La PFM canta De Andrè a Roccella Jonica il 10 agosto: l’intervista a Patrick Djivas

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images La PFM canta De Andrè a Roccella Jonica il 10 agosto: l’intervista a Patrick Djivas

  26 luglio 2024 09:36

di CARLO MIGNOLLI

Sabato 10 agosto alle ore 21:30, il tour “PFM Canta De Andè Anniversary”, farà tappa al Teatro al Castello di Roccella Jonica per l’unica data in Calabria. La Premiata Forneria Marconi prosegue il tour estivo iniziato il 28 giugno a Piacenza, dopo un inverno di successi in giro per l’Italia con oltre 60 date sold out. 

Banner

A 45 anni dall’uscita di “Fabrizio De Andrè e PFM in concerto” e a 25 dalla scomparsa del cantautore genovese, il gruppo è tornato sul palco per celebrare quel sodalizio, quella collaborazione senza tempo, che fece la fortuna di Faber, Franz Di Cioccio, Patrick Djivas e gli altri membri della band. Proprio quest’ultimo si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni, soffermandosi sul magico rapporto che si era instaurato tra De Andrè e il gruppo.

Banner

Banner

Tornate ancora una volta in Calabria, questa volta a Roccella Jonica il 10 agosto. In una passata intervista hai affermato che vivresti volentieri in Calabria. Come risponde il pubblico calabrese ai vostri concerti?
“Il pubblico risponde benissimo. Come un po' dappertutto, il nostro pubblico è una grande famiglia. Che sia in Calabria, in Veneto o in Svizzera, non cambia molto, c’è sempre un'aria di famiglia, ma chiaramente il calore che c'è in Calabria è maggiore rispetto a molti altri posti. Il vostro pubblico è sempre molto entusiasta. La Calabria è un posto che mi piace tantissimo, perché rappresenta un equilibrio tra come si viveva una volta e come si vive adesso. Sembra un luogo ancora non contagiato da tutti quei meccanismi che ormai regolano molte città italiane. Questa cosa la trovo molto bella”.

La data di Roccella immagino sarà per voi particolarmente emozionante. Fabrizio De Andrè si esibì dal vivo per l’ultima volta proprio in quel luogo, il 13 agosto del 1998, prima della sua morte. Come vi ha cambiato e cosa vi ha lasciato l’esperienza vissuta accanto al grande Faber?
“Credo che sia stata una cosa molto importante per tutti noi, per Fabrizio, ma non solo, direi anche per l'Italia. Quello che abbiamo fatto insieme ha regalato al Paese vent'anni di Fabrizio De André perché lui avrebbe smesso di cantare. Aveva comprato un posto in Sardegna e si dedicava a curare gli alberi ed era diventato un esperto in questo campo, perché Fabrizio era un tuttologo, quando faceva qualcosa si documentava fino all'inverosimile. Sulla "Buona Novella", ad esempio, andava in biblioteca a Milano tutti i giorni a leggere. E quando ha deciso di fare il contadino, ha fatto la stessa cosa: si è documentato fino in fondo ed è diventato un contadino fantastico. Aveva deciso di smettere praticamente nel '79: era ancora in diatribe con la casa discografica perché mancava un disco al contratto, ma per lui non era più il lavoro che voleva fare. Poi, per fortuna, il destino ci ha fatto incontrare e ha deciso di fare questo progetto insieme a noi. All'inizio tutti pensavano che fosse una follia, dai giornalisti ai discografici, dicevano che il gruppo rock avrebbe sotterrato le sue canzoni sotto milioni di watt e non si sarebbe capito nulla di quello che diceva. Ma non avevano capito che la PFM non è un gruppo rock, è un gruppo di eccellenti musicisti che sanno adattarsi a qualsiasi cosa. La dimostrazione sono tutti i dischi che abbiamo fatto, dalla musica classica al jazz. Abbiamo avuto l'onore di lavorare con Fabrizio e di fargli cambiare idea. Dopo il lavoro fatto insieme, lui ha continuato con grande gioia a fare questo mestiere, prestando molta attenzione alla musica, agli arrangiamenti, al gruppo, alle persone che suonavano con lui. Questo ha decuplicato il suo impatto sul pubblico. Prima di lavorare con noi, era più famoso per "Marinella" che per essere lui il cantante, era molto rispettato, ma di nicchia. Dopo, è diventato estremamente popolare, ma con una musica molto efficace e sofisticata. Ancora oggi molti ragazzi di 16 o 17 anni impazziscono per i suoi testi. Noi abbiamo acquisito la capacità di scrivere testi nostri grazie a lui. All'epoca avevamo chiesto a Fabrizio di scrivere dei testi per noi e lui ci aveva detto che nessuno poteva farlo meglio di noi stessi. Così è nato "Suonare suonare", il primo disco dove abbiamo scritto tutti i brani, per noi molto importante”.

Dopo aver ottenuto qualsiasi tipo di successo musicale e aver suonato in ogni parte del mondo, cosa vi spinge ad andare avanti con alle spalle una carriera di oltre 50 anni?
“La passione non è diminuita, si è solo modificata. Col tempo, certe cose migliorano e altre peggiorano fisicamente, come reggere certi ritmi. Una volta facevamo 200 concerti l'anno, pomeriggio e sera, tutti i giorni in tutta Italia, ma oggi sarebbe troppo duro. Quello che ci fa andare avanti è che non abbiamo mai utilizzato computer dal vivo. Ogni concerto prende una sua fisionomia, non siamo legati a fare sempre la stessa cosa. Abbiamo fatto circa 6.800 concerti, e non ho mai suonato "Celebration" due volte allo stesso modo. Siamo sempre alla ricerca di migliorare il suono, gli arrangiamenti. Noi siamo diventati musicisti in un periodo in cui non c'erano scuole di musica moderna, solo il conservatorio per la musica classica. Ascoltavamo la radio dalla mattina alla sera, cercando musica di tutti i tipi e questo ci ha permesso di diventare musicisti prima di diventare strumentisti. Questo bagaglio ci ha permesso di suonare qualsiasi tipo di musica, dal jazz alla musica araba. Oggi, invece, i musicisti diventano strumentisti prima di essere musicisti e sono limitati nel genere che sanno suonare. Bisogna avere una mentalità aperta a tutte le musiche per diventare un musicista completo”.

Da veterani e vista la vostra straordinaria esperienza, cosa vi sentite di dire a dei giovani che cercano di intraprendere la difficile strada della musica?
“La prima cosa è di non mollare mai. Se hai una passione forte, un giorno o l'altro ce la farai. È un mestiere difficile, ma non bisogna rinunciare. Più conosci musica, più diventi un vero musicista, bisogna avere la forza di continuare finché non succede qualcosa. Quando ho cominciato a 16 anni, sono andato a Parigi senza una lira, mi hanno rubato la chitarra, ma sono rimasto lì sei mesi. Non mangiavo, dormivo nelle macchine, ma alla fine ho incontrato qualcuno che mi ha fatto entrare in un gruppo. Bisogna essere disposti a fare tanti sacrifici. Oggi è difficile rinunciare a certe comodità, ma bisogna scegliere e avere la capacità di continuare. Di solito, a meno di rarissimi casi di sfortuna totale, ce la fai sempre. C'è sempre il momento giusto che sta arrivando”.

Quali sono i progetti futuri della Pfm?
“I concerti non mancano mai, perché la nostra vita è sul palco. Per quanto riguarda un disco nuovo o nuovi progetti, sicuramente ci sarà qualcosa. In questo momento non abbiamo una data precisa, ma l'intenzione c'è sempre. Ogni tanto bisogna prendersi delle pause per poter fare altre cose, ma sicuramente ci saranno nuovi progetti e nuova musica”.

 

 

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner