante quest’anno ho scritto per lei tanti articoli, che non saprei contarli.
Inizialmente, l’ho fatto, per affetto verso i direttori, per totale generosità intellettuale e per spontanea fiducia verso il nuovo. Poi, più convintamente, per quella “ segreta” corrispondenza tra il mio ardimentoso( anche noioso perché no?) scrivere e la incondizionata accoglienza del giornale. Chi mi legge sa che sono uno “ scrittore” scomodo, per nulla accomodante e di certo non ossequioso verso qualsiasi potere, nonostante sia da sempre, anche in politica, pienamente consapevole dei danni arrecabili, come li hanno arrecati, alle mie diverse “ carriere”personali. Dove scrivo, dove ho scritto e scriverò, accettano le mie analisi e il mio pensiero senza pormi alcun limite o condizione. Questa per me è il primo merito di un giornale, una buona premessa per “ chiamarsi” alla lotta per la democrazia. La Nuova Calabria, che per fortuna non è la sola, questo merito può accreditarselo tutto. Certo, come tutte le intelligenze operative, ha ancora molto da fare e da migliorare, ma se continuerà, come io credo farà, su questa strada, avrà lunga vita e darà speranza nuova ai calabresi. Buon compleanno Nuova Calabria e grazie.
 
Franco Cimino

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