di BRUNO GEMELLI
C’è modo e modo di suicidarsi. Raffaele Piccoli scelse il modo più atroce. Si coprì la testa con uno straccio, prese un martello e si è piantò un chiodo nel cervello.
Chi era Raffaele Piccoli? Era un patriota risorgimentale, rivoluzionario italiano e difensore della Repubblica Romana del 1849. La città di Catanzaro gli ha intitolato una strada.
Nacque a Castagna il 10 ottobre 1819 tra le colline del Reventino e morì suicida il 27 agosto del 1880 in un albergo di Catanzaro. Proveniva da una famiglia modesta; il padre faceva il calzolaio.
Ebbe una vita turbolenta e avventurosa rimanendo sempre fedele agli ideali repubblicani. Morì in miseria lasciando cinque figli: Marsalino, Palermina, Giuseppe Mazzini, Quinzio Cincinnato e Italia. Lucio Quinzio Cincinnato fu un politico e generale romano. Piccoli da fervente risorgimentale chiamò il terzo figlio “Giuseppe Mazzini”.
Studiò nel Seminario di Scigliano (CS) dove fu ordinato diacono. Viaggiò a Roma, Firenze e Pisa. Partecipò alla rivoluzione antiborbonica calabrese nel 1848 con azioni spericolate che sembrano anticipare il brigantaggio. Dopo il fallimento dei moti calabresi, si recò a Roma e partecipò alla difesa della Repubblica Romana.
Tornò nel Regno delle due Sicilie e venne arrestato e condannato per cospirazione a una lunga reclusione sull’isola di Santo Stefano. Dopo un decennio nei penitenziari della Campania, fu imbarcato sullo “Stromboli” per essere deportato in America insieme a Ferdinando Bianchi, Stanislao Lamenza, Luigi Settembrini e altri.
Riuscì a fuggire perché Raffaele Settembrini dirottò sul Regno Unito la nave statunitense che doveva portarli da Cadice fino in Argentina. Riprese contatto con Mazzini e i cospiratori repubblicani.
Partecipò come ufficiale all’impresa dei Mille da Marsala a Napoli concludendo la campagna con il grado di maggiore.
Successivamente, mentre altri compagni delle carceri borboniche diventavano deputati, ministri e rispettati intellettuali, Piccoli rimase in miseria. Coerente con l’ideale repubblicano, non accettò gli esiti dell’unità e non si integrò nel nuovo regno italiano.
A causa della sua attività sovversiva mazziniana gli fu respinta una domanda di fare lo spazzino. Partecipò nel 1870 a un tentativo di insurrezione a Filadelfia in Calabria (a cui dette il suo ambiguo appoggio Ricciotti Garibaldi, figlio legittimo di Giuseppe ed Anita, che, nel frattempo, aveva aperto un negozio a Catanzaro Lido). I rivoltosi furono dispersi dalla truppa. Piccoli fu costretto alla latitanza sulla Sila, poi a un lungo esilio a Malta e gli fu revocata la pensione di reduce dei Mille dove aveva partecipato come ufficiale da Marsala a Napoli, concludendo la campagna con il grado di maggiore.
Successivamente, mentre altri compagni delle carceri borboniche diventavano deputati, ministri e rispettati intellettuali, Piccoli rimase in miseria. Coerente con l’ideale repubblicano, non accettò gli esiti dell’unità e non si integrò nel nuovo regno italiano.
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