di EDOARDO CORASANITI
Il calvario giudiziario dell'ispettore del Nisa (Nucleo investigativo sanità e ambiente), Francesco Santoro, è iniziato dalla vicenda che oggi il Tribunale di primo grado di Lamezia Terme ha chiuso assolvendo Giovanni Paladino, già direttore del Distretto sanitario del Lametino e Mario Catalano, all'epoca direttore sanitario dell' Asp Catanzaro (LEGGI QUI). Dopo la morte di una donna e la denuncia della famiglia i due vengono accusati di rifiuto ed omissione di atti di ufficio. A Santoro viene affidato il compito di redigere l'annotazione di servizio, nella quale viene ripercorso l'iter amministrativo della vicenda.
si conclude escludendo la responsabilità di Paladino e Giuseppe Pugliese (all'epoca dei fatti direttore Amministrativo dell'Asp di Catanzaro).
A partire da lì, poi, Santoro viene rinviato a giudizio perché la sua annotazione di servizio sarebbe stata falsa in ogni sua parte e scritta per favorire Pugliese. La ragione è di natura tecnica: l'autorizzazione richiesta non poteva essere fatto per compensazione perché le regioni in piano di rientro non possono autorizzare attività al di fuori dei Lea . Una teoria avvallata anche da una sentenza della Corte costituzionale.
In cambio, secondo la Procura di Catanzaro, l'ispettore del Nisa avrebbe redatto un'annotazione falsa.
Ora però il Tribunale di Lamezia Terme arriva ad un conclusione che si scontra con il rinvio a giudizio disposto dal Giudice delle udienze preliminari di Catanzaro lo scorso settembre: l'annotazione di servizio, in un processo, viene utilizzata per determinare l'assoluzione di Paladino e Catalano; a Catanzaro, però, lo stesso documento è ritenuto falso.
Una contraddizione che Santoro utilizzerà nel processo per difendersi dall'accusa di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico in atto pubblico.
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