"La volontà di mio marito di collaborare con la giustizia è nata a novembre 2023, circa un mese e mezzo dopo l'arresto. L'arresto è avvenuto il 22 settembre del 2023. Su richiesta di mio marito, fui io a contattare un avvocato del foro di Crotone, ai tempi difensore di mio marito". Lo afferma in uno sfogo a La Nuova Calabria Luigina Marchio, moglie di Vincenzo Antonio Iervasi, coinvolto nell'operazione "Karpanthos" della Dda di Catanzaro e ora difeso dall'avvocata Claudia Conidi.
"Poi fu così che mio marito, dopo le prima perplessità, nel mese di giugno decise di impugnare penna e foglio scrivendo di suo pugno la volontà di voler essere sentito da una Pubblico ministero, e sostituendo anche il suo precedente legale. Quando avvenne il benestare per il primo interrogatorio, mio marito da Tolmezzo fu trasferito immediatamente su altro carcere, dove venne sentito per la prima volta alla presenza di una avvocata del foro di Catanzaro. In merito al primo interrogatorio, mio marito lo aveva tenuto con uno stato d'animo che lo aveva portato a piangere quasi per tutta la durata dello stesso, ove fu necessario l'intervento di una psicologa. Mio marito è stato sottoposto a 4 interrogatori, l'ultimo a settembre. Poi attendeva di poter terminare la sua volontà collaborativa, e nonostante la sua richiesta scritta, e certificata, non lo hanno più né sentito e né tanto meno hanno risposto alla sua richiesta", continua la signora Marchio.
"Il suo percorso collaborativo sarebbe terminato al 10 dicembre 2024. Dal primo interrogatorio tenuto da mio marito, fu divulgata la notizia di collaborazione con le relative dichiarazioni rese da mio marito. Nessuno ha smentito la notizia di origine al quanto privata e con la consapevolezza che tale notizia avrebbe esposto noi ad un grave pericolo. Infatti siamo stati minacciati di morte , facendoci trovare nella buca delle lettere, dei proiettili, poi altro caso grave di minaccia è un uomo che ha telefonato a scuola da mio figlio presentandosi come il padre, per invitare mio figlio all'uscita anticipata dalla scuola. Tutto ciò è stato denunciato presso la caserma dei carabinieri della zona, e a sua volta comunicato alla procura, e accerchiato da una situazione di enorme pericolo, in primis per mio figlio che ad oggi ha 12 anni, che credo che abbia tutto il diritto di poter vivere la sua fanciullezza con il massimo della spensieratezza. Ma da quella scelta di volerci affidare alla giustizia, è purtroppo diventata per noi il peggiore incubo della nostra vita . Perché la dove pensavamo di poter essere protetti, ci hanno dato in pasto alle iene. La nostra vita non è più la stessa , è diventato un incubo perfino dormire, dobbiamo guardarci le spalle in ogni istante della mia giornata, vivendo con il terrore di quando mio figlio chiede di poter andare a giocare con un suo amichetto, che qualcuno potesse vendicarsi su di lui".
"Mi domando - dice Marchio - sia io, che mio marito abbiamo fatto bene ad affidarci allo Stato? perché ad oggi abbiamo ricevuto solo calci in faccia. L'unica cosa che mi sento di dire ad oggi è: se qualcun altro avesse intenzione di mettersi a disposizione con la volontà di collaborare, mi sentirei di consigliargli di pensarci centomila volte prima di fare una scelta del genere, perché la realtà è un'altra, purtroppo lo Stato non tutela i collaboratori di giustizia. In questo momento non riesco a proiettarmi in una vita futura, so solo che l'unica cosa che noi vorremmo è quella di poter essere tutelati dallo Stato, uno Stato che ci ha voltato le spalle".
(ed.cor.)
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