di FRANCO CIMINO
“Da questa esperienza ho imparato che la vita è respirare”.
Poche frasi riescono a rappresentare un qualcosa che abbia a che fare con il senso dell’esistenza umana, come questa. È stata pronunciata all’atto delle dimissioni dall’ospedale di Pavia, dal giovane uomo di trentotto anni, che le statistiche danno ancora come il primo contagiato, da Collogno, di coronavirus. Da questo paesino Lombardo, è stato portato in condizioni gravissime nell’hub più vicina, dove solo la caparbietà e la competenza di quella struttura, oltre al fatto di essere il primo cui concentrare tutte le attenzioni sanitarie, ha potuto salvargli la vita. Sono passati trenta giorni esatti da quell’ingresso, diciotto dei quali egli non ricorda nulla essendo stato, dormiente, al confine con la morte. Ritorna a casa e ritrova l’amata moglie, che per lui ha trepidato tutto quel tempo. Con lei trova un dono meraviglioso, tanto atteso ma in quei giorni forse dimenticato. È il loro primo figlio nato nel frattempo. Il tempo di scaricare nel pianto di gioia immensa questo incontro, che un’altra notizia quel pianto lo prolunga nel dolore più acuto. Chi gliel’abbia data non importa, sicuramente l’avrà accarezzata con il massimo di delicatezza immaginabile. Mentre quel giovane, divenuto padre da poco, si salvava, il proprio padre moriva a pochi metri da lui. Il virus non gli aveva dato scampo. Questa breve storia nel più breve tragitto di un uomo, oltre che commuovermi nel profondo, mi ha fatto riflettere molto. In essa io penso si racchiuda il vero senso della vita e quella eterna regola sulla stessa. È una regola non scritta perché nessun codice umano l’ha potuta codificare. Chi l’abbia scritta, fuori e sopra la nostra intelligenza, è materia per i filosofi, gli uomini di scienza o quelli di fede. Di certo è che l’uomo difficilmente la ricorda, quasi mai la comprende, per nulla la mette in pratica. Essa si articola nei tre momenti vissuti dall’uomo “rinato” e alle nuove vite, da chissà chi e da chissà cosa, consegnato. Il primo si immortala in quelle sue poche parole.
Non è blasfemia né volgare azzardo avvicinarle, sia pure a molta distanza, a quelle pronunciate da Armstrong, il primo uomo che ha messo il piede sulla luna. Le ricordate? “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma è un gigantesco passo per l’umanità”, ha detto. Le distanze dovute le ho già messe, ma quant’è importante aver affermato che il significato della vita sta nel respirare! Respirare come atto meccanico per l’attivazione del circuito vitale, che attraverso i polmoni porta l’ossigeno nel sangue e questo, ripulito, scorre nel corpo come fiume della vita. Di questo, purtroppo, ce ne accorgiamo quando respirare ci risulta difficile invecchiando o ammalandoci anche di un semplice raffreddore. Quante notti, nelle semplici congestioni, le facciamo sveglie perché ci manca il respiro per questo maledetto naso (il lato estetico che su di sé non piace mai a nessuno) che si chiude!
Poi, non ci pensiamo più: il respirare è meccanico e l’aria il nostro organismo se la prende senza fatica o pensiero. È una specie di diritto naturale e ai diritti non si paga nulla, neppure la gratitudine. Non lo sappiamo ancora, ma questo è il primo degli errori compiuti dall’uomo, perché trascurando questo aspetto vitale, trascura di averne cura e maltratta tutto ciò che con il respirare ha a che fare. Trascura la natura, la sua vegetazione, in particolare. Ancora abbatte pinete e boschi per farci lunghe strade, palazzi e riempire di legna industrie che consumano l’aria e la sua purezza modificano. Nelle città non fa crescere alberi e quei pochi, che sono sopravvissuti ai primi assalti edilizi, li abbatte con mille stupide scuse. Non coltiva fiori e in casa o in ufficio non ne porta. Neppure li regala più per i primi appuntamenti amorosi o per i grandi eventi. Con la scusa che si ammalorano nel cimitero, li sostituisce con quelli di plastica, ché la plastica, vuoi mettere?, fa sempre bene.
E poi ci toglie il pensiero di andare a trovare i nostri morti. I polmoni hanno a che fare con la vita. Se il cuore ne è lo starter, loro ne sono il termometro. Sono la spia luminosa del sano rapporto tra l’uomo e la natura. Ma il respirare non è solo atto spontaneo dell’organismo, è cultura, concezione della vita, fatto che continuamente dona senso all’esistenza. La riempie di sostanza e la conduce verso la felicità. Respirare con gli occhi, l’uomo non lo fa più. Significa guardare gli occhi degli altri, guardare negli occhi chi incontriamo. Senti come si respira negli occhi, con gli occhi! Specialmente, quando puntano il mare, un monte, una valle che scende avendo accanto il fiume, ambedue nella stessa direzione. Senti come cresce il respiro quando gli occhi guardano l’amore e da esso, attraverso l’amata/o, i figli, una madre, un padre, un fratello, un amico, il diverso, si fanno guardare! Senti come ancora più forte si fa il respiro quando gli occhi si alzano al cielo, che sia celeste o di nuvole di ogni colore, il colore della vita. E quando in cielo trovano l’alba, il sole pieno, il tramonto, la sera, la luna e le stelle, non li senti respirare così intensamente da avvertire che gli stessi polmoni portano l’anima fuori dal petto ad ossigenarsi il quel cielo dove il filosofo dice che sia nata pura? Senti come si respira col cuore! Ogni battito, una boccata d’aria pura di montagna. Il cuore che ama è il respirare più profondo, quando ama se stesso e gli altri, tutti, nessuno escluso, allo stesso modo che se stesso. Matteo ha ragione, “ la vita è respirare”. Questa dura prova della globalizzazione della sofferenza e della fragilità ci insegni a respirare la vita.
La seconda verità che ci viene da questo giovane uomo è che dal cammino verso la morte si può rientrare e non per fortuna o per il gioco del caso, che non sono decisori del destino umano. Si ritorna con le cure che la scienza detta, con lo sforzo e la competenza di chi con amore le applica, con il forte impegno che il malato ci mette nel combattimento più estremo. E, per chi crede, con l’aiuto di Dio. La terza verità, è che non c’è sofferenza, guerra e disperazione, che possa impedire la nascita di una nuova vita. Respirare la vita è la vita stessa che si rinnova in quella continuità che non può essere spezzata da alcuna morte. Neppure da quella che ha colto un altro uomo buono, quale ogni vero padre è, due giorni prima che nascesse la figlia di Matteo. Respirare è comprendere che vita e morte non sono l’una l’opposto dell’altra. Tra loro non c’è odio o inimicizia, poiché il respirare le unisce nella stessa legge naturale o divina, respiro pieno della vita.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736