'Ndrangheta. Declassificavano rifiuti speciali per smaltirli senza trattamento. Interdittiva per l'azienda lombarda punto di riferimento dei clan calabresi

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Traffico di rifiuti
  01 maggio 2020 15:47

di PAOLO CRISTOFARO

Una sentenza recentemente emessa dal Tar di Milano, conferma il continuo e profondo legame tra organizzazioni di 'ndrangheta calabresi e aziende dei rifiuti in tutta Italia. Ad una società lombarda, anche dal Tribunale Amministrativo, è stata confermata l'interdittiva antimafia, perché legata in vario modo, per anni, al traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti speciali gestito dalla cosche calabresi, per le quali, secondo i giudici, rappresentava un vero e proprio punto di riferimento.

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Come è chiaramente emerso dai più recenti report della DIA, dalle indagini delle Procure e dalle informative delle varie forze di polizia, tra le attività privilegiate dalla 'ndrangheta vi è la gestione, il traffico e lo smaltimento di rifiuti, anche speciali e tossici (LEGGI QUI). E tra le regioni italiane che più si prestano a garantire guadagni alle consorterie criminali, la Lombardia - anche per i rapporti stretti con le cosche calabresi - riveste un ruolo di primo piano (LEGGI QUI).

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L'azienda in questione, operante proprio in Lombardia, sottoposta ad interdittiva antimafia dalla Dda di Milano e quindi a conseguente esclusione dalla "white list", è una società "a ristretta base sociale e a struttura rigidamente familiare costituita nel 1985", come riporta la sentenza (presidente: Domenico Giordano; estensore: Fabrizio Fornataro).

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Un membro della famiglia è stato "condannato con sentenza del Tribunale di Milano, Quarta Sezione Penale, per il reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, a 3 anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, dall’esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’esercizio di impianti di recupero o smaltimento o trattamento di rifiuti e a contrarre con la pubblica amministrazione per due anni. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano, Quinta Sezione Penale", scrive il Tar nel dispositivo che, difatti, conferma l'interdittiva.

Il dispositivo fa riferimento ai rapporti tra il condannato e diverse aziende operanti nel settore dei rifiuti. L'attività dei giudici avrebbe accertato "un’articolata attività organizzata per l’illecito smaltimento di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, con la partecipazione di diverse società", riporta il Tar. Il soggetto “è sicuramente legato alla criminalità e per il conseguimento e la gestione di commesse inerenti al movimento terra in Lombardia si è rivolto sistematicamente a personaggi di spicco della criminalità organizzata calabrese”. Inoltre, avrebbe “instaurato stabili relazioni economiche con esponenti delle famiglie ‘ndranghetiste” rappresentando “il punto di riferimento per i clan calabresi, in grado di trovare i giusti agganci per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dai cantieri, diventando lui stesso e la sua società la porta attraverso la quale essi riescono ad entrare nei cantieri privati e in quelli pubblici eludendo i relativi controlli”.

Il sistema coinvolgeva direttamente la società oggetto di interdittiva, come emerge dalle intercettazioni, laddove il membro della famiglia, parlando telefonicamente, descrive l’operazione di falsificazione dei formulari effettuata mediante una falsa vidimazione di transito, attestante la ricezione del rifiuto e il suo trattamento, ancorché mai eseguito. In particolare, i rifiuti speciali venivano trasportati da una società presso gli impianti di un'altra azienda, dove non venivano sottoposti ad alcun trattamento necessario, ma semplicemente “declassificati”, per poi essere indirizzati presso le cave di destinazione finale, mediante un sistema di falsificazione delle bolle di accompagnamento.

 

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