'Ndrangheta, dopo "Stige" il Locale di Cirò era riuscito a ricompattarsi mantenendo la sua operatività

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  16 febbraio 2023 11:01

Le indagini dei carabinieri che hanno portato questa mattina a 31 arresti contro presunti affiliati alla cosca Farao Marincola di Cirò costituiscono la prosecuzione dell’attività sfociata nella maxi operazione antimafia denominata "Stige" del gennaio 2018 e hanno permesso di accertare che il Locale di Cirò, dopo il duro colpo subito in quella occasione, era riuscito a ricompattarsi mantenendo tutta la sua operatività. Anzitutto inserendo nel suo organigramma sia i ‘veterani’ della cosca che le nuove leve del panorama associativo locale i quali hanno potuto avvalersi, a loro volta, dei familiari di altri affiliati già detenuti, poiché coinvolti in precedenti operazioni di polizia.

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Nel corso delle indagini è emersa l’esistenza di una 'bacinella' a cui attingere per pagare gli stipendi agli affiliati, per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e corrispondere le relative spese legali, nonché per garantire economicamente lo svolgimento delle nozze della figlia del capo del Locale di Cirò. Per le loro attività estorsive gli affiliati avrebbero avuto a disposizione numerose armi comuni e da guerra, in parte sequestrate durante le indagini. Come già nell’operazione "Stige", sono emersi i rapporti e le cointeressenze con gli affiliati di una speculare cellula criminale basata in Germania; così come sono stati confermati l’esistenza e i legami con la ‘ndrina Giglio attiva nel territorio del vicino comune di Strongoli, nonché le 'ndrine di Cariati e di Mandatoriccio (Cs), entrambe subordinate al Locale di Cirò. 

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 La cosca di Cirò, storicamente guidata dalle famiglie Farao e Marincola, in particolare, aveva assunto il controllo del mercato dell’ortofrutta e soprattutto dell'intera filiera del pescato nei porti di Cirò Marina e di Cariati. Le minacce erano esplicite, ma spesso, a intimidire era la notoria appartenenza alle famiglie ‘ndranghetistiche cirotane.
  

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  Gli affiliati avrebbero costretto i pescatori a consegnare il prodotto ittici ai prezzi da loro imposti o addirittura a pescare solo le tipologie di pesce da loro decise, tralasciando le altre; quindi a utilizzare i magazzini per lo stoccaggio del pescato e le attrezzature per la pesca da loro esclusivamente messi a disposizione. Gli indagati sono accusati anche di aver costretto i titolari delle pescherie di Cirò e di Cirò Marina a ricevere e ad acquistare il pesce esclusivamente da loro e a prezzi di rivendita da loro stessi decisi.

Le indagini hanno poi rivelato numerosi episodi estorsivi ai danni delle attività imprenditoriali e commerciali del settore ortofrutticolo del Cirotano, con il chiaro intento di monopolizzare, sotto il profilo economico, interi settori commerciali, mediante l’apertura di nuove realtà economiche gestite dagli affiliati, da loro familiari o da altri prestanome. Sarebbe stata alterata la libera concorrenza, anche violentemente, tramite vessazioni e intimidazioni.

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