"La storia di mano di gomma", la prima biografia del boss Nicolino Grande Aracri

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  27 maggio 2023 13:05

"La storia di mano di gomma" è la prima biografia di Nicolino Grande Aracri, il potente boss della ‘ndrangheta calabrese che, partito dalla piccola città di Cutro, è riuscito a creare ramificazioni criminali a livello nazionale e internazionale con in mente un disegno ambizioso: costituire nel crotonese un organismo criminale altrettanto importante di quello secolare presente nel Reggino.

Antonio Anastasi, giornalista che da anni segue la cronaca giudiziaria, cutrese di nascita come Grande Aracri, detto 'mano di gomma' per via di un incidente che ebbe da piccolo, descrive ascesa e declino del boss ormai pluriergastolano nel libro appena pubblicato per 'I tipi' di Luigi Pellegrini. A confermare il valore libro è Antonio Nicaso, considerato uno dei maggiori esperti al mondo di questo settore che, firmando la prefazione, parla del libro di Anastasi come di “una finestra sul mondo oscuro e pericoloso della mafia calabrese, in cui le alleanze e le rivalità, le tradizioni e leggi non scritte si intrecciano in un labirinto inestricabile di violenza e potere”.

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Un biglietto da visita di tutto rispetto al quale segue la sottolineatura che la biografia di Grande Aracri mette in evidenza i rapporti che il mammasantissima di Cutro “ha intrattenuto con uomini delle istituzioni, massoni, imprenditori, politici e professionisti”. E, dunque, la sua capacità di fare sistema, mettendo a frutto doti e qualità grazie alle quali è riuscito a trasformare il suo quartier generale, in contrada Scarazze, in un micidiale punto di progettazione, controllo e azione criminale, capace di eliminare qualunque resistenza. Di abbattere muri e confini. E di proiettare lo sguardo verso 'mete' mai prima di allora prese in considerazione da alcuno. In questa sfrenata e irrefrenabile ambizione, spiega Anastasi, è possibile misurare la caratura criminale di Grande Aracri, e il tratto caratterizzante della cosca da lui capeggiata, cioè la non comune vocazione imprenditoriale, soprattutto in Emilia Romagna (ma anche in Veneto, nella Bassa lombarda, in Liguria, in Toscana, in Valle d’Aosta, Romania e Bulgaria), dove il boss di Cutro “sovverte il modus operandi di una ‘ndrangheta che si limita a vessare l’imprenditore conterraneo che non denuncia le estorsioni subite per paura di ritorsioni nei confronti dei familiari rimasti a Cutro”. E dove, “perfino i più grossi industriali emiliani, nonostante solide relazioni con coop rosse e istituzioni locali, andavano a braccetto con gli imprenditori di riferimento di un’organizzazione criminale che continua a disporre di enormi capitali che fanno gola anche al nord”. 

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Un sodalizio che Nicolino Grande Aracri ha plasmato a propria immagine e somiglianza. Decidendo ogni cosa. Fino alla decisione, una volta condannato senza avere alcuna possibilità di riacquistare la libertà, di collaborare - o di far credere che avesse scelto di farlo - con i magistrati, che però scoprono subito le sue vere intenzioni. Dichiarazioni “generiche, illogiche e fantasiose”, concludono i pm antimafia. Che bocciano “mano di gomma”. E il suo tentativo di avvantaggiarsi - favorendo così anche la protezione dei suoi familiari – di una scelta rivelatasi fatale. Nonostante la sua non comune intelligenza. E i trascorsi, di “pari tra i pari” nella più pericolosa organizzazione criminale del mondo. 

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