La Resistenza eroica di Zelensky

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  22 marzo 2022 22:21

Non c’è pace in Ucraina e non c’è pace nel cuore del suo Presidente Volodymir Zelensky, che a Montecitorio sede del Parlamento riunito in seduta comune è intervenuto in collegamento da Kiev per far conoscere ai rappresentanti del popolo italiano quello che si sta vivendo in queste ore e da 27 giorni nella sua terra, invasa senza giustificazione alcuna, aggredita, assediata e violentata in modo inaudito dallo Stato russo, per volontà del suo Presidente Vladimir Putin.

L’Ucraina in questo momento -pur nella tragedia, nell’orrore e nel dolore più intenso- non poteva aspettarsi di meglio che quello di avere come Capo dello Stato un comico, un attore, un uomo di spettacolo -dai solidi principi e dalle salde passioni civiche. Sì perché probabilmente o forse solo questo tipo di figura (con qualche dovuta eccezione) avrebbe saputo e potuto interpretare, esprimere e riflettere così bene il coraggio, l’orgoglio, la determinazione, la forza di resistere da dimostrare prima a sé stesso e poi da dedicare ad un popolo altrettanto fiero e pronto con uno spirito rivoluzionario d’altri tempi a preservare l’ideale della dignità e a difendere il più possibile ogni angolo della propria sovranità democratica. 

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Zelensky si fa conoscere già prima della sua elezione- avvenuta nel ballottaggio presidenziale del 2019 con il 73% dei consensi- precisamente nel 2015 con la serie Tv “Servitore del popolo” nella quale vestiva la parte di un insegnante di storia che combatteva contro gli strali della corruzione dilagante ed era considerato un esempio del buon populismo, inteso come riscatto etico dell’anti politica tanto da essere portato -poi- dai cittadini, alla guida del paese. Una finzione, una commedia divenuta realtà, potremmo dire. La sua retorica populista in salsa cinematografica avrà senz’altro influito sulla decisione di candidarsi nella vita reale, visto che la campagna elettorale la indirizzerà proprio nel contrasto al sistema di potere corrotto, condizionato dagli oligarchi.

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Di certo però l’impatto che la sua vittoria ha riscontrato nell’opinione politica, economica e dei mercati internazionali non è stato favorevole quanto quello ricevuto dai sui elettori ucraini. Agli inizi venne snobbato, sottovalutato poiché non forniva garanzie e sicurezze nell’equilibrio geopolitico, visto il collocamento della sua Nazione che faceva da cuscinetto tra i paesi atlantisti occidentali-da un lato- e la Russia e tutti i paesi dell’Est rimasti fuori dalla Nato e dall’Unione europea, dall’altro lato. La politica di apertura verso la cultura, il commercio, i costumi, la libertà e la democrazia europea attuata dal suo predecessore Porosenko avevano già creato diffidenze, malumori e sfide con Mosca che reagì prima- nel 2014- con l’annessione della Crimea attraverso un referendum edulcorato e mai riconosciuto nella sua validità dalla comunità internazionale e poi con il conflitto nel Donbass zona di confine in cui l’esercito ucraino è stato chiamato a fronteggiare i filo separatisti russi. Questa linea è stata portata avanti anche da Zelensky che fino ad oggi però non è riuscito a calmierare i timori di Putin sull’adesione dell’Ucraina alla Nato e alla Ue oltre che risolvere la questione della regione ucraina del Donbass.

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Un politico senza esperienza -si sussurrava nelle cancellerie più influenti- ma che in realtà si era formato giuridicamente, essendosi laureato in Giurisprudenza prima di dedicarsi al mondo delle arti e dello spettacolo. Ed invece…a volte anche gli attori stupiscono oltre che sul palcoscenico dei sogni e delle finzioni pure nella società e nella vita reale della politica, quando meno te lo aspetti. Lo è stato per esempio negli anni “80” con Ronald Reagan eletto per ben due volte Presidente degli Stati Uniti d’America, un attore prestato al servizio della più importante e grande potenza mondiale sul versante occidentale, un oratore dalle spiccate qualità tali da restare nella storia per la sua empatia comunicativa. Fu Reagan con il suo intuito misto a un sano e giusto pragmatismo politico a firmare nel 1987 - a seguito degli accordi presi in Islanda a Reykjavík –con il Segretario Generale del Partito comunista sovietico e capo dell’Urss Mikhail Gorbaciov il Trattato “Inf” che prevedeva la sostanziale riduzione della produzione di materiale missilistico a medio e a lunga gittata (missili a testata nucleare che avrebbero potuto colpire indirizzi di importante rilevanza europea) e limiti anche per il materiale bellico e la costituzione di basi missilistiche. Chi l’avrebbe mai immaginato -in piena guerra fredda- tutto ciò? Chiamiamolo destino o chiamiamole pure coincidenze ma di sicuro –allora- abbiamo avuto uomini giusti, al momento giusto e al posto giusto, in questo caso da entrambi i lati del percorso pacifico della storia. Oggi a guerra ancora in corso -purtroppo- il destino o le coincidenze ci fanno attendere trepidanti e speranzosi ma l’uomo giusto lo ritroviamo solo da un lato della strada e si chiama Zelensky un protagonista che inizia a stupire e incuriosire tutti; un presidente che ad ogni intervista, ad ogni intervento reso –in questo periodo del conflitto- nelle varie sedi di rappresentanza dei vari Stati ospitanti non ha mai sbagliato una mossa, una frase, un passaggio o evento storico, una citazione, un personaggio da ricordare…tutto calzante alla perfezione. Egli ha saputo toccare sapientemente le tre corde di pirandelliana memoria: quella pazza dell’istinto e della ribellione, quella civile delle regole e dell’etica dei comportamenti e infine la corda seria che media e fa la sintesi tra le due pulsioni. Ma adesso entriamo nel vivo del racconto e analizziamo le corde che il leader ucraino ha saputo e voluto toccare e riservare all’Italia.

A sorpresa, dopo i sentiti ringraziamenti rivolti alle autorità istituzionali, politiche e al popolo italiano tutto, Zelensky ci ha resi partecipi di una importante telefonata con Papa Francesco che si è dimostrato consapevole del fatto che l’Ucraina vuole la pace e la sta difendendo con tutti i mezzi. “Ormai –ha riferito al Santo Padre- il nostro popolo è diventato il nostro esercito della salvezza” Ma quanto spargimento di sangue vuole ancora il governo russo? Dall’ultimo collegamento effettuato con l’Italia –precisamente da Firenze- aveva ammonito di ricordare il numero 79…che segna l’asticella dei bambini già vittime di questa assurda guerra e che oggi sono arrivati a 117; questa disumanità, i morti seppelliti -ancora nel 2022- nelle fosse comuni, tutte le cicatrici fisiche e le macerie strutturali, le lesioni morali e psicologiche sono dovute ad una sola persona. Il responsabile è lo “ Zar” di Russia che –però- Zelensky nemmeno nomina; è l’Innominato di Mosca che distrugge vite, città, ponti, porti come quello presente a Mariupol e qui il presidente lancia la sua corda pazza quella dell’istinto dell’ anima, che tocca il cuore e le pulsioni del nostro paese: “ immaginate se fosse distrutta la vostra Genova, la vostra antica città del mare e immaginate di vedere le persone scappare a piedi, con le macchine per sfuggire alla barbarie oppure pensate a Kiev -da dove ora vi sto parlando- se fosse la vostra Roma, la vostra città eterna che merita di vivere serena e tranquilla…ed invece di giorno e di notte dovesse udire sirene di allarmi quotidiani, preannuncianti l’arrivo delle bombe…immaginate!”. Il linguaggio dell’emotività è di una semplicità disarmante. I porti ucraini segnano il confine di accesso ai paesi dell’Unione europea ed è convinzione di Zelensky che l’obiettivo vero del governo russo è colpire l’Europa, distruggere i suoi valori di libertà, la sua civiltà e l’Ucraina è solo il tramite, il grimaldello per arrivare a ciò. Paragona i russi ai nazisti. È la corda civile che ci avverte di stare attenti e di vegliare sul rispetto e la tutela del diritto internazionale e di fare, fare molto di più di quello che stiamo facendo-per il cessate il fuoco- attraverso l’inasprimento delle sanzioni, il congelamento di tutti i conti delle banche russe oltre che degli interventi umanitari che sono già tanti ed apprezzabili.

“Noi siamo al limite della sopravvivenza alimentare e quindi umana, la fame ci segnerà ma essendo noi i più grandi produttori di grano d’Europa, e poi del mais, dell’olio e di altri prodotti, con la produzione ferma e l’esportazione bloccata il problema riguarderà anche voi. Ora la corda del leader ucraino si è ripiegata sulla serietà e nelle sue conclusioni torna a quanto ha già fatto il nostro popolo italiano. “Ho visitato l’Italia in tempo di pace e ho apprezzato il calore del vostro paese, adesso lo elogio e lo ringrazio per la generosità e per la grande accoglienza offerta nei confronti degli oltre 60.000 profughi presenti nelle vostre città. Bisogna riportare la Pace e l’Ucraina è pronta ma per farlo occorre fermare una sola persona”. Torna sull’Innominato del Cremlino, Zelensky e lo fa vestendo –in questo caso e con motivazioni di fondo inattaccabili -il linguaggio della Resistenza senza retorica, della Resistenza intesa come passione civile, passione del cuore a difesa della libertà e della democrazia, difronte all’orrore incredibile e ad una guerra che -condividendo in pieno le parole di Papa Francesco- non possiamo se non definire “RIPUGNANTE”.

Maria Grazia Leo

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