di PAOLO CRISTOFARO
Il Consiglio di Stato ha confermato quanto riscontrato dalla Prefettura di Reggio Calabria nel 2018 tramite informativa antimafia prodotta nei confronti di un lido di Siderno (RC), al quale, oltre alla revoca della concessione demaniale regionale, lo stesso Comune di Siderno ha revocato la concessione del suolo pubblico, con ordine di sgombero della struttura e divieto di continuare l'attività. Il motivo è il legame dei gestori - tutti riconducibili alla stessa famiglia, la cui società risale al 1995 - con esponenti di spicco della cosca di 'ndrangheta operante a Marina di Gioiosa Ionica. Una vicenda che, secondo il Tribunale, è legata a doppio filo alle infiltrazioni nell'amministrazione e al tentativo di controllo mafioso degli stabilimenti.
Sia il Tar di Reggio che il Consiglio di Stato, in riferimento alla questione della società intestataria, si sono soffermati a lungo sulle attività della cosca di Gioiosa, "la cui pericolosità e pervasività è stata acclarata nelle operazioni di polizia giudiziaria", ma anche sui precedenti penali gravi dei componenti della stessa e su numerose indagini a loro carico. Tra i reati "illecita concorrenza con minaccia e violenza, estorsione, usura, riciclaggio, furto, porto abusivo e detenzione di armi, reati contro l'amministrazione della giustizia, sequestro di persona a scopo rapina ed estorsione, lesioni personali e numerose denunce".
Ma all'interno della sentenza del Consiglio di Stato, appaiono ombre relative anche alla politica e alla situazione generale del Comune di Siderno, già sciolto per infiltrazioni mafiose. La sentenza sottolinea infatti che "nelle relazioni di accesso che hanno contribuito a determinare lo scioglimento dello stesso Comune di Siderno, come di altri limitrofi – è riportata la circostanza del controllo dei lidi da parte delle cosche attive nella locride, così che risulta fondato sospetto che la gestione delle attività inerenti le concessioni demaniali a scopo turistico stia finendo sotto il controllo della ‘ndrangheta". Un allarme senza dubbio inquietante.
Tra i motivi avanzati nel ricorso dagli amministratori della società - ricorso bocciato dai giudici - vi era la rinuncia, da parte di alcuni dei soci, alle proprie quote. Ma sia il Tar di Reggio Calabria che il Consiglio di Stato, hanno ritenuto la cosa ancora più sospetta, dato che la rinuncia è avvenuta subito dopo l'emissione dell'informativa antimafia. "Si tratta di un atto fortemente sospetto, già solo per la sua stretta consequenzialità temporale all’emissione del provvedimento prefettizio e verosimilmente posto in essere per eludere i controlli antimafia ed evitare, appunto, che la valutazione del rischio infiltrativo continuasse a fondarsi sulla loro presenza nella compagine societaria", è scritto in sentenza.
Il Consiglio di Stato ha quindi evidenziato, respingendo definitivamente l'appello e confermando gli atti della Prefettura di Reggio Calabria e del Comune di Siderno, "un altissimo pericolo infiltrativo quando tutti i soci siano più o meno direttamente, e comunque, fortemente legati sul piano parentale ad elementi di spicco di un clan mafioso".
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