di DOMENICO LANCIANO
Caro Tito, nel tardo pomeriggio di sabato scorso 16 novembre 2024, nella Biblioteca Comunale di Taurianova (R.C.) è avvenuta la presentazione del libro di Gertrude Slaughter nell’àmbito della città capitale italiana del libro. Ne abbiamo scritto nelle precedenti quattro lettere, ospitando i commenti preparatori del Generale Emilio ERRIGO (lettera n. 569), di Leonardo MASTIA e Gaetano DROSI (n. 570), di Domenico ROVITO, Giovanni SERIANNI e Rich MASTRONARDI (n. 571) e poi di Raffaele SPADA (n. 572). Adesso, qui di sèguito, riportiamo i testi delle presentazioni effettuate dall’archeologa Maria Teresa IANNELLI (direttrice della Biblioteca Calabrese di Soriano VV) e dal filosofo Salvatore MONGIARDO (fondatore e scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone).
PARAGRAFO 1 – MARIA TERESA IANNELLI – ARCHEOLOGA
Presentazione del volume: “Calabria La Prima Italia” tradotto da Sara Cervadoro per i tipi dell’editore Meligrana di Tropea – Maria Teresa Iannelli – Buona sera a tutti. Insieme al Presidente della Biblioteca Calabrese prof. Salvatore Inzillo rivolgo un saluto e un ringraziamento agli organizzatori e in particolare all’editore Meligrana per questo invito. La pubblicazione del volume di Gertrude Slaughter “Calabria La Prima Italia” tradotto da Sara Cervadoro per i tipi dell’editore Meligrana di Tropea, che questa sera presentiamo è frutto di un dono; sì proprio un dono prezioso che lo studioso calabrese il prof. Lorenzo Viscido nato a Squillace ma da tempo trasferitosi negli USA, noto per i suoi studi di storia medievale, ma anche di filologia, ha fatto alla Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro; il prof. Viscido è un grande estimatore della Biblioteca, collabora attivamente con i suoi scritti che vengono pubblicati sulla rivista ROGERIUS. Nel 2006 il prof. ha donato il volume della Slaughter pubblicato nel 1939 in lingua originale: Calabria The First Italy, Madison, The University of Wisconsin Press, 1939, di 330 pp. e ill. così come risulta dai registri della Biblioteca e com’è pubblicato in ROGERIUS anno IX n. 2, luglio-dicembre 2006.
Maria Teresa Iannelli
Tutto sarebbe finito lì se non ci fosse stata l’attenzione del giornalista Domenico Lanciano calabrese di Badolato Marina, ma vissuto molti anni in Molise; il dott. Lanciano è il fondatore dell’Associazione culturale “Calabria Prima Italia” e nel 2023 in collaborazione con la Biblioteca Vincenziana di Davoli Marina è stato il promotore del Premio Prima Italia 2023. Si deve al dott. Lanciano l’idea di tradurre e quindi di pubblicare il volume di Gertrude Slaughter nell’edizione per i tipi di Meligrana editore. Questo episodio cui mi sembrava doveroso accennare, perché fa parte integrante della storia del volume che presentiamo, permette di fare alcune considerazioni sul ruolo che la Biblioteca assume nella comunità in cui si è costituita e non solo. E’ ormai acclarato che le Biblioteche oltre ad essere spazi dedicati alla lettura sono ormai diventati anche “luoghi della cultura”; la differenza non è banale. Nel tempo abbiamo assistito a quella che definirei evoluzione e implementazione della missione della Biblioteca; in questa evoluzione accosterei la Biblioteca al Museo.
Come il Museo non è più un luogo dove si ammirano soltanto bei reperti, ma è uno spazio interattivo dove gli stessi reperti raccontano la storia e le vicende del luogo stesso, così le Biblioteche che ormai da tempo hanno informatizzato i propri cataloghi consentono a tutto il mondo informatizzato di accedere ai libri contenuti; le biblioteche stesse sono spazi da cui si diffonde la cultura in tutte le sue forme e modalità, e il caso della nuova edizione del libro della Slaughter ne è un esempio peculiare. La Biblioteca Calabrese che è un Ente del Terzo Settore e quindi non è né comunale né regionale, è autonoma e privata, anche senza essere frequentata materialmente e fisicamente dal prof. Viscido e dal dott. Lanciano è stata il tramite per la pubblicazione di questa nuova edizione del volume.
E vorrei aggiungere che non è un caso che la Biblioteca Calabrese abbia fatto da tramite perché essa stessa è una Biblioteca particolare: intanto è una Biblioteca monotematica cioè il suo patrimonio di libri e di altro come vedremo a breve, è costituito da opere di autori e/o di argomento Calabrese; nella Biblioteca Calabrese troverete libri o altro che parlano solo ed esclusivamente di Calabria; il suo patrimonio librario consta di 36 mila volumi, nell’ambito dei quali è presente un fondo antico di 1.100 volumi che va dalle cinquecentine al 1830; oltre ai libri la Biblioteca possiede un numero considerevole di stampe antiche, sempre di argomento calabrese che vanno dal 1.400 ai primi del Novecento. E’ una Biblioteca che oltre a diffondere cultura è finalizzata quindi alla conservazione di volumi e stampe antiche. Per questo motivo nel novembre del 2023 la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Calabria, quindi il Ministero della Cultura ha dichiarato il patrimonio della Biblioteca di importante interesse culturale, cosa che tutti i soci e gli organi collegiali hanno accolto con grande soddisfazione.
Fatta questa “prefazione” veniamo al volume: mi sono assunta il compito di introdurre brevemente il contesto culturale in cui la Slaughter concepisce il volume che nell’edizione in lingua inglese viene pubblicato nel 1939; e di accennare all’attualità dell’argomento trattato dalla scrittrice. Per definire il contesto culturale in cui matura e si sviluppa il volume di Gertrude Slaughter devo fare necessariamente un cenno alla sua biografia ma più precisamente alla personalità di Gertrude in quanto donna, inserendole l’una (la biografia) e l’altra (la personalità) nel periodo cronologico compreso tra il 1918 e il 1939, anni in cui la scrittrice visse in Italia. Come si legge nella bella introduzione di Sara Cervadoro, la Slaughter nel 1918, in occasione della I guerra mondiale, quando gli Stati Uniti erano entrati in guerra, insieme al marito aveva lasciato la sua abituale residenza di Madison, dove entrambi erano noti e apprezzati studiosi e ricercatori di classici latini e greci, ed era venuta in Italia con la Croce rossa americana per un forte sentimento umanitario: il marito combatté sul fronte veneto come maggiore e Gertrude prestò servizio di volontariato. Dopo la guerra entrambi i coniugi vissero a Roma dove proseguirono le loro ricerche sulla cultura greca e romana e dopo la morte del marito Gertrude rimase ancora per molti anni in Italia fino alla pubblicazione del suo libro nel 1939.
Geltrude Slaughter
La scrittrice partecipò attivamente alla vita culturale della Capitale dove venne a contatto con un gruppo di filantropi e meridionalisti tra i quali spicca la figura di Umberto Zanotti Bianco che l’avvicina alle gravi problematiche sociali del meridione d’Italia e la incoraggia a raccontare in particolare della Calabria; ed è a Zanotti Bianco che la Slaughter dedica il suo volume considerandolo il suo Mentore; dello stesso gruppo fa parte anche una cara amica della Slaughter, Giuseppina Le Maire nota per il suo impegno sociale a favore delle donne e non solo, quella Le Maire che collaborò a lungo al fianco di Zanotti Bianco nell’ opera di alfabetizzazione della Calabria e del Meridione d’Italia nell’àmbito dell’ANIMI (Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia) che tanta importanza ebbe nel riscatto sociale dello stesso Mezzogiorno e della Calabria. Quello in cui visse e operò la Slaughter è il periodo in cui l’ANIMI sotto la presidenza di Benedetto Croce (1918-1922) ottenne dallo Stato Italiano la delega per “l’Opera contro l’analfabetismo” come riconoscimento del lavoro straordinario fino ad allora svolto e per l’azione rinnovatrice di Zanotti Bianco.
L’attività dell’Associazione è frenetica nonostante l’opposizione del regime fascista a cui Zanotti Bianco non si assoggettò mai; è un periodo che vede l’apertura di scuole, asili, biblioteche, centri di lettura anche nei paesi calabresi più interni e più irraggiungibili, accanto alla costituzione di cooperative dei pescatori, ambulatori, centri per portatori di handicap; addirittura venne aperto a Cosenza un laboratorio per la colorazione naturale dei filati, un laboratorio medico a Reggio Calabria ecc. La Slaughter insieme con la Le Maire partecipa attivamente a queste attività e si reca ben due volte in Calabria, in particolare in Sila per visitare le scuole aperte dall’ANIMI in località impossibili e come racconta nel libro rimane attratta, quasi folgorata dall’accoglienza e dalla grande senso di ospitalità dei calabresi che tuttavia versano nella più nera povertà e indigenza.
Lorenzo Viscido
Vi ricordo che è questo il periodo dell’inchiesta che nel 1926, Zanotti Bianco condusse su Africo, villaggio desolato e flagellato dalla denutrizione e dalla mortalità precoce. Zanotti Bianco fece un gesto simbolico per documentare le tragiche condizioni di vita di quella comunità: mandò a Roma ad amici e conoscenti campioni del pane di Africo, che di pane aveva solo il nome perché era fatto di farina di legumi e paglia. Un pane che ingannava la fame ma nutriva poco. Quel pane divenne il drammatico ambasciatore di una realtà inaccettabile per molti italiani, tanto che riuscì a fare dimezzare l’esosa tassa che gli abitanti dovevano pagare sulle capre. Quell’inchiesta valse a Zanotti Bianco l’allontanamento dalla Calabria cioè il confino da parte del governo fascista in quanto metteva a nudo la debolezza e la fragilità dell’Italia (laddove il governo fascista proclamava l’ordine e l’agiatezza) e quindi quel gesto clamoroso venne considerato come denigrazione della Nazione. Voglio segnalare che di recente soprattutto sui social anche da parte di alcuni studiosi e scrittori sembra aver preso forma una certa tendenza a svilire l’attività di Zanotti Bianco in Calabria; al contrario credo fermamente che l’opera di Zanotti Bianco, per quello che ha fatto e per come ha operato debba rimanere al di sopra di ogni speculazione anche di natura culturale.
Nel volume della Slaughter traspare il grande amore per le persone, i luoghi, la disponibilità la condivisione per una Calabria martoriata eppur dignitosa e gentile: il carattere della scrittrice, la sua formazione culturale, la portano a ribaltare quella che era stata l’immagine rozza, arretrata, brutale che i viaggiatori del Gran Tour avevano dato della Calabria, tanto che mette in evidenza e afferma con cognizione di causa che la Calabria era stata la prima Italia (per chi non lo sapesse il nome Italia era fin dall’antichità riferita appunto alla Calabria); una regione che affonda le sue radici nella Magna Grecia di cui la scrittrice descrive le più illustri personalità (Pitagora, Zaleuco, Saffo, Milone ecc.) da cui ebbe origine non solo il nome di tutta la nazione ma anche il senso di appartenenza alla cultura italiana.
E a proposito di Magna Grecia non posso non ricordare che in questo periodo l’archeologia e la storia della Calabria si avvalsero di una figura grandissima, l’archeologo Paolo Orsi che con le sue ricerche pose le basi alla moderna archeologia. La cosa importante da sottolineare in questo contesto è il legame che strinse Orsi con Zanotti Bianco. Scrisse Zanotti Bianco di quel loro rapporto: “A me che cercavo di traversare quelle regioni chiudendo gli occhi su tutto ciò che non fosse la sofferenza del popolo, [Paolo Orsi] cominciò fin da allora ad istillare la profonda pietà dei monumenti della Calabria”. E qui la parola pietas ha un significato composito: vuol dire empatia e solidarietà con i cittadini meridionali ma anche con l’archeologia e la storia dei luoghi.
Sara Cervadoro
Il riscatto del meridione d’Italia oltreché attraverso la sua alfabetizzazione, la scolarizzazione e la diffusione della cultura, passa anche attraverso la consapevolezza delle civiltà che si erano succedute in quella regione dimenticata. Da qui la decisione di dare vita, nel 1920, alla Società Magna Grecia che fu concepita a Firenze per esortazione della Signorina Le Maire (stretta collaboratrice di Zanotti Bianco).
La Società, per la prima volta in Italia, proponeva i temi della conoscenza e protezione delle bellezze, le memorie d’arte, in altri termini la “conservazione e valorizzazione del … tesoro di bellezza naturale ed artistica tramandateci dalle generazioni che ci hanno preceduto”.
Lo scopo della Società non era solo quello di raccogliere fondi per scavi e ricerche per venire incontro alle Soprintendenze di recente istituzione a corto di finanziamenti, cosa che pure fece egregiamente, ma soprattutto diffondere la consapevolezza e sensibilizzare i cittadini ai problemi di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico-archeologico del meridione d’Italia.
Il libro della Slaughter è il manifesto di questa illuminata concezione dei monumenti e della storia calabrese. La scrittrice nel raccontare le vicende storiche archeologiche della Calabria si fa portavoce delle idee concepite da Orsi, Zanotti Bianco e il gruppo di filantropi cui tutte le comunità calabresi e italiane più in generale devono essere perennemente grate. Chiudo con un’ultima considerazione sull’attualità degli argomenti trattati nel volume e soprattutto sul titolo del volume che prende il nome da Italìa la prima denominazione che gli scrittori antichi danno alla Calabria o ad una parte di essa che poi diventò il nome dell’intera nazione. La problematica di questo nome è ampia ed articolata e di recente è stata ripresa in un volume edito da Rubbettino a cura di due professoresse Giovanna De Sensi Séstito e Marta Petrusewicz dal titolo “Unità multiple. Centocinquant’anni? Unità? Italia?”. La De Sensi tratta appunto l’argomento: “Italo, Italìa, Italioti all’origine di una nazione” che consiglio a tutti di leggere, insieme al libro della Slaughter.
PARAGRAFO 2 – SALVATORE MONGIARDO – FILOSOFO
Presentazione del libro CALABRIA LA PRIMA ITALIA di Gertrude Slaughter – Taurianova 16 novembre 2024.
1 – L’Autrice nacque nel 1870 in USA, in una famiglia colta, sposò un uomo di cultura e fu fortunata in amore ma sfortunata come madre. Perse difatti le uniche due figlie adolescenti, e il marito morì a 63 anni fulminato da un attacco di cuore all’uscita dalla Sapienza a Roma, dove aveva partecipato a una conferenza. Da allora lei riversò tutto il suo amore verso la Calabria, dove venne varie volte, conobbe persone importanti della cultura e scrisse questo libro che si può comprendere appieno guardandolo come il frutto di un amore materno, sempre il più alto e il più perspicace degli amori. Visse a lungo per 93 anni fino al 1963.
Salvatore Mongiardo
2 – Un riconoscimento va fatto all’amico Mimmo Lanciano, che della prima Italia è stato l’alfiere. Tanto egli ha insistito, che alla fine è riuscito a coinvolgere la traduttrice Prof. Sara Cervadoro, l’editore Giuseppe Meligrana e il dr. Franco Caccia di Squillace che ha voluto il Centro Studi sulla Prima Italia., di cui sono il direttore. Mimmo Lanciano mi ha anche fornito le relazioni su questo libro scritte da eminenti studiosi e quella recente del Prof. Lorenzo Viscido, squillacese di nascita e di cuore, numero uno negli studi e ricerche su Cassiodoro. Lorenzo ci segue da New York, dove risiede, e gli mandiamo tanti cari saluti.
3 – Sempre su insistenza dell’amico Lanciano, una decina di anni fa, avevo letto il libro in inglese e rimasi impressionato dalle conclusioni a cui l’Autrice era arrivata. L’ho riletto ora in italiano, e nei dieci anni trascorsi tra le due letture, mi sono dedicato alla Nuova Scuola Pitagorica e al Centro Studi sulla Prima Italia, per cui le mie conoscenze si sono allargate e i contenuti del libro mi appaiono ancora più importanti e innovativi. Questo libro è uscito negli USA nel 1939 come una pianticella, ed è cresciuto fino a diventare una grande quercia che non potrà più essere ignorata dagli studiosi e da chi vuole capire la reale evoluzione della storia della Calabria e del mondo.
4 – In questa direzione vanno anche le ricerche del nostro presidente e cittadino onorario di Squillace, il Prof. Armin Wolf, autore del libro Ulisse in Italia, il quale non è più autonomo e deve rimanere in Germania: a lui mandiamo i nostri più affettuosi saluti. Prima di addentrarmi nei contenuti del libro, premetto che io non faccio una relazione di tipo letterario, ma cerco di prendere quanto del libro è importante per la vita di oggi. Io ho lavorato negli affari e sono diventato uomo di studio quando ho scoperto che il principale dovere di ognuno di noi è vivere bene, una cosa che il mondo degli affari, sempre più competitivo, non può dare.
5 – I contenuti del libro sono molti e mi limito perciò alla continuità della cultura calabrese che affonda le proprie radici nei millenni prima dei greci, arrivando sostanzialmente intatta fino a noi, anche se sconosciuta alla storiografia ufficiale. Il risultato è che i Calabresi stessi non conoscono le proprie radici, ma le sentono nel senso di calabritudine, quel sentimento di appartenenza vivo in ciascuno di noi. Oggi sappiamo che la Calabria era abitata da decine di migliaia di anni da popoli della civiltà neolitica, sui quali si innestò la colonizzazione greca che portò lingua, arte, tecnica, ma prese dai popoli della Calabria contenuti immateriali quali la libertà delle persone, la democrazia, la comunità di vita e di beni e la dignità della donna.
6 – L’Autrice parla di Prima Italia, nozione che troviamo in Antioco di Siracusa nel VI secolo a. C., per indicare il territorio delimitato dall’arco jonico, compreso tra Locri e Cirò, di cui l’istmo Squillace-Lamezia costituiva l’asse mediano. Oggi circolano ipotesi che indicano la nascita dell’Italia in altre parti della Calabria, opinioni secondo me errate, perché l’Italia nacque nell’istmo Squillace-Lamezia a causa delle piogge più abbondanti che altrove, dovute allo scambio termico tra Jonio e Tirreno, prodotto di venti di ponente e scirocco che attraversano la gola dell’Appennino. Per questo motivo l’Italia si può definire figlia del buon vento, il quale ha consentito la fruttificazione perenne, un fenomeno raro che avviene in tutti i mesi dell’anno e ha richiamato i nostri antenati. L’Autrice scrive a lungo sulla Magna Grecia, nome che, assieme a quello di Italia, nacque qui e da qui si diffuse. Questo ci porta a chiederci che cosa significa e come nacque la Magna Grecia. Essa nacque dall’Italia, fondata da Italo che unì i suoi Greci enotri alle popolazioni locali. Porfilio spiega che la Magna Grecia fu chiamata terra di Italia per due motivi: la vita irreprensibile dei pitagorici e l’altezza della loro dottrina, senza alcun riferimento alla grandezza della poleis o alla ricchezza dei raccolti. Pitagora fu il fondatore della Magna Grecia, la cui capitale fu Crotone.
7 – Charles Sumner Slichter, richiamato nel libro, fu un eminente matematico, docente presso l’Università del Wisconsin, la stessa dove insegnò l’Autrice, la quale riporta il giudizio di lui su Pitagora: << Pitagora fu un super genio, annunciò che la natura delle cose consiste nel numero … Ora la risposta a qualsiasi domanda in qualsiasi scienza è un numero >>. Questa affermazione dello Slichter significa che il numero è l’elemento costitutivo dell’armonia che regna in ogni manifestazione dell’Essere. C’è dunque un ordine nelle cose, che deve essere rispettato anche dal comportamento umano, perché ognuno è causa del proprio bene e proprio male, come si legge nei Versi Aurei attribuiti a Pitagora. Insomma, l’etica è una scienza esatta al pari della matematica, come mi ha confermato il Premio Nobel per la chimica Aaron Chiechanover, in un incontro organizzato dal Prof. Giuseppe Nisticò nella Cittadella Regionale di Germaneto. Il senso che Pitagora sia il super genio indiscusso dell’umanità perché comprese la misurabilità delle emozioni umane, che possono essere di gioia o dolore a seconda del comportamento umano.
8 – Non dobbiamo però immaginare Pitagora come un freddo matematico, perché egli era un caldo mistico che aspirava alla vita felice. I principi etici da lui formalizzati si basavano sull’etica osservata dai Lacini, con i quali Pitagora andò a vivere a Capo Lacìnio, ed erano: Libertà, amicizia, comunità di vita e di beni, dignità della donna, vegetarismo. I Lacìni abitavano tutto il Golfo di Squillace e il suo entroterra, come l’altipiano della Lacìna, compreso tra Serra San Bruno e Soverato, da sempre abitato perché adatto all’agricoltura. La scoperta da me fatta del popolo dei Lacìni ci obbliga a riscrivere la storia, perché i Lacìni erano i portatori delle regole di comportamento che Pitagora formalizzò nell’etica universale.
9 – Il mondo di oggi sbanda paurosamente verso regìmi assolutistici e guerre totali, e mi chiedo se non siamo qui a perdere tempo, perché tutti più o meno pensiamo che il mondo non lo salva nessuno. Tuttavia, le mie ricerche sulla nostra terra mi portano ad affermare che il mondo vedrà la pace. Una nuova civiltà bussa alle porte e viene da dove nessuno se l’aspetta, da questa Terra di Calabria che si è svenata per preservare il tesoro etico dell’umanità. La Calabria è la terra etica e perciò non ha mai fatto guerra a nessuno, ma è stata devastata da venti occupazioni straniere.
10 – Un ringraziamento speciale rivolgo a Gertrude Slaughter, che dopo un secolo torna nella sua amata Calabria col suo libro, il quale per me è stato una sfida per andare oltre: dietro ogni mia scoperta c’è la spinta che il suo libro mi ha dato. Mi unisco a lei quando riporta la profezia di Gioacchino da Fiore: << Aprite gli occhi al significato della storia e vedrete che la lotta crudele di oggi contiene la promessa di una nuova era quando cesseranno i conflitti >>.
11 – I tentativi di adeguare la Calabria al mondo moderno falliscono, perché non è la Calabria arretrata che deve adeguarsi al mondo, ma è la Calabria e il mondo di oggi che devono adeguarsi ai valori eterni della Calabria antica. Io sono convinto che dalla Calabria si accende ora il faro per guidare il mondo verso la pace universale. Sembra assurdo affermare ciò, ma questo è già successo con la libertà. La libertà delle persone e dei popoli, ignorata dai Greci ma praticata dai Lacìni, diventò la prima di tutte le leggi scritte in greco, e proibiva a Locri la schiavitù di uomini e donne con le Tavole di Zeleuco (nel VI secolo a.C.). Pitagora pose le basi dell’etica della libertà, che fu poi la bandiera di Gesù. Da allora passarono venticinque secoli e la schiavitù fu formalmente abolita nel Milleottocento da Russia, Stati Uniti e Brasile, e oggi la libertà è arrivata in tutto il mondo, partendo proprio dalla Calabria.
12 – Affido all’amico Mimmo Lanciano il compito di rintracciare la tomba dell’Autrice e far deporre dei fiori di ringraziamento e riconoscenza sulla sua tomba con la dedica: A Gertrude Slaughter, Madre Morale della Calabria. – Salvatore Mongiardo, 16 novembre 2024.
PARAGRAFO 3 – LA PRIMA ITALIA POLITICA E DEMOCRATICA
Abbiamo appreso dagli antichi storici e scrittori che Re Italo era a capo di una tribù nomade del popolo degli Enotri proveniente dal Peloponneso (Grecia jonica) circa 3500 anni fa (16 generazioni prima della guerra di Troia, combattuta probabilmente tra il 1194 e il 1184 avanti Cristo). Giunto nel territorio dell’attuale Calabria decise di diventare stanziale poiché questa Terra era ricca di ogni tipo di risorsa e dava benessere al suo popolo. In particolare il grande filosofo Aristotele (384 – 322 a. C.) nel suo trattato POLITICA inserisce proprio Re Italo come sovrano innovativo le cui sagge leggi e utili comportamenti (come l’istituzione dei pasti comuni detti “sissizi”) furono in vario modo imitati in molte città del Mediterraneo. Prevalentemente con l’arte della persuasione e della diplomazia convinse le tribù indigene ad unirsi sotto il suo comando. Sorse così << la prima Italia politica >> che aveva un territorio, un popolo coeso, una lingua, un sovrano, sagge leggi e una forma embrionale di democrazia etica (anche attraverso i sissizi). Ed aveva un nome distintivo: Italìa, derivato proprio da Italo, il re che suscitò clamore ed emulazioni, lasciando una memoria indelebile per la sua originalità ed efficacia governativa. Re Italo è una figura da conoscere meglio e da valorizzare in tutta Italia, ma soprattutto in Calabria e specialmente nell’Istmo di Catanzaro, tra il Golfo di Squillace e il Golfo di Lamezia.
Lo stesso Aristotele afferma (in Politica, VII, 9, 2) che ancora (quando egli era in vita, cioè tra il 384 e il 322 a. C.) il popolo derivato da Re Italo continuava ad osservare le sue leggi. Quindi la Politica di tale Re e questa forma primordiale di Stato etico e democratico erano ancora valide, addirittura dopo oltre mille anni! Tale aspetto della “Prima Italia” non è ancora sufficientemente indagato dagli storici e dai politologi. Ritengo che ci possa riservare delle belle e rivelatrici soprese!… Va da sé che poi, nel corso dei secoli successivi, con il nome Italia che si espandeva verso il centro nord della Penisola, ci furono altre tappe di quell’Italia politica iniziata con Re Italo. Come la tappa di Corfinio, dove, nella Guerra Sociale dei Popoli Italici contro Roma (attorno al 91-89 a. C.) venivano coniate monete con sopra inciso il nome ITALIA. Per la prima volta?… E’ ancora da appurare con certezza. Pure questo di Corfinio (oggi in provincia de L’Aquila, in Abruzzo) è un momento molto significativo di quell’ITALIA POLITICA avviata da Re Italo attorno al 1500 a. C. nell’attuale Calabria. Inoltre, non dimentichiamo che (come afferma lo storiografo Giovanni Balletta di Catanzaro) i magno-greci sconfitti nel 202 vennero da Roma deportati proprio nella zona dell’odierno Abruzzo e Molise dove nacque la Lega Italica e dove è stata trovata la moneta con la scritta ITALIA. E pare che la stessa denominazione di Abruzzo provenga da “A Bruttio venio” espressione usata dai “calabresi” del Bruzio deportati, appunto, nell’odierno territorio tra Molise e Abruzzo dove sorprendentemente, tra quelle montagne, ci sono addirittura templi e teatri di tipica architettura magno-greca. C’è quindi ancora tanto da scoprire e da verificare, ma di certo esiste una chiara impronta della Prima Italia “calabrese” pure nel antico Sannio (oggi Abruzzo e Molise).
PARAGRAFO 4 – SALUTISSIMI
Caro Tito, riguardo la bella esortazione espressa da Mongiardo al suo punto 12, farò il mio possibile perché vengano posti dei fiori sulla tomba della Slaughter. Tuttavia, in più lettere e di in più articoli giornalistici, ho proposto di dedicare (almeno in Calabria) una qualche toponomastica anche alla Slaughter oltre che a Re Italo e a tutte quei protagonisti che sono state determinanti per l’affermazione del nome Italia e dei valori della Prima Italia. Intano ringrazio tanto e di vero cuore la Città di Taurianova (Capitale italiana del libro), i due relatori di sabato scorso, l’archeologa Maria Teresa IANNELLI e il filosofo Salvatore MONGIARDO. Così come ringrazio l’Editore Giuseppe MELIGRANA e la traduttrice Sara CERVADORO. Vanno ringraziati in modo speciale tutti coloro che hanno acquistato il libro “Calabria la prima Italia” e coloro i quali ci hanno inviato e ci invieranno ancora i loro commenti e le recensioni. In una delle prossime Lettere ne elencheremo i loro nomi.
Intanto stiamo aspettando la presentazione del libro della Slaughter in altre località calabresi, come Davoli Marina, forse a gennaio, a cura della Biblioteca Vincenziana, la quale giovedì 21 novembre celebrerà il primo Centenario dello scrittore calabrese Saverio Strati (1924-2014). Saranno ancora graditi commenti e recensioni su “Calabria la prima Italia” da partecipare ai nostri lettori. Qualche giorno fa ho sentito un’esile voce che qualcosa di promettente si stia muovendo in qualche Istituzione statale. Te ne darò conferma a tempo opportuno. Ed è giunto il momento per ringraziare te che fin dal 2012 segui, passo passo, argomento dopo argomento, la “Calabria Prima Italia”. Un cordialissimo grazie ai nostri lettori, specialmente ai più fedeli. Un fraterno abbraccio e “Buona Wita” a tutti! Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 18 novembre 2024 ore 18.00 – Da 57 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto mi sono state fornite dagli interessati o sono state prese dal web libero e sicuro.
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