di FRANCO CIMINO
Caro Bruno, ora che da un giorno il tuo compleanno è passato, mi accorgo di non averti scritto nulla. È la prima volta che accade, e me ne sono preoccupato. Mi sono dimenticato di te, o di me, della mia sensibilità e del mio intenso pensare? Mi sono domandato. Che se poi mi fossi invece stancato delle mie parole o non sapessi trovarne altre di nuove, mica è meno preoccupante, per me!
E, allora, mettiamola, che non ho avuto tempo; che ti ho pensato, cosa vera, e non mi sia venuta in soccorso Poesia, per come essa ordina che si scriva a te, ciascuno di noi con i propri mezzi espressivi e il proprio vocabolario.
Cosa manca di te oggi, a questo mondo, il nostro, quello che sta fuori, anche di un metro, da casa tua, dove la tua assenza resta incolmabile nonostante i segni tangibili della tua presenza? Mancano due cose, forse anche tre, considerando le tue pacifiche idee rivoluzionarie. La prima è il tuo ottimismo intorno a questo pianeta che si sta autodistruggendo. No, sbaglio, scusami: che gli uomini stanno distruggendo. Perché il pianeta sta reagendo alla violenza su di lui con tutte le forze di cui dispone, comprese quelle più dure e aggressive, diciamo.
Il tuo sorriso, la tua lotta non violenta per il Bene, ci manca. Il tuo amorevole impegno per la difesa di ogni Bene Comune, l’Acqua, per esempio, affinché sia innanzitutto pubblica e, quindi per tutti gli esseri umani della Terra, a cui va riconosciuta come diritto inalienabile. Questo ci manca. Chi ce l’ha, l’Acqua, la spreca. Neppure le immagini dei disastri che ci giungono sempre come molto lontane, anche quelle a noi più vicine, nello spazio e nel tempo del nostro calendario, ci la fanno sentire preziosa. Neppure quando non scorre più dai rubinetti casalinghi o vi arriva sporca di fango e di melma, nei luoghi del disastro, che rovina. Tutto. La vite delle famiglie che hanno perso i propri cari sotto un alluvione, rovina. Come pure le case delle famiglie. E le strade, con i ponti e le ferrovie. E le scuole dei nostri ragazzi. I campi su cui giocano, da quelli in erba dei sogni di campioni, a quelli sterrati o bitumati dei cortili, che se cadi ti sbucci le ginocchia e i gomiti. Proprio tutto rovina.
La terra del grano e delle viti, quella dei fiori e degli ulivi, soprattuto. La terra dei pascoli e delle bizzarrie festose dei cavali, rovina. E quella, che piano piano, camminando ci porta in alto a guardare meglio il cielo. E di sera la luna e le stelle, per sentirle più vicine. Con gli occhi adagiati sul cuore. Come ci hai insegnato tu, perché solo se la si guarda così la Vita, essa ci ritorna carica di ogni sua Bellezza, dentro la quale si specchia quella umana. E viceversa. Tutto rovina. Colpa dell’acqua che scende più abbondante dal Cielo, ci dicono, mentre interi costoni di montagne denudate di alberi, gli alvei e le falde dei fiumi soffocati da strade e cemento che li assalgono da presso, si sfarinano. È così l’Acqua, il bene più prezioso del quale addirittura in grandissima parte si compone lo stesso corpo umano, diventa un grave problema. Da una parte il suo sciupio, dall’altra la sua presunta cattiveria.
E, così, quella vita che magnificamente, oserei dire divinamente, si muove nel magico, perfetto, continuo, ininterrotto, unico movimento, ascendente e discendente, come l’Amore, diventa non vita, l’avversario più pericoloso di sé stessa. Mi fermo qui, altrimenti mi rimproverano di scrivere lungo.
Mi fermo sul tema che è stato il tuo preferito da sempre. E non perché ti piacesse “esteticamente” di più, ma perché solo una mente acuta, quale la tua, una mente così intrecciata all’anima sensibile, avrebbe potuto ri-concepire l’Acqua come la sostanza dalla quale la Vita dipende e con essa ogni cosa che favorisca lo sviluppo e il Progresso. Delle genti e della società. Come dell’habitat naturale che la Vita accoglie, fa rinascere, custodisce. Difende. Valorizza. Anche attraverso il valore che ogni comunità, che sia il più piccolo paese o il più grande Stato, assegna primariamente alle singole vite. Quelle che abitano il Paradiso più bello che possiamo vivere qui, su questa terra, l’unica che abbiamo, qui. È la Persona, quell’insieme di mille valori che vivono all’interno di un unico, unitario, speciale corpo.
La Persona, sul cui valore indiscutibile si è formata la nostra Costituzione e sulla quale si muove, nella sua versione al singolare e al plurale, ogni azione umana, segnatamente quella politica. Questa idea del mondo, che è la tua, ci manca. E, per dire l’ultima cosa sull’Acqua, ci manca quel principio, chiamalo filosofico o non so come altro definire, secondo il quale, essendo il primo dei diritti fondamentali, esso diviene dapprima strumento della Giustizia e dell’Eguaglianza( meglio ancora della Giustizia vera fondata sull’Eguaglianza vera) e, poi, fonte fresca dove va a bere la Pace.
Quella autentica, che non è , come tu ci hai insegnato, tregua armata, diplomazia ipocrita, ovvero l’intervallo che intercorre tra due guerre assassine, ma l’incontro di tutti gli esseri umani liberi. Da ogni forma di costrizione e bisogno. Liberi di restare nella propria terra liberata. Liberi di andare in giro per il mondo a realizzare sé stessi in comunione con gli altri. Ché la Terra è una sola. Ed è di tutti. Che l’umanità è una sola. Ed è per tutti. Ecco, caro Bruno, ci manca questa tua visione della Pace. E quella bandiera arcobaleno, che mettevi sulle spalle, ovvero dietro la tua scrivania di sindaco di Carolopoli, comune assai prezioso e importante.
Quella bandiera, sì, che facevi sventolare al vento delle tue tue idee e della tua passione per la Politica. La bandiera dei colori dell’arcobaleno. I colori dell’Amore. Ci manca quella. E ci manchi Tu.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736