"L'operazione congiunta condotta oggi dimostra come barriere, steccati, confini sono un problema degli Stati e delle procedure. Le mafie non hanno di questi problemi ma sono presenti dove c'è da gestire denaro e potere". Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha sintetizzato l'operazione Petrolmafie Spa che stamani ha portato al sequestro di beni per un miliardo di euro e all'esecuzione di una settantina di misure cautelari.
"Siamo riusciti a superare questo gap, che fortunatamente esiste essendo in democrazia - ha aggiunto - perché contestualmente 4 Procure si sono trovate ad indagare sullo stesso oggetto che un indagato, intercettato, dice 'ci sta fruttando più della droga'. Il filone di Catanzaro è un seguito di Rinascita Scott, è uno degli aspetti del riciclaggio della famiglia Mancuso di Limbadi ed è stata condotta dal Ros dei carabinieri e della Guardia di finanza".
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Gratteri riferisce anche che le cosche di 'ndrangheta del vibonese volevano chiudere un accordo per l'importazione in Italia con la società Kmg, la più grande industria estrattiva di gas e petrolio del Kazakistan.
Alla riunione, svoltasi in una osteria di Vibo Valentia, ha riferito Gratteri, era presente "l'imprenditore D'Amico che ha un grosso deposito carburanti a Maierato. In quella occasione era presente un rappresentante della Kmg, arrivato con l'interprete e due broker lombardi, che sono stati arrestati stanotte a Milano, il cui obiettivo era fare arrivare il petrolio a Vibo Valentia. Al pranzo era presente anche Luigi Mancuso, capo locale del Clan, ed altre persone, Pasquale Gallone, Gaetano Molino, marito della nipote di Mancuso e Antonio Prenestì. Si è discusso di creare una boa al porto di Vibo Valentia per fare attraccare le petroliere e con un tubo far arrivare il petrolio all'industria di D'Amico. Quando è stato fatto presente che c'era anche il porto di Gioia Tauro, è stato risposto che non ce n'era bisogno perché altrimenti avrebbero dovuto trattare con le cosche del posto". Nel corso del pranzo, qualcuno ha anche fatto notare che a Maierato ci sono i depositi dell'Eni ma Mancuso, ha riferito Gratteri, "ha detto che gli avrebbe fatto ritirare le licenze dagli enti locali e che avrebbero usato anche le cisterne dell'Eni. Questo per dire le mafie non hanno frontiere e sono capaci di interagire con chiunque, a qualsiasi livello. L'operazione si è interrotta perché il collettore tra i broker e Mancuso, Prenestì è stato arrestato per omicidio e tentato omicidio".
"Le mafie, 'ndrangheta o camorra, indistintamente dalla loro origine, operavano su orizzonti finanziari diversi che non sono più il traffico di stupefacenti ma quello dei petroli che fino ad oggi hanno visto operare solo i colletti bianchi. Dove ci sono i soldi e gli affari le mafie intervengono. Abbiamo trovato i punti di riferimento delle varie cosche". A dirlo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri.
"Il valore aggiunto di questa indagine - ha sottolineato Bombardieri - è il collegamento operativo che gli uffici giudiziari hanno svolto anche grazie al coordinamento della Direzione nazionale antimafia. I colleghi, hanno operato sotto il coordinamento degli aggiunti Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo, sono riusciti a ricostruire i piani criminali sui quali operava l'organizzazione che faceva capo a imprenditori calabresi unitamente a soggetti campani. Avevano creato un articolato sistema di cartiere, gestivano sia le false fatturazioni, le operazioni in frode d'Iva e sia la fase del riciclaggio e dell'autoriciclaggio curando nel dettaglio il recupero delle somme sottratte allo Stato. È un'indagine capillare che, ancora una volta, ci dimostra che l'operatività delle mafie è a tutti i livelli. Grazie a questi imprenditori di riferimento delle cosche operavano in Calabria, Campania e Sicilia. Noi abbiamo sequestrato 27 conti bancari tra Bulgaria, Ungheria, Romania, Inghilterra e Croazia. Sono state sequestrate circa 100 società interessate alla frode fiscale e molte delle quali cartiere. Sono stati sequestrati una serie di beni di lusso, anche all'estero, che venivano utilizzati dai soggetti dell'organizzazione. Nel maggio 2019 è stato sequestrato un milione di euro in contatti che l'organizzazione da Napoli stava facendo arrivare ai promotori calabresi. Anche oggi le perquisizioni hanno consentito di avere ulteriore conferma di questa disponibilità economica di questi soggetti".
"L'inchiesta dimostra l'integrazione di strutture e attività criminali che di solito consideriamo distinte tra loro. C'è chi crea una sorta di graduatoria della pericolosità delle organizzazioni mafiose che invece operano senza distinzioni su pretese espansioni affaristiche". Così il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha sintetizzato l'operazione "Petrolmafie Spa" che stamani ha portato al sequestro di beni per un miliardo di euro e all'esecuzione di una settantina di provvedimenti cautelari.
"Le indagini della Dda di Naoli - ha aggiunto - si sono intrecciate con quelle di Roma e grazie all'osmosi informativa e alle sinergie investigative si è delineato il ruolo centrale nella presenza mafiosa di figure apicali della camorra capeggiata, tra gli altri, da Antonio Moccia. Ancora una volta viene dimostrata l'insufficienza del concetto di infiltrazione per descrivere la presenza massiva nei sistemi economici complessi e delicati, con una vera e propria costellazione di impese mafiose che offrono e mettono a disposizione ingenti risorse finanziarie e offrono straordinaria capacità di garantire servizi illegali come quelli di una rete impressionante di società cartiere per false fatturazioni che consentono straordinari profitti".
"L'attività di indagine ha dimostrato come si sviluppa il rapporto tra imprenditori e organizzazioni mafiose". Lo ha detto il procuratore di Roma Michele Prestipino durante la conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell'operazione "Petrolmafie Spa" che ha portato all'arresto di una settantina di persone in tutta Italia.
"Questa - ha aggiunto - è stata un'indagine davvero insolita e particolare che ha messo insieme l'intelligenze investigative di quattro uffici giudiziari. La parte romana dell'inchiesta è molto intrecciata con quella della procura di Napoli e ha riguardato l'operatività di un gruppo imprenditoriale importante, radicato da molti anni nella capitale, che ha fatto pesare la sua presenza sul settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi. Seguendo le vicende di questo gruppo imprenditoriale è emersa la presenza, nemmeno tanto occulta, di personaggi legati a importanti gruppi di Camorra". Per il procuratore di Roma, quello tra imprenditori e mafie "è un rapporto che segue un paradigma scolastico per cui c'è un gruppo imprenditoriale che in poco tempo ha moltiplicato 45 volte il proprio volume di affari e lo ha fatto grazie all'organizzazione mafiosa".
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