“Fagli ‘na ‘mbasciata a Francesco…che qui non mi vogliono più vedere caricare, altrimenti qualche giorno e vi spacco anche i camion in retromarcia...”. Chi parla, in un’intercettazione del febbraio scorso, è un autista della ditta Nearco avvicinata da Giuseppe detto ‘Pino’ De Marte, arrestato su richiesta della Dda di Milano, perché attraverso diverse estorsioni, aggravate dal metodo mafioso, avrebbe favorito l'attività della moglie per annientare la concorrenza nel settore dei trasporti di merce in Lombardia. “Era in quel contesto che l'autore dell'intimidazione, rispondendo all'autista che gli aveva domandato a nome di chi avesse dovuto portare la predetta "'mbasciata", gli aveva risposto 'digli che sono Pino... Pino della DE.MA. Trans'" scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare accompagnata dalla notifica di due decreti di amministrazione giudiziaria, sulla base dell'articolo 34 del Codice antimafia, a carico delle società Scatolificio Deles spa con sede a Origgio (Varese) e Deles Imballaggi speciali srl di Milano.
L'indagine, nata dalla denuncia di un imprenditore attivo nel settore dei trasporti, è stata avviata dai militari di Gallarate nel febbraio 2024 e poi sviluppata, fino all'ottobre scorso dal Nucleo investigativo di Monza Brianza mentre per i risvolti patrimoniali e finanziari gli accertamenti sono stati condotti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Como. Gli approfondimenti investigativi avrebbero ricostruito che le minacce nei confronti dell'imprenditore concorrente non costituivano un episodio isolato ma un fenomeno ben più esteso. Un'estorsione "ambientale", viene definita dagli inquirenti, portata avanti attraverso "ripetute condotte di minaccia e violenza che ha determinato il totale assoggettamento alle pretese dell'arrestato dei dirigenti e dipendenti delle due società, con conseguente assegnazione ad altra ditta delle tratte di trasporto in Lombardia". Avvalendosi della fama "criminale" di cui gode la famiglia De Marte, l'arrestato sarebbe riuscito a incutere timore nelle vittime richiamando le sue origini e la sua "vicinanza o parentela" con soggetti legati alla 'ndrangheta. L'attività estorsiva, "accertata quantomeno dal 2016", ha consentito alla società assegnataria di fatturare "oltre 8 milioni di euro" e tali pressioni "hanno consentito di ottenere un ingiusto vantaggio patrimoniale attraverso l'affidamento esclusivo delle commesse di trasporto che sono state assegnate in violazione di criteri di economicità e concorrenzialità e anche in assenza di un effettivo fabbisogno dell'operatore economico". Le indagini ipotizzano che le direzioni delle due società fossero "pienamente consapevoli dell'inserimento dell'arrestato in contesti malavitosi" e come, "per lungo tempo, siano rimaste inerti a fronte della progressiva infiltrazione dell'indagato-rectius, delle ditte a lui riconducibili - nei rapporti imprenditoriali, omettendo di assumere iniziative volte a rescindere i legami commerciali con tali soggetti che, in base alla ricostruzione svolta dalla Guardia di finanza, risalivano già al 2012". Il Tribunale ha rilevato "una grave situazione di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa esercitata, perdurante sino a oggi, che ha permesso a diverse società riconducibili all'arrestato di operare indisturbate nel tessuto economico, alterandone le regole della concorrenza e ottenendo così ingenti vantaggi”.
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