La solidarietà oltre le barriere. Lisa Sorrentino e "la mia città fuori dal coro dell'odio"

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images La solidarietà oltre le barriere. Lisa Sorrentino e "la mia città fuori dal coro dell'odio"
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  06 maggio 2020 19:51

di LISA SORRENTINO*

 
"Segnali contrastanti e dicotomici animano i dibattiti nazionali in questo torbido e incerto periodo. Dal “tutto andrà bene” e “la natura si  riapproprierà dei suoi spazi”, troppo labile è il passaggio alle orrende attestazioni di odio e diffidenza profonda che fomentano paure e inneggiano a provvedimenti securitari senza se e senza ma.

La ricerca incessante del caprio espiatorio sembra la trama di un vecchio film rivisitato. Ci si accanisce a giorni alterni contro l’untore mascherato; contro l’appestato di colore ma, senza ombra di dubbio, sono i boss tornati in libertà, e pronti a commettere nuovi crimini, così come i pericolosissimi detenuti che rivendicano i propri diritti con troppa veemenza, ad assumere la veste del nemico perfetto, riuscendo a mettere d’accordo, indistintamente, destre e sinistre. A dispetto di ogni norma di rango superiore è un coro di voci stonate, ma eseguito all’unisono, quello che giustifica le privazioni dei diritti fondamentali ed inviolabili.

Ed è così che improbabili legislatori incitano senza remora alcuna alla pubblica gogna. A loro dire questa categoria di persone non merita un trattamento conforme a quanto enunciato dai trattati, dalle convenzioni internazionali o dai principi costituzionali. Non importa se sono ingiustamente reclusi o se sono affetti da gravi patologie incompatibili con la stato detentivo; a nulla vale una dichiarata pandemia globale. Ci si dimentica che la nostra Carta Costituzionale sancisce il divieto di trattamenti inumani e degradanti che, mai come oggi, sarebbe giusto appellarsi ad istituti di clemenza e in subordine a quelle misure alternative contemplate dall’ordinamento.
E’ più proficuo consolidare un’egemonia indiscussa sulla spinta di quelle paure e di quelle forme di risentimento che generano sempre più insicurezza sociale.

La mia città per fortuna è diversa. La mia città è fuori dal coro. La solidarietà non ha barriere e, anche in pieno Covid19, questo messaggio è forte e chiaro. A cominciare dall’associazione di cui mi fregio di fare parte, Yairaiha onlus, con sede a Cosenza che è sempre stata in prima linea per la difesa dei diritti dei detenuti, anche in questa emergenza con il suo incessante e capillare lavoro, in rete con altre realtà nazionali, sta svolgendo un ruolo di fondamentale supporto ai detenuti e ai familiari, su tutto il territorio nazionale. Tanti i casi gravissimi per cui sono stati sollecitati interventi affinchè venissero garantite le cure. E in questo momento particolare alle ataviche carenze della sanità penitenziaria si è aggiunta la paura e il rischio contagio. La denuncia costante sulle condizioni degradanti di alcuni istituti privi di presidi e strutture idonee a fronteggiare la diffusione del virus, l’incessante opera di sensibilizzazione e il contestuale lavoro di inchiesta stanno contribuendo a mantenere alta l’attenzione contrastando, di fatto, le tante e troppe strumentalizzazioni in corso.  L’obiettivo è quello di riportare l’attenzione sull’uomo, sulla sua dignità e sui suoi diritti e, ora più che mai, questo si palesa come un segnale di forte speranza per l’intera comunità.
In questa direzione altre iniziative prendono piede nel mondo carcerario.

Bellissima l’iniziativa promossa dalla Terra di Piero che da anni offre un aiuto importante per i più deboli sul proprio territorio e in quei paesi del mondo in cui il bisogno è tanto e dal Comune di Rende che in questo storico momento sta promuovendo l’idea di un welfare resiliente invitando i suoi cittadini a “vedere  orizzonti dove vengono segnati confini”. Il progetto che vede la collaborazione della casa circondariale “Sergio Cosmai”  che non ha registrato alcuna forma di contagio e del’ l’IIS “Cosentino-Todaro”, coinvolge alcuni detenuti  nella preparazione dei pasti da destinare alle persone maggiormente in difficoltà. L’entusiasmo dei detenuti dato dalla possibilità di poter tendere una concreta mano di aiuto a persone che vivono in situazioni di profondo disagio è segno di reale e sentita compartecipazione soprattutto se la mano è quella di chi vivendo ogni giorno l’angoscia della restrizione sa bene cosa siano le sofferenze.
Questa è la mia città, la città che amo".

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