Ad avviso della Suprema Corte, i giudici di merito hanno ben motivato la sentenza in ordine alla “condivisione del proposito criminoso da parte della Mancuso, ma non hanno valutato, né motivato, se essa sia rimasta una adesione silente e passiva, sino all'esecuzione del gesto criminoso, o se essa si sia estrinsecata in un contributo, quanto meno morale, tale da rafforzare il proposito criminoso di altri, manifestandosi anche solo come una disponibilità a fornire un contributo agevolatore, una collaborazione, una protezione dalle possibili conseguenze negative".
Da qui l’annullamento con rinvio per Rosaria Mancuso per un nuovo giudizio “in merito alla sussistenza, nella condotta dell’imputata, di una forma di concorso nei reati a lei ascritti, e non di una mera connivenza non punibile”. Rosaria Mancuso è la sorella dei boss Giuseppe, Diego, Francesco e Pantaleone Mancuso. La cosca Mancuso è storicamente tra le più importanti dell’intera ‘ndrangheta calabrese.
“Motivare il concorso nel reato di omicidio contestato a Rosaria Mancuso, altrimenti la mera connivenza non è punibile”. La differenza tra concorso nel delitto e connivenza non punibile risiede nel fatto che nell'uno si richiede un consapevole apporto positivo, morale o materiale all'altrui proposito criminoso, mentre nell'altra è mantenuto, da parte dell'agente, un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare un contributo causale alla realizzazione del fatto”. Questi i passaggi con i quali la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna all’ergastolo nei confronti di Rosaria Mancuso, 67 anni, di Limbadi (Vibo Valentia), rimediata in appello per l’autobomba costata la vita al biologo Matteo Vinci il 9 aprile 2018 a Limbadi. Sarà quindi necessario un nuovo processo di secondo grado da tenersi presso la Corte d’Appello di Catanzaro.
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