La riflessione/ Franco Cimino: "Gli spot pubblicitari della Calabria in guerra"

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Franco Cimino
  02 luglio 2020 21:15

di FRANCO CIMINO

Lo spot pubblicitario con cui un improvvisato “ consorzio” di comuni della locride ha inteso pubblicizzare la Calabria “ di quelle parti” non mi piace. Non mi piace per nulla, come non mi piacciono coloro i quali dall’esterno vorrebbero insegnarci come si ami questa terra, come la si possa conoscere e servire. Difenderla e proporla al meglio della convenienza economica. Non mi piace lo scorrere di un testo per nulla poetico o letterariamente attrattivo su immagini già viste e riviste, ampiamente utilizzate in molte altre pubblicità, sempre costose tra l’altro, istituzionali. È uno spot brutto in sé, antipatico, dannoso. Contraddittorio e anche poco intelligente. La presenza alla sua presentazione dell’assessore regionale Domenica Catalfamo, anche per le dichiarazioni rese pubblicamente, lascia ritenere che esso sia stato sostenuto e condiviso anche dalla Giunta di cui fa parte e dalla Presidente della stessa.

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La qualcosa rende l’iniziativa nel suo complesso più brutta dello spot. La sintesi e la più stretta sostanza del messaggio “ promozionale” direbbe: “ venite in vacanza da noi che al Nord ci si ammala”. Se volesse essere una risposta filosofica, da antica Magna Graecia, al pensiero filosofico contemporaneo che vedrebbe la Calabria terra di terremoti e di mafiosi e i meridionali esseri( umani?) inferiori, non va neppure bene, sfiora il ridicolo nel “gemellamento” con gli stupidi e gli arroganti di bassa “lega”. Se volesse essere un’operazione economica per valorizzare una terra sana e al riparo dal Coronavirus, essa si rivelerebbe debole e contraddittoria perché, invitando quelli del Nord a scendere da noi, di fatto, seguendo il loro ragionamento, si correrebbe il pericolo di portare il Covid in Calabria.

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Se la matematica non è un’opinione, la logica lo è ancor meno. Se l’aria del Nord automaticamente alimentasse il virus e se lo cullasse dolcemente, i turisti che da quelle aree scendessero in Calabria, potrebbero portare, insieme ai soldi e ai bagagli, quelle bollicine contaminose tanto pericolose. E se è vero che il sole e il mare rafforzano le difese immunitarie, poco possono fare con i malati potenziali di qualsiasi regione. E se gli “ammalandi” non può guarirli il mare poco o nulla potranno fare le nostre strutture sanitarie. Gioco con l’ironia per alleggerire il mio risentimento di calabrese attivo e poter sdrammatizzare un fatto che potrebbe essere ben corretto con l’intervento immediato della Presidente della Regione e le relative scuse di tutti i goliardici protagonisti. Riaccendere, tra l’altro all’incontrario, la rivalità Nord-Sud, in uno dei momenti più drammatici del Paese, e per giunta sulle conseguenze ancora più drammatiche del virus letale che ha così dolorosamente colpito una parte dell’Italia( che è di tutti gli italiani), non solo è un grave errore politico. È anche un atto molto pericoloso, per le tensioni sociali che provocherà in aggiunta a quelle derivanti dalla crescente povertà e dalla più estesa ingiustizia, che troveremo scritta a piene mani quando, molto presto, si dovranno realmente fare i conti economici di questa straordinaria emergenza, che non è per nulla finita. Siamo un Paese diviso in un’Europa divisa e in un mondo lacerato, alimentare la contrapposizione territoriale è da folli. Il Covid ha riacceso paure, rancori sopiti, e il solito sospetto verso l’altro, chiunque ci appaia diverso da noi, il nostro nemico della porta accanto. Un razzismo alla rovescia non ci vuole proprio dopo questi ultimi anni tesi a costruire un razzismo italiano contro i povericristi, che la disperazione e il dolore delle guerre vicine e della fame apparentemente lontana, getta nel mare non più amico, alla ricerca di vita e di dignità mai avuta.

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Vi ricordate i giorni della “ prigionia”, dei morti a centinaia al giorno, degli operatori sanitari considerati eroi dei nuovi tempi, della paura che toccasse a noi o a un nostro caro? I giorni della libertà perduta, dei sogni cancellati, della prosperità negata d’un colpo insieme alle certezze, che ci facevano forti e invincibili in questo mondo immaginato come un’autostrada verso la vittoria della ricchezza e del potere per chiunque? Vi ricordate le immagini di quei due uomini soli in piazza San Pietro e sulla scala dell’altare della Patria, entrambi sotto la pioggia? E le loro accorate parole nella comune preghiera di restare uniti, di cambiare in meglio, di vincere l’egoismo e l’indifferenza, di comprendere “ ciò che è veramente utile, distinguendolo da ciò che utile non è mai stato”? E la nostra promessa, fatta a noi stessi e al nostro popolo, di uscire migliori da come eravamo prima della maledetta pandemia? Quella di amarci di più e di aiutarci l’un con l’altro? Sta accadendo esattamente tutto il contrario. Stiamo tornando psicologicamente al tempo della fionda e della pietra, del nemico da abbattere, del tutti contro tutti, dove il nome del fratello è Caino e di Abele non v’è neppure una traccia. Stiamo attenti a non sbagliare.

Restiamo umani sempre e italiani ogni giorno. Restiamo, soprattutto, calabresi, gente buona, intelligente e generosa, che dovunque è andata, tranne che in questo originario pezzo di terra sul mare, ha fatto grandi i paesi ospitanti e grandi loro stessi nella fatica di servirli e anche in quella di amarli. Restiamo calmi. E, soprattutto, intelligenti, consapevoli del fatto che da questa crisi globale non solo l’Italia, ma anche l’Europa, o ne usciranno unite, sanando vecchie e nuove fratture, o periranno insieme.

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