I carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria, affiancati dalle Stazioni territorialmente competenti e da altri reparti dell'Arma, hanno dato esecuzione all'ordinanza n. 14/2025 emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura, con la quale è stata disposta l'applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di quindici indagati e degli arresti domiciliari nei confronti di altri tre, per i reati di associazione dedita al narcotraffico e numerosi reati fine sia in materia di stupefacenti, che di
armi, oltre ad un'ipotesi estorsiva.
La corposa attività investigativa, avviata nel giugno 2023 e conclusa nel maggio 2024, condotta dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Reggio Calabria, anche con il supporto dei militari della Stazione Carabinieri di RC - Catona e coordinata da questa Direzione Distrettuale Antimafia, originava da un'attenta e continuativa attività di osservazione e monitoraggio del quartiere di Catona di Reggio Calabria. Durante diversi servizi di pattugliamento del territorio, i militari avevano avuto modo, in più occasioni, di notare movimenti anomali nella zona citata, in prossimità dell'abitazione di colui che è stato ritenuto nell'ordinanza custodiale, allo stato degli atti, il capo dell'associazione in questione (soggetto per altro nipote di un esponente apicale della
ndrangheta di Archi). L'installazione di un sistema di videosorveglianza e lo svolgimento di plurime attività di riscontro conduceva all'individuazione di un embrionale gruppo di soggetti dediti al traffico di sostanze stupefacenti.
Sottolineava, ancora, il GIP come i proventi dell'attività di vendita dello stupefacente venissero ripartiti tra i sodali, secondo le disposizioni fornite dal capo del sodalizio, il quale provvedeva, altresì, al sostentamento di uno dei suoi sottoposti, dopo che questo era stato tratto in arresto in quanto trovato in possesso di cospicue quantità di diverse tipologie di stupefacenti, a disposizione del gruppo. Nell'ordinanza cautelare, si dava atto, altresì, di come la solidità della struttura associativa si palesasse, altresì, mediante la prosecuzione dell'attività illecita, nonostante i provvedimenti restrittivi che avevano attinto alcuni membri del gruppo e, da ultimo, anche il loro capo. Quest ultimo, pur ristretto in carcere, continuava, difatti, ad impartire direttive ai sodali in merito all'organizzazione dell'attività illecita, avvalendosi, a tal fine, della mediazione dei propri familiari nel corso dei colloqui in carcere. In generale, le numerose attività di perquisizione e sequestro di sostanza stupefacente non scoraggiavano i vertici del sodalizio, che, forti dei loro profondi legami criminali con la rete dei fornitori, continuavano ad operare illecitamente per il conseguimento di sempre maggiori profitti.
Condividendo la prospettazione dell'Ufficio di Procura, il Giudice rilevava come l'associazione in questione si mostrasse ben radicata nel quartiere di Catona, sul quale esercitava un penetrante e diffuso controllo del territorio, tramite un sistema di vedette che, posizionate nei pressi dell'abitazione del capo, sorvegliavano le strade limitrofe in modo da garantire la sicurezza e l'impunità dei sodali dediti all'attività di spaccio, nonché tramite una serie di avvisaglie telefoniche ogni qualvolta qualcuno degli indagati si avvedeva della presenza di forze di polizia in zona. Si evidenzia come le numerose attività di riscontro compiute nel corso del periodo di
monitoraggio conducevano al sequestro di cocaina, marijuana e hashish.
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