‘Ndrangheta, la Cassazione annulla con rinvio il sequestro dei beni dei coniugi Cichello-Pititto

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L'avvocato Piero Chiodo
  10 maggio 2025 23:30

di CARLO MIGNOLLI

L’8 maggio 2025 la seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla difesa dei coniugi Domenico Cichello, assistito dall’avvocato Pietro Chiodo, e Angela Pititto, difesa dall’avvocato Daniela Garisto, annullando l’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia – sezione misure di prevenzione – del 22 ottobre 2024. Il ricorso è stato presentato contro il rigetto dell’istanza di dissequestro dell’azienda agricola e dell’autosalone “Superauto”, ai quali erano stati apposti i sigilli nell’ambito del procedimento “Rinascita Scott”. La Suprema Corte ha rinviato la decisione al tribunale calabrese.

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La difesa aveva evidenziato numerosi vizi motivazionali e violazioni di legge, tra cui in particolare la non corretta applicazione dell’art. 321 del codice di procedura penale. Secondo i legali, mancavano – anche per fatti sopravvenuti – le condizioni per mantenere il sequestro preventivo. Citato anche l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sentenza n. 36959/2021 “Ellade”) secondo cui ogni misura di sequestro deve essere giustificata dalla sussistenza concreta di un “periculum in mora”, ovvero dal rischio effettivo di dispersione dei beni in attesa del giudizio.

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Secondo i legali, quel pericolo non esiste: i coniugi Cichello non hanno mai cercato di alienare i beni, continuando a gestire l’attività imprenditoriale iniziata nel 1970 da Carmine Cichello, padre di Domenico, con correttezza e dedizione. Una storia aziendale – sottolineano i difensori – che ha resistito a vent’anni di procedimenti giudiziari, cominciati nel 2004 con la revoca della licenza commerciale e proseguiti con un primo sequestro nel 2013 (poi annullato nel 2015), per culminare nell’attuale procedimento.

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Nel ricorso, i legali hanno anche contestato la totale assenza di motivazioni nel provvedimento impugnato, che – secondo la difesa – ha ignorato elementi fondamentali a discarico, in particolare l’inattendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mantella, Servello e Mancuso Emanuele. I tre avrebbero riferito di una presunta infiltrazione del boss Giuseppe Antonio Accorinti, detto “Peppone”, nel patrimonio dei Cichello, circostanza smentita dai documenti prodotti.

Un altro punto centrale del ricorso riguarda la legittimità delle somme utilizzate per rilanciare, nel 2017, l’attività “Superauto” di Angela Pititto. Secondo la difesa, le risorse provenivano da conti correnti poi dissequestrati, dalla vendita di terreni regolarmente detenuti e dalla restituzione di numerosi veicoli. La provenienza lecita di tali fondi – evidenziata anche nella perizia del commercialista Giuseppe Repaci – era già stata riconosciuta in un procedimento precedente, “Nemea”.

I difensori hanno poi denunciato una disparità di trattamento rispetto al coimputato Rosario Curello, al quale – nonostante una condanna a 16 anni per associazione mafiosa – è stata restituita l’attività di pompe funebri in virtù della sola prescrizione del reato-fine di trasferimento fraudolento di valori.

Sul piano giuridico, i legali hanno richiamato anche la giurisprudenza (Cass. S.U. n. 31617/2015; Cass. sez. III pen. n. 14218/2020) secondo cui, in caso di prescrizione del reato di trasferimento fraudolento (art. 512 bis c.p.), non è consentita la confisca per equivalente. Tesi, questa, non condivisa dal Tribunale di Vibo Valentia, che aveva confermato il sequestro, ritenendo rilevante la condanna di Domenico Cichello per associazione mafiosa.

Infine, la difesa ha contestato l’applicazione dell’art. 578 bis del codice di procedura penale, introdotto dal decreto legislativo n. 21 del 2018, ritenendolo inapplicabile perché i fatti contestati sarebbero avvenuti prima della sua entrata in vigore.

I legali dei coniugi Cichello, gli avvocati Piero Chiodo e Daniela Garisto, hanno commentato a caldo la decisione della Cassazione: “La prima opera di giustizia è stata compiuta dai giudici di legittimità. Ora aspettiamo con ansia che i giudici del rinvio si attengano al principio enunciato dalla Suprema Corte”.

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