Tutto parte da loro: Giuseppe e Antonio D'Amico, imprenditori anche nel settore del commercio di carburanti, che per la Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri "incarnavano in pieno la figura degli imprenditori di riferimento per la cosca, in primis nel settore del commercio dei prodotti petroliferi, ma anche in quello dell’edilizia e del movimento terra, facendosi con le proprie imprese portatori degli interessi economici di volta in volta prioritari per la cosca".
Sono alcuni dettagli che emergono dall'indagine "Petroliomafia Srl", che questa mattina hanno fatto emergere la gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili, meri prestanome, e che ha portato a 75 arresti e un miliardo di euro di sequestri (LEGGI QUI).
Sarebbero stati accertati due sistemi di frode, riguardanti il commercio del gasolio, attraverso il coinvolgimento di 12 società, 5 depositi di carburante e 37 distributori stradali, elaborati, organizzati e messi in atto proprio dagli indagati. La lunga attività investigativa ha fatto emergere gravi indizi a carico di soggetti mafiosi che, grazie alla collaborazione di imprenditori titolari e gestori di attività economiche ubicate in Sicilia, operanti nel medesimo settore, avrebbero costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, con base in Vibo Valentia, finalizzata alla evasione dell’IVA e delle accise su prodotti petroliferi. L’associazione avrebbe commesso innumerevoli reati fiscali ed economici: contrabbando di prodotti petroliferi, l’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, l’interposizione di società “cartiere”, la contraffazione e utilizzazione di Documenti di Accompagnamento Semplificati (DAS), il riciclaggio, il reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, l’auto-riciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori e altri. Il sistema di frode consisteva nell’importazione, perlopiù dall’est-Europa, di prodotti petroliferi artefatti (miscele) e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione, con conseguenti cospicui guadagni dovuti al differente livello di imposizione.
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Gli stessi fratelli D’amico sarebbero stati sistematicamente agevolati da Luigi Mancuso nell’accaparramento di lavori edili, cosi come nel reperimento di forniture di carburanti a costi vantaggiosi, piuttosto che di nuovi clienti.
I fratelli D’Amico- seppur mantenendo un rapporto privilegiato con la famiglia Mancuso (e anzi proprio in virtù di tale rapporto)- avrebbero interagito con le cosche in modo trasversale: San Gregorio d’Ippona, Sant’Onofrio, Piscopio, Filadelfia, Delianuova, Gioia Tauro, San Luca.
I fratelli D’Amico si sarebbero il proprio contributo sotto svariate altre forme di disponibilità: avrebbero sfruttato la propria libertà di movimento per portare imbasciate tra gli appartenenti a differenti gruppi criminali, o tra questi e imprenditori operanti sul territorio.
O ancora, secondo l’accusa, avrebbero attinto alle proprie riserve di liquidità per elargire somme di denaro su richiesta degli affiliati, per cambiare assegni in favore dei medesimi, o per far giungere il proprio apporto alle iniziative mirate al sostentamento delle famiglie dei detenuti.
Per gli investigatori, dunque, evince l’intraneità degli indagati alla cosca Mancuso, "desumibile da svariati e convergenti elementi, tra i quali: l’esternazione del sentimento di appartenenza alla stessa; la partecipazione, unitamente ad altri soggetti affiliati, a riunioni inerenti tematiche (ed in particolare progetti imprenditoriali) d’interesse strategico per la cosca; la comunanza di interessi economici con altri soggetti affiliati; la commissione di reati fine d’interesse per la cosca. l’essere costantemente messo a conoscenza di dinamiche interne all’associazione, compresi i rapporti gerarchici esistenti tra i vari sodali; la disponibilità a farsi latore di messaggi dal contenuto riservato (“imbasciate”) diretti a, o inviati da, altri soggetti affiliati".
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