La riflessione. Gianpaolo Stanizzi: "Quel grimaldello della mobilità"

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Gianpaolo Stanizzi
  28 ottobre 2020 14:00

di GIANPAOLO STANIZZI

"C’è uno spaccato di Calabria nell’ultima pubblicazione scritta a quattro mani da Sergio Rizzo, scrittore noto soprattutto per la sua grande attenzione prestata alla cattiva gestione della cosa pubblica, e 
da Tito Boeri, professore universitario di chiara fama, fino a poco tempo fa Presidente dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale. “Riprendiamoci lo Stato – come l’Italia può ripartire”, questo il titolo 
del libro che, edito da Feltrinelli, esamina carenze del nostro Stato visti dagli occhi di Tito Boeri, per quattro anni Presidente dell'Inps “la macchina più grossa e importante dello Stato italiano, quella che 
paga le pensioni di 16 milioni di italiani, assicura contro la disoccupazione 23 milioni di lavoratori, paga la cassa integrazione e ha sussidiato partite Iva e autonomi durante la chiusura per la pandemia, arrivando a gestire oltre il 50 per cento della spesa pubblica” (fonte IBS).

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E tra le tante storture cadute sotto gli occhi del già Presidente dell’INPS cosa leggiamo, con grande meraviglia, all’interno del libro? Un capitolo titolato “il grimaldello della mobilità”, la narrazione di 
una scandalosa vicenda davanti alla quale proprio lui, Tito Boeri, alle domande pressanti della “iena” Roberta Rei, giornalista della popolare trasmissione televisiva “Le Iene”, replicava con arroganza e
stizza, rifiutando qualsiasi accusa rivolta all’Istituto di superficialità ed irregolarità. Sì, non ci sembra vero, Tito Boeri porta quale esempio di cattiva prassi amministrativa la vicenda che ha visto coinvolta quale vittima di un sistema marcio e corrotto la Signora Maria Teresa Arcuri, integerrimo funzionario dell’Inps che aveva avuto l’ardire – udite, udite – di pretendere – cosa più che legittima – di fare chiarezza sul 
reale possesso del titolo di quella che da  poco era stata nominata Direttore della sede Inps di Crotone.
Una richiesta, quella della Arcuri, costatale anni ed anni di umiliazioni e vessazioni, messe in atto nei suoi confronti dall’Istituto!

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E quella che per Tito Boeri era una vicenda sconosciuta – così rispondeva alla “iena” - perché non avvenuta durante il suo mandato, oggi nel libro la descrive come un caso di scuola burocratica da non 
seguire. Una storia, questa, sulla quale – leggiamo nel libro – “già da qualche tempo emana un cattivo odore, se è vero che ancor prima sono piovute segnalazioni e richieste di accesso agli atti. Fino a veri 
esposti. Sempre, però, caduti nel nulla” Tutti garantiscono la perfetta regolarità, Ministero dell’Economia e 
Ministero della Funzione Pubblica compresi. “Quando, però, la faccenda finisce in televisione, il dossier si riapre  e tutto cambia.

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A quel punto saltano fuori delle carte che rivelano le magagne ( le avrà nascoste qualcuno?, n.d.r.) e la Funzione Pubblica che sei anni prima aveva messo la mano sul fuoco, è costretta ad ammettere di essersela bruciata: dalla documentazione trasmessa non sono emersi elementi in grado di comprovare che l’interessata abbia superato concorso pubblico per l’accesso alla dirigenza e che la procedura seguita dal CO.PRO. S.S. trovi fondamento in una norma di legge derogatoria del principio del concorso pubblico per l’accesso alla qualifica dirigenziale attribuita all’interessata. A.I.- scrivono Boeri e Rizzo – ha fatto per dieci anni la dirigente dell’INPS senza aver superato un concorso per qual grado. Non soltanto. A quanto pare, il consorzio da cui si è aperto il cancelletto della mobilità non è neppure assimilabile ad una pubblica amministrazione. Nel suo slalom la signora I. ha saltato più di una porta.”

La lettera di licenziamento della dirigente clandestina, inutilmente impugnata, è stata la corretta conclusione di tale vergognoso scandalo. Resta da recuperare la somma di unmilionesettecentocinquantamila euro, euro più euro meno, indebitamente corrisposta! Questo Boeri dimentica, però, di scriverlo! Il capitolo si conclude con una malcelata amarezza provata anche da
Tito Boeri. “E la funzionaria che ha scatenato il caso? Ha subito un procedimento disciplinare con sospensione dal lavoro e dallo stipendio per 45 giorni, proprio perché aveva osato parlare con le 
Iene!” E’ questa l’Italia che vogliamo? Potrà ripartire l’ Economia italiana se si continuerà ad imbarcare 
dipendenti clandestini che alcun giuramento hanno mai prestato? Potrà funzionare correttamente una Pubblica Amministrazione che censura e condanna un funzionario, la Signora Maria Teresa Arcuri, 
definito dalla Corte d’Appello di Catanzaro “modello di pubblico dipendente, espressione di quei doveri di cura del pubblico interesse cui i lavoratori pubblici dovrebbero sempre conformarsi”?

La mobilità – lo sosteniamo e lo denunciamo da tempo - non deve essere un grimaldello per aggirare la sacra regola dettata dall’articolo 97 della Costituzione: nella Pubblica Amministrazione si accede per 
concorso pubblico! Un grimaldello che troppo spesso ruba speranze di carriera ad onesti dipendenti e futuro di lavoro a tanti giovani! Ed a proposito: cosa penserà la Procura della Repubblica di Catanzaro sulla mobilità di personale tra il CORAP, ente pubblico economico, e l’ATERP Calabria, ente pubblico non economico, già da noi denunciata?".

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