di GIORGIA RIZZO
E’ una delle tragedie che più di tutte le altre del mondo classico mantiene la sua attualità, tanto da essere stata rivisitata innumerevoli volte fino all’età contemporanea.
Proprio il dramma dell’Antigone di Sofocle ha preso vita ieri sera sul palco dell’ Auditorium Casalinuovo di Catanzaro, attraverso gli attori del Teatro di Calabria, in una rappresentazione che rimane fedele all’originale del quinto secolo avanti Cristo. Il tutto nell’ambito del cartellone “Graecalis”, che vuole far rivivere e omaggiare il canto della parola antica.
Così il conflitto fra legge imposta dal tiranno e umanità o legge universale, centro di tutta la tragedia, prende forma attraverso il dialogo fra Antigone e Creonte, interpretati da Mariarita Albanese e Paolo Formoso, dalle posizioni inconciliabili.
Creonte, tiranno di Tebe, nonché zio della stessa Antigone, impone che il corpo di Polinice, fratello della giovane, rimanga insepolto come punizione per l’oltraggio che il defunto avrebbe commesso contro la città, avendo questo combattuto contro il fratello, al tempo re della stessa, per la successione al trono.
Un’imposizione folle a cui Antigone si oppone, decidendo di rispondere piuttosto all’imperativo morale che la spinge a seppellire il corpo del fratello. Un oltraggio contro il potere costituito, che risulta ancora più azzardato se a compierlo è una donna. Per la sua azione verrà quindi punita con la detenzione, che la porterà poi al suicidio. Una fine funesta che travolgerà anche lo stesso Creonte, vittima anche lui della sua stessa avventatezza.
Antigone rimane nel tempo un personaggio affascinante, simbolo dell’umanità che si oppone alla razionalità cieca e insensata di un potere assoluto che finisce inevitabilmente per accartocciarsi su se stesso. Una storia antica ma presente, non solo dietro il sipario.
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