di LUIGI POLILLO
Ogni qualvolta un artista espone, non riguarda soltanto un aspetto organizzativo dell’esposizione stessa, ma l’artista si spoglia dinanzi a un pubblico e rivela attraverso le sue opere la parte più inconscia del proprio essere. Una lotta continua con la materia, definita “un altro corpo vivente”, è quella che mette in atto Marra, artista di origini calabresi, nato nel 1950 a Paola (CS) e, trasferitosi negli anni settanta a Lissone, dove attualmente vive e lavora.
Nel suo percorso evolutivo attraversa diversi stati espressivi, egli afferma che il suo “concetto di astrazione è un compendio di situazioni pittoriche che vanno a completare un racconto creativo”. Fondamentali per la sua crescita umana ed artistica furono determinati momenti epocali della sua vita, come il movimento del Sessantotto in Italia, che come ben sappiamo fu un movimento politico e sociale che sviluppò diverse contestazioni studentesche, stravolgimenti sociali, lotte armate e ideologie politiche.
In quegli anni si avvicinò, attraverso figure attivamente impegnate nel sindacalismo, al pensiero e alla dottrina maoista. Le sue ideologie, oggi, si concretizzano sui principi etici fondamentali dell’essere: il rispetto, la cooperazione, il dialogo, l'onestà.
Intorno agli anni ottanta inizia una simbiosi con Luigi Bianco allora giornalista, scrittore, poeta e performer, il quale fondò diverse associazioni culturali tra le quali, OPEN ART (1980-1985), uno spazio espositivo al centro di Milano che vede la presenza costante e passionale di grandi intellettuali; ed ancora OSAON (Milano), un ampio e suggestivo spazio di sperimentazione di arte, performance, video, teatro, musica, poesia e danza; un vero e proprio movimento fondato da importanti artisti e poeti tra cui Mario De Leo, Max Marra,Nicola Frangione e Flavio Piras, e di cui Luigi Bianco era presidente e sostenitore. Nel corso degli anni fonda e dirige quattro riviste di cultura: Open art, Osaon, Harta e I Mendicanti; riviste divulgate come dono, sotto forma di utopico desiderio di cultura.
Max Marra dunque, in quegli anni vive e lavora in un territorio in fermento e si contorna di figure intellettuali che lo inducono ad amare la personalità e le opere anche di Pier Paolo Pasolini, poeta, regista e critico anticonformista. Lavora come tecnico per una delle più importanti fabbriche italiane e si spinge sempre più verso il disegno e la pittura; la sua espressione era divenuta un’esigenza di ascolto rivolgendo la sua attenzione sull’aspetto sociale più debole quale era, all’epoca, il contesto operaio.
In ogni singola opera di Max Marra si nasconde una verità difficile da scoprire, i suoi lavori di matrice scenico gestuale sono carichi di una potenza espressiva dettata dall’irruenza del segno, dove elementi materici tracciano le proprie esperienze vitali. Un’evoluzione basata su un concetto filosofico dove l’artista diventa interprete, narratore e disegnatore delle violenti atrocità e trasformazioni sociali. Un impegno morale ed etico, il suo, dettato da una condizione umana dove l’artista, in primis uomo, diviene fulcro e fa da tramite per un’accezione di bellezza sensoriale e mistica dell’arte.
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