L'avv. Martini: "Sfatiamo il mito della virtuosa gestione della finanza pubblica da parte del Governo della Repubblica Federale Tedesca"

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L'Avv. Antonio Martini
  26 aprile 2020 07:22

di ANTONIO MARTINI* 

Il prof. Bagnai ha ragione.

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Durante il suo lungo intervento in Senato, nel contestare l’efficacia dell’azione del governo nel contesto europeo e l’ingenuità dell’approccio con il governo egemone dell’Unione, ha energicamente sottolineato l’esemplare contegno del popolo italiano nel drammatico scenario della crisi epidemica mondiale. 

E’ un fatto che i cittadini Italiani, in barba agli stereotipi farisaici mitteleuropei, si sono rivelati estremamente pazienti e corretti, rispettando scrupolosamente una normativa, di dubbia legittimità, che li ha privati per un tempo sproporzionato dell'esercizio delle fondamentali libertà costituzionali.

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Ed a proposito di stereotipi, la relazione del professore ci offre il destro di esaminare e sfatare il mito della virtuosa gestione della finanza pubblica da parte del Governo della Repubblica Federale Tedesca.

Mito, che costituisce il fondamento dell’egemonia esercitata dal governo tedesco nell’Unione ed al contempo la scintilla che può avviare il processo di disgregazione dell’Unione.

Secondo i dati del 2018 il rapporto prodotto interno lordo e debito pubblico era pari al 65%, mentre quello italiano era stimato al 134 % (Francia 99 %, Regno Unito 86 %)

Indubbiamente un risultato rilevante.

La Germania ha un Pil di circa 4000 miliardi, la Francia 2700, l’Italia 2084 (ottavo Pil mondiale)

Il debito pubblico della Germania è pari 2000 miliardi, quello italiano a 2381 miliardi.

Il debito pubblico italiano è costituito da tre macro voci

1) debito di stato

2) debito delle Regioni

3) debito del sistema pensionistico.

Nel bilancio dello stato federale non figura il debito contratto dai Lander ( cfr. artt. 104, 109 e 110 della Legge fondamentale - Grundgesetz - della legge della  repubblica federale di Germania) e quello della Kreditanstalt fuer Wiederaufbau - KfW, banca sostanzialmente pubblica ( 80 % repubblica federale 20% lander),  che svolge un ruolo fondamentale di finanziamento del settore pubblico tedesco.

Attraverso la KfW il governo federale canalizza una serie di operazioni, emettendo titoli di debito che altrimenti andrebbero classificati nel bilancio dello stato ( circa 500 miliardi).

Questi titoli sono garantiti dalla repubblica federale a’ sensi del § 1a della Legge KfW (legge 4 NOVEMBRE 1948 ) “ la repubblica federale garantisce tutte le obbligazioni della KfW ...nonché i crediti erogati a terzi “ .

Il debito dei Lander, ovvero i 16 stati federati della Repubblica federale, che ammonta a circa 600, non é contabilizzato nel bilancio pubblico ( fonte Italia Oggi), mentre quello delle nostre Regioni, che sono mere articolazioni amministrative dello Stato centrale, sia pure dotate di autonomia politica ed amministrativa, concorre al perseguimento degli obiettivi di stabilità derivanti dalla partecipazione alla Ue ( L. 208/1999)  ed e’ contabilizzato nel bilancio pubblico.

Nel bilancio pubblico tedesco, inoltre, non figura il debito delle banche private, tuttavia sostanzialmente pubbliche perché massicciamente partecipate dallo Stato. Le banche pubbliche  costituiscono il 60% del sistema bancario tedesco.  Le banche pubbliche peraltro, a differenza delle banche centrali, possono finanziarsi presso la Bce a tasso agevolato, ottenendo pertanto  liquidità per acquistare i titoli di Stato,  concorrendo ad abbassare il tasso di interesse dei Bond emessi dal Tesoro tedesco per finanziare la spesa pubblica.

L'art. 123 del Tfue, mentre vieta alla Bce e alle Banche centrali ogni facilitazione creditizia a istituzioni, organi od organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali, nonché l'acquisto presso di esse di titoli di debito, tuttavia esenta dal divieto gli enti creditizi di proprietà pubblica.

Il secondo comma dell’art. 123 testualmente dispone: " Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati".

In sintesi la Banca Centrale non può finanziare la finanza della pubblica amministrazione, né acquistare titoli del debito pubblico; tuttavia le banche pubbliche sono esentate da tale divieto e posso acquistare la quantità di titoli del debito pubblico che intendo acquistare, con il solo limite delle risorse del loro bilancio. 

Il sistema Italiano, a parte il divieto dell'art. 113 del TFUE, non ha alcuna banca pubblica e quindi un sistema in grado di operare come accade nel sistema tedesco: le banche pubbliche tedesche, di fatto, sono uno strumento di finanza pubblica.

Nel sistema Italiano le decisioni sono adottate in termini di mera convenienza ed opportunità, senza alcun condizionamento legato al fine pubblico da raggiungere; le scelte di acquisto dei Bond sul mercato primario sono effettuate in termini di mera profittabilità.

In altre parole i titoli del debito pubblico italiano sono acquistati dalle banche private italiane secondo logiche di mercato ed in prospettiva del vantaggio economico e finanziario che il titolo produce sulla solidità del  patrimonio della banca e dei ricavi per interessi che verranno ad essere riscossi ed iscritti nel conto economico dell’Istituto.

In questo modo il prezzo di acquisto ( l’interesse) dei titoli del debito pubblico italiano è determinato dal rating assegnato dalle Agenzie internazionali e sconta un prezzo di mercato particolarmente elevato, considerato l’alto rischio finanziario assegnato dalle Agenzie di rating al debito pubblico italiano ( BBB), con l’effetto dell’aumento esponenziale della spesa per interessi e quindi dell’aggravamento dell’ammontare del debito pubblico italiano ( 65 milioni per anno circa -  la spesa per il quadriennio 2017 - 2020 è stata stimata in 300 miliardi pari a circa il 14% del Pil). 

A questo punto è bene precisare, semplificando al massimo il discorso, che Il debito pubblico ( saldo pubblico o deficit pubblico) è la differenza tra le entrate e le spese, alla quale va aggiunta la spesa per gli interessi che lo Stato paga a chi sottoscrive i prestiti che lo Stato offre sul mercato ( le obbligazioni pubbliche o titoli di stato o bond).

Se il governo tedesco, attraverso il sistema delle banche pubbliche descritto, si determinasse a comprare tutti i suoi titoli e decidesse  di non acquistasse i titoli, per esempio, dell'Italia, manterrebbe bassi gli interessi dei suoi titoli, ma farebbe lievitare quelli dell'Italia, che per attrarre gli investitori si vedrebbe costretta ad offrire un prezzo più alto, ovvero interessi elevati.

L'Italia ha un avanzo primario positivo, ovvero le entrate correnti superano le spese correnti, ma il peso degli interessi del debito pubblico, accumulatosi negli anni, sbilancia il saldo pubblico o deficit, per raggiungere i livelli insostenibili attuali.

Riassumendo: il debito della Kfw, quello dei Lander, così come quello delle banche private in mano pubblica, sono fuori dal bilancio della Repubblica Federale; le operazioni finanziarie delle banche pubbliche tedesche, operando sul mercato dei titoli, condizionate dal peso della partecipazione pubblica, vanno di fatto ad interferire in modo rilevante sulla politica monetaria e finanziaria, permettendo allo Stato Federale di finanziarsi a costo zero e di mantenere basso il debito pubblico, perché  liberato dalle ingenti spese per gli interessi sui titoli con i quali l'Italia finanzia la propria spesa pubblica. 

In conseguenza di questa architettura contabile e dell'astuzia della finanza pubblica tedesca, almeno 1100 miliardi sarebbero fuori dal perimetro del bilancio pubblico tedesco, perché alleggerito dal peso della spesa per interessi.

Si tratta, all'evidenza di una astuta ingegneria finanziaria, che permette allo stato Federale di Germania di esporre ai mercati una situazione finanziaria solidissima e di rispettare, senza particolari sforzi, gli obiettivi di stabilità economico finanziaria, misurati nel noto rapporto Pil/ debito pubblico.

Tanto consente alla Repubblica federale di finanziare indirettamente le imprese, espandendo in modo efficace la spesa pubblica in funzione anticiclica, secondo la nota dottrina Keynesiana.

Come considerazione a margine va sottolineato che il nostro debito pubblico è lievitato, dal 1981, in conseguenza del divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia, per volere del ministro Beniamino Andreatta, in forza del quale la Banca d'Italia è stata svincolata dall'obbligo di acquistare i titoli invenduti del Tesoro.

Prima di allora il debito pubblico italiano viaggiava a regime del 65 % del Pil.

C’è un secondo tema, quello della incidenza della normativa Europea di governo del mercato e dell'economia.

La produzione normativa dell’Unione è  fondata sulle competenze esclusive e concorrenti ( cfr. artt. 3,4 5 e 6 del Tfue).

A monte c’è la cessione di sovranità concordata con la firma dei trattati e l’ordine di esecuzione e ratifica da parte della normativa interna, ovvero la legge 14 ottobre 1957, n. 1203.

Tra le materie assegnate alla competenza dell’Unione non c’è la materia fiscale, mentre è prevista ipocritamente la tutela della concorrenza e del mercato interno.

A valle c’è l’art.114 del TFUE che pone all'Unione l’obbiettivo di adottare misure normative per riavvicinare le discipline legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, attraverso  la procedura legislativa ordinaria.

Tuttavia la norma, giusta il secondo comma dell’art. 114, non si applica alla normativa fiscale, nonostante l’obiettivo generale posto dai Trattati di “ rafforzare L’Unità delle loro economie e di assicurare lo sviluppo armonioso riducendo le disparità tra le differenti regioni ed il ritardo di quelle meno favorite”.

Insomma toccate tutto tranne la libertà fiscale degli Stati membri.

Ed ecco così che sorgono paradisi fiscali come l’Olanda e l’Irlanda, che provocano distorsioni di concorrenza all’interno del mercato interno.

Esattamente il contrario dei principi contenuti nei principi generali ed indirettamente tutelati dalla norma dell’art. 26 del Tfue.

E vero che il Consiglio Europeo con la normativa di cui all’art. 113 TFUE può adottare disposizioni per “l’armonizzazione delle imposte al fine di assicurare il corretto funzionamento del mercato ed evitare distorsioni”; tuttavia la procedura da adottare per intervenire sulla materia è la procedura legislativa speciale, che prevede che la deliberazione debba essere adottata all’unanimità dei membri del Consiglio Europeo, con la mera consultazione del parlamento europeo.

Si può immaginare il parere favorevole di Olanda e Irlanda?

 Si tratta a ben considerare di una architettura giuridica che rappresenta una trappola a vantaggio di paesi scaltri e con finanza leggera a danno di paesi, come l’Italia, con finanze pesanti e disastrate.

Il “cuius regio, eius religio” in materia di economia: una solidarietà apparente, solennemente declamata nella normativa di diritto primario europea, ma che si rivela uno schermo per la tutela degli interessi dei paesi egemoni e dei loro interessati e furbi sodali.

Però poi c'è un popolo straordinario, ma  sostanzialmente ingenuo, che rappresenta la culla del mondo civile, bellissimo in ogni suo remoto angolo, che viene giudicato, proprio da quei paesi, inaffidabile.

Basta semplicemente esserne consapevoli.

Viva l’Italia

*avvocato

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