La storia di Greta che volevano far passare per pazza. Un medico di Catanzaro le salva la vita: “È stata intossicata”

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images La storia di Greta che volevano far passare per pazza. Un medico di Catanzaro le salva la vita: “È stata intossicata”

  30 maggio 2021 10:16

di TERESA ALOI

Le unghie smaltate di un bel rosso brillante sono il segno di un ritorno alla normalità. Graduale, certo. Ma pur sempre un ritorno alla vita. A quella di qualche anno fa, fatta di allegria, di spensieratezza, di musica. Greta, il suo nome di origine greco-latina sta per "perla",  è davvero una persona preziosa, rara.  "Nomen omen" direbbero i latini

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E invece c'è stato chi, ad onor del vero in molti, quella vita hanno provato a rubargliela. A farle credere che l'avesse perduta. Che fosse stata "inghiottita" da una malattia mentale. Pazzia, follia, disturbi psicotici. La chiami come si voglia ma fa paura solo a pronunciarli. E invece. Oggi la sua salvezza porta il nome di Pasquale Montilla, oncologo catanzarese, impegnato nella cura delle vittime dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e di altre sostanze tossiche e nocive, cui sono stati esposti, massivamente, i nostri militari impegnati nelle c.d. ‘missioni di pace’, che grazie alla sua terapia di detossicazione le sta ridando il sorriso.

Comasca, 52 anni, occhi chiari di un azzurro limpido. Da 30 anni tecnico tessile in aziende del Nord Italia portando avanti una tradizione di famiglia.

Tutto inizia a marzo 2020. L'Italia combatte la pandemia da covid, lei inizia quella che sarà la sua battaglia solitaria. Solitaria già. Perché quelle allucinazioni, quegli edemi, quel gonfiore su tutto il corpo, quella temperatura corporea così alta da portarla per 4 mesi, in pieno inverno a dormire in giardino, i medici, tanti quelli che interpellerà, li scambieranno per disturbi psichici. Ma lei sa che non è così. Da quella prima allucinazione, qualche anno prima, aveva giurato a se stessa che sarebbe andata fino in fondo. E così è stato. 

In pronto soccorso, prima, in reparto poi. Eppure nessuno, tranne un neurologo del Policlinico San Donato di Milano era riuscito a capire che quei sintomi erano il frutto di una intossicazione cronica di agenti tossici. Quei colori per i tessuti, che maneggiava di continuo, per giorni, anni, le erano entrati nel corpo. Devastandolo. 

"Non riuscivo più a camminare, a muovermi, a dire una parola" racconta Greta. E si commuove pensando a quel periodo buio trascorso su una sedia o sdraiata. L'amore del suo Gabriele, ingegnere elettronico in una azienda svizzera  "lo sposerò appena tutto questo finirà" - e l'affetto dei suoi genitori, gli unici compagni di giornate interminabili. 

Ore e ore trascorse al telefono con accanto un quadernino dove appuntare il nome e il numero di telefono del dottore di turno interpellato. Fino a quando nella piazza globale di internet "incontra" Carlo Calcagno, il colonnello  del ruolo d'onore, "contaminato" durante le missioni di pace e curato dall'oncologo Montilla.

La distanza Como- Catanzaro non le fa paura. Oggi è in cura nel capoluogo. E sta meglio. Molto meglio. Il suo più grande desiderio è dimenticare e guardare avanti, il suo sogno tornare a cantare. Sul palco. Sorridente. Finalmente sana.

 

 

 

 

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