La telegenia al potere e il vuoto di idee...

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Franco Cimino
  22 gennaio 2020 18:06

di FRANCO CIMINO

Qualsiasi ripresa televisiva, privata (video) o pubblica, locale o nazionale, non giova ai politici tutti, nessuno escluso, ivi compresi i nuovi (giovani, donne e sconosciuti) che, proprio per la visibilità televisiva, pensano di essere diventati politici senza pagare pegno alla militanza o alla più ordinaria gavetta.

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La televisione, non è solo quel mezzo potente che ha rivoluzionato il mondo, e anche la luna e tutte le altre stelle e quasi tutto il nostro primo firmamento, visto che è arrivata perfino lì. La televisione è anche una brutta bestia, almeno tale è diventata da un trentennio in qua. È facile mostrarsi ad essa e tramite di essa. La televisione accoglie sempre, certa delle nostre furbizie e vanità. Ma se si pensa di dominarla e piegarla alle proprie forme espressive e ai propri intenti di vario genere, essa, la televisione, te la fa pagare. È così anche per gli artisti che la frequentano e per conduttori di programmi, diciamo, vagamente culturali e politici.

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Tuttavia, non si riesce di farne a meno. E non per colpa soltanto della scatola magica, ma di noi che non riusciamo a vivere senza esserne dominati pensando di dominarla. Una volta, negli anni sessanta e settanta, ai suoi primordi quando svolgeva un servizio oserei dire “ democratico” prima che civile e culturale, il potente mezzo era talmente credibile che a un passaggio di notizia di bocca in bocca, seguiva la famosa espressione:” sì, è vero, l’ha detto la televisione.”

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Oggi, invece, essendo mille i canali che offrono notizie, le quali differenziandosi tutte non possono risultare mai vere, non è la notizia che conta, non l’informazione in generale e neppure la formazione particolare, che ci interessa. Ci interessa, invece, che noi si sia l’informazione, ciascuno di noi la singola notizia, la quale ci dà la misura, continuamente rinnovabile, del nostro essere. Noi siamo televisione, ed essa, in quanto strumento, è essere del mio essere. È la politica che io sono, non il palco da cui parlo di politica e delle mie idee.

“Televigeno”( mi si lasci passare questa forzatura linguistica), dunque sono. Ormai, dentro quella scatola magica, e vuota, non si parla più e non si discute mai. Si urla e basta, se si è più di uno. Normalmente, si preferisce il soliloquio attraverso lunghissimi urlati monologhi comiziali ( i capi), oppure frasette di un minuto, per i piccolini, imparate a memoria su testi forniti dai capi. Mai un ragionamento. Loro sanno che non serve, perché il “ popolo” vi è disabituato e sempre più , attraverso il potere massmediatico, si omologa al basso livello culturale dei politici. Ormai, fare politica è solo mostrarsi, “ metterci la faccia” come usa dire di questi tempi orribili. È la faccia che la televisione mostra, non i contenuti e l’intelligenza di proporli.

Ed ecco la corsa a mostrare la più bella, e che sia giovane e simpatica, ché il video spacca! Se i politici di oggi, o quelli che vogliono vincere-i capi- e far carriera-i piccolini-, sono televisione e vogliono “ metterci la faccia” nella televisione per sentirsi sicuri di esistere, essi non possono fare a meno di avere qualcuno che li riprenda e li metta in onda. Attraverso le reti o la rete. Tutti telegenicamente nella piazza virtuale, secondo il modesto detto“ se non mi vedono io non esisto”. Tutti a fare così. Non solo i capipartito nazionali, che da casa propria partono già con il codazzo di reporter e telecamere( dei giornalisti, pure al seguito, non si curano se non sono i loro pennivendoli), ma anche i loro nipotini in periferia, che li scimmiottano facendo la stessa cosa.

Nulla fanno senza dieci videocamere e venti telefonini che li riprendano. E nulla dicono senza gridare. E nessun gesto fanno senza dimenare il corpo nella gestualità all’impazzata. Perché loro “ci mettono la faccia”, al posto della politica, che non c’è più.

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