Mimmo Lucano abbraccerà il padre e tutti noi i diritti

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Franco Cimino
  05 settembre 2019 15:41

Il tribunale di Locri ha deciso da poco. La misura cautelare nei confronti di Mimmo Lucano, che gli vietava di risiedere a Riace, è stata revocata. Egli può, pertanto, da subito, far rientro al paese dei Bronzi, che lui stesso ha eletto patria dei due mondi, scegliendo evidentemente il secondo. Quello dei poveri, degli esclusi e dei migranti senza meta, utilizzando il primo per poterli accogliere tutti. Si dirà ancora, e molto, di questa sentenza, specialmente sul terreno dell’attualità politica nella quale sarà “ confinata”. Si dirà, per esempio, che hanno vinto le pressioni di quella parte d’opinione publica che, tra reclami, petizioni, lettere al Capo dello Stato, rete e quant’altro, hanno condizionato la decisione della Corte. Si dirà, sulla scia della politica, che la sentenza è il primo effetto del “ perdi Salvini”, l’atto liberato dalla forza prepotente dell’ex ministro dell’Interno. Si dirà che il vento nuovo che ha cacciato la destra dal potere ha soffiato sulla Giustizia, nel segno antico che in Italia è la politica che influenza gli altri poteri. Tutti converranno sulla considerazione del tempo dell’uscita di questa “ sentenza”: puntualissima rispetto al mutare dei fatti politici. Io, personalmente, reputo sia giunta in notevole ritardo.

Colpevole ritardo, perché ogni giorno che passa sulla testa di chi attende giustizia è di per sé un delitto contro l’umanità. E uno Stato che sia lento sugli atti di giustizia è più “negligente” rispetto anche al condizionamento dell’autonomia dei giudici e del giudizio da alcuni di essi emanato. Si trovano qui, oltre che nelle ingiustizie sociali che allargano le diseguaglianze, i pericoli per la democrazia italiana. E non nelle scimmiottature dell’uomo forte o solo al comando e del fascismo di ritorno dietro quelle sembianze comicizzate, evocate con terrore per coprire fasi politiche comunque discutibili. Mimmo Lucano è oggi un uomo libero, evviva tutti! Questo conta. Conta la fine di un provvedimento assurdo, preso nel nome del popolo italiano. Quindi, anche nel mio, che non l’ho mai razionalmente condiviso. E questo, non perché quel provvedimento gli sia stato, e per lungo tempo, inflitto, quasi che fosse una sorta di pena anticipata. Nei confronti, tra l’altro, di una persona ancora in attesa del giudizio definitivo. Una persona dalla fedina penale pulita o con il casellario giudiziale a posto, per usare termini molto comuni. Non l’ho condiviso, perché sproporzionato rispetto ai reati contestati, per i quali la cessazione forzata dall’incarico di sindaco non gli avrebbe consentito di alterare o occultare le prove. Non l’ho condiviso, perché essendo palesemente ininfluente, se non sul piano morale, un confino a pochi metri da Riace, la sua applicazione è apparsa diverso da come la legge lo rappresenta. Infine, non l’ho condiviso sul piano di un principio cui non sono mai venuto meno: mai accetterò, se non per delinquenti di alto spessore e terroristi di ogni matrice, un qualsiasi provvedimento che leda profondamente la dignità della persona. La quale dignità, a mio avviso, risiede anche nel diritto che ciascun essere umano possa muoversi liberamente nel territorio, restare agganciato alle sue radici, partire e tornare liberamente nella sua terra. Senza limiti e condizioni. Vivere nel proprio paese è un diritto inalienabile, equivalente solo a quello della libertà. Oggi, i cuori buoni sono tutti in lacrime per il fatto che più commuove, e che vedremo largamente esposto nella foto di un grande abbraccio tra un vecchio e un giovane. Quello di Mimmo e il suo anziano padre, che ha resisto alla morte per attendere che il figlio tornasse, finalmente, è il momento che più attrarrà l’attenzione degli italiani.

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Anch’io sarò tra questi, sono padre e sono stato figlio. Ma, la cosa più importante che deve restare nella coscienza collettiva e nella memoria individuale, deve essere il fatto che questa commozione è stata preceduto da un atto e da esso generata. Un atto di giustizia, cioè, che non è utile alla Giustizia. Non aiuta il Paese a rasserenarsi. Amplifica la gravità su questioni normali, drammatizzandole. Confeziona su cittadini buoni, abiti che non gli appartengono. Non è conforme ai principi di democrazia. Riflettere su questi punti, considerarli elementi fondamentali del dibattito intorno alla democrazia, purtroppo da tempo sospeso, in Italia e nel mondo, valutarli quali elementi essenziali alla riclassificazione dei temi sui diritti umani, inserirli nell’agenda del Parlamento e in quella di ogni governo che voglia proporre una organica riforma della giustizia in senso più democratico, è compito di tutti, forze politiche in primis. Alle singole persone, resta invece, il dovere di vigilare su queste questioni, di non sottovalutarle o considerarle cose degli altri o materia di propaganda politica. Resta il dovere di indignarsi di fronte a ogni sofferenza umana causata dalla mancata corretta interpretazione della legge o di una sua particolare non corrispondenza ai principi essenziali della vita di ogni singolo uomo. Resta, in ciascuno di noi, il dovere di mettere al primo posto il valore della libertà, respiro vitale del vivere. Specialmente, in questo tempo di povertà e miserie diffuse, tutte imposte a tutti, affinché ci si dimentichi che senza democrazia anche il pane risulta amaro. E la società, una giungla in cui ci si ammazza per conquistarne un tozzo.

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Franco Cimino

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