Lettera aperta. L'odissea della figlia di un paziente arteriopatico grave: "Le mie 12 ore al pronto soccorso di Catanzaro"

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Un pronto soccorso
  08 settembre 2020 17:18

*di STEFANIA ABBRUZZO 

Ieri, lunedì 7 Settembre, per mia sfortuna mi sono ritrovata a vivere un'esperienza a dir poco vergognosa. Infatti nella mattinata, dopo una notte insonne dovuta al fatto che mio padre lamentava un forte dolore alla gamba, soffrendo di arteriopatia periferica grave, con la possibile conseguenza di formazione di trombi, che nella maggior parte dei casi se non trattati in tempo possono risultare letali, dopo aver cercato di contattare il suo medico di fiducia, che purtroppo non era reperibile per problemi di salute, decido di portarlo al pronto soccorso dell' Azienda Ospedaliera Pugliese Ciaccio di Catanzaro. Mi armo quindi di pazienza e fiducia, alle 9:15 faccio la fila al punto accoglienza del sopra citato pronto soccorso".

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All'infermiera dell'accoglienza spiego per filo e per segno la situazione, sottolineando il fatto che mio padre, preso dall'ansia, aveva dimenticato di portare con se le medicine che solitamente assume per far fronte a i suoi importanti problemi di salute. Dopodiché mi accomodo con lui in sala d' attesa ed attendo fiduciosa il turno. Passata qualche ora, consapevole che potevano esserci delle emergenze, mi avvicino ad una infermiera per chiedere spiegazioni, questa mi liquida con superficialità rispondendo:" C'è da attendere ". Torno al mio posto ed attendo.Intanto le ore passano ed il pronto soccorso è sempre più pieno di ammalati".

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Dopo ben otto ore d' attesa, con mio padre sempre più sofferente, chiedo all'infermiera dell'accoglienza con che codice fosse stato registrato e scopro che gli era stato assegnato il codice blu, ovvero quello per le emergenze differibili, ma come è possibile che venga assegnato questo codice ad un arteropatico grave, magari con un trombo in corso? Domando e mi viene risposto, da chi indossa un camice ma si veste di arroganza, spogliandosi di umanità, che ci sono emergenze e quella di mio padre non è catalogabile come tale. Guardo il monitor su cui sono segnati i numeri con i codici associati ai pazienti in attesa, quasi come fossimo al banco delle carni di un mercato e vedo due soli codici rossi fissi dalle 9 alle 5 di sera. Intanto mio padre anziano, a digiuno e senza farmaci attende spazientito il suo turno".

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Abbastanza accigliata cerco di capire cosa stia succedendo, con un pronto soccorso strapieno di gente malata e parenti stanchi e nervosi. Mi rispondono: "Siamo sotto organico, ci sono solo due medici". Ed intanto però gli amici degli amici passavano avanti, con un codice bianco per un morso di cane. Stanca, stufa e con mio padre sempre più sofferente, alla mia richiesta, rivolta ad un infermiere, di farlo visitare, mi vedo aggredita verbalmente ed insultata, tanto da essere costretta a chiamare le forze dell'ordine, che intervenuti prontamente mi fanno capire che hanno le mani legate e che purtroppo oltre che sollecitare non possono fare altro".

Un'odissea la mia e di tanti altri che per sfortuna ieri si trovavano in un Pronto soccorso quello del capoluogo, vergognosa e disumana. Il diritto alla salute dei nostri cari calpestato ed umiliato! Uno scarica barile di colpe sulla pelle della povera gente, una vergogna senza fine. Ebbene dopo ben 12 ore di Pronto soccorso, finalmente ho a che fare con la prima persona gentile una dottoressa comprensiva e competente che prende a cuore la questione di mio padre e dopo una serie di esami specifici con relativo consulto dal chirurgo vascolare, che si conclude in circa mezz'ora, fortunatamente riporto mio padre a casa, arrabbiata, delusa ed indignata per la disorganizzazione e l' incompetenza che si perpetua da anni nell'indifferenza di chi potrebbe cambiare questo stato di cose e della rassegnazione di chi subisce in silenzio, consapevole di veder leso un diritto fondamentale: quello alla salute e alla vita.

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