"Il dibattito sul degrado della periferia sud della città di Catanzaro non è mai stato tanto acceso quasi come se fosse un problema che si scopre solo grazie al servizio di Brumotti. E invece no! Il problema esiste da quasi un trentennio e, negli ultimi anni si è ingigantito sempre di più". E' quanto si legge in una nota stampa di Assunta Lacroce, vicepresidente di "Farepercatanzaro"
"E’ vero che, - prosegue - come tiene a sottolineare nella sua nota il consigliere Pisano, la questione di Viale Isonzo ha origini lontane ma è altrettanto vero che niente si è fatto per tentare una soluzione. E non parlo solo di bonifiche ambientali e servizio di raccolta dei rifiuti, o della tautologica presa di posizione della “tolleranza zero” verso chi non rispetta le regole. Questo è un principio che non avrebbe bisogno di essere ribadito e, implicitamente, è come ammettere che fino ad ora c’era la consapevolezza che esistano zone franche".
"Non è solo con questo tipo di impianto concettuale che il problema va affrontato - si legge ancora sulla nota della Lacroce - perché la questione è soprattutto sociale e su questo punto proprio non si riesce a trovare neanche un linguaggio comune con cui iniziare un confronto. Conosco bene i problemi di tutti i quartieri a Sud di Catanzaro non solo per l’impegno politico del movimento a cui appartengo e che è presente nei territori con azioni concrete ma, soprattutto, perché io nel quartiere Pistoia ci vivo da 35 anni e ho visto l’involuzione di questa area urbana, ho percepito, e percepisco ancora l’indifferenza delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni (20 dei quali targati Abramo), l’imbruttimento urbano ma soprattutto sociale, un concetto che sfugge e che non viene affrontato né percepito nella sua sostanza visto che, ogni volta che si parla di periferie, le uniche soluzioni proposte riguardano videocamere di sicurezza, pulizie delle strade e abbattimento delle piste ciclabili. Certamente le iniziative di riqualificazione urbana, laddove ci fossero, sarebbero un ottimo punto di partenza, ma certamente non risolutivi del problema nella sua interezza In queste zone c’è bisogno di luoghi di socializzazione per i ragazzi e per gli anziani, di interventi sociali e di presenza istituzionale".
"Non si è compreso che questi quartieri - prosegue - sono diventati il tappeto della città sotto cui nascondere la polvere prodotta dall’abbandono, sono diventati dei buchi neri sociali che hanno inghiottito ogni forma di socialità, sono luoghi in cui sembra che l’unica concessione ai cittadini che vivono un disagio economico sia quella di avere avuto una casa e su tutto il resto non abbiano alcun altro diritto da accampare. Le periferie, lasciate a sé stesse, sono diventate dei “non luoghi” privi di relazioni sociali e di identità, dove la fragilità del sistema ha permesso che si creassero dei quartieri dormitorio, dove la rassegnazione e la marginalità sociale hanno sostituito ogni forma di resilienza".
"Viale Isonzo, Pistoia, e l’Aranceto - incalza la Lacroce - hanno assunto, sempre di più, il connotato di periferie non solo urbane ma esistenziali e le politiche pubbliche dovrebbero essere orientate verso un approccio organico che tenga insieme tutti gli aspetti negativi che generano fragilità sociale. La verità è che oggi non è certamente facile intervenire perché bisognerebbe muoversi su due direttrici: avere il coraggio di intraprendere azioni di riqualificazione e inclusione sociale i cui risultati si produrrebbero solo nel lungo periodo, e quindi poco spendibili elettoralmente; e cominciare a comprendere il problema nella sua interezza e nella sua complessità cosa difficile se non si superano i vecchi paradigmi degli interventi pubblici. Comprendo che si debbano fare i conti anche con la mancanza di risorse economiche adeguate, ma si potrebbe partire, comunque, con un approccio che tenga in considerazione il ruolo dei vari attori sociali che insistono in luoghi specifici, creare reti, trovare forme di finanziamento attraverso partenariati, tanto per fare un esempio".
"Non serve a nulla, - conclude - invece, rievocare i tempi del pentapartito, perché il problema c’è e va risolto oggi; non serve a nulla fare la gara tra servizio pubblico e reti private, non serve a nulla ricordare che “per reprimere i reati esistono le forze dell'ordine” se poi non c’è una parallela assunzione di responsabilità politica. E soprattutto non serve a nulla il ritornello su chi ha permesso l’insediamento dei cittadini di etnia Rom (che per inciso sono italiani e catanzaresi) se poi negli anni questa scelta è convenuta a tutti e il peso dell’inclusione è stato lasciato solo sulle spalle dei residenti. Se oggi esiste una polveriera nella nostra città la responsabilità è anche della politica e dalla politica bisogna ripartire perché su una questione tanto complessa, non sarebbe una cattiva idea intavolare un dialogo trasversale tra tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, non sarebbe una cattiva idea, per una volta, rompere le barricate per pensare al bene dei cittadini".
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