Era guidata da una diarchia la ‘ndrina 'locale' che operava a Roma da alcuni anni dopo avere ottenuto il 'via libera' dalla casa madre in Calabria. Questo quanto emerge dall’indagine della Dia e della Dda della Capitale, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, che ha portato alla emissione di 43 misure cautelari. A capo della struttura criminale c’erano Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto, centro in provincia di Reggio Calabria.
Le indagini hanno evidenziato come fino al settembre del 2015 non esistesse una 'locale' operante a Roma, anche se sul territorio cittadino c'erano numerosi soggetti appartenenti a famiglie e dediti ad attività illecite. Nell’estate del 2015 Carzo avrebbe ricevuto dall’organo collegiale posto al vertice dell’organizzazione unitaria (la Provincia e Crimine) l’autorizzazione per costituire un struttura locale che operava nel cuore di Roma secondo le tradizioni di ‘ndrangheta: riti, linguaggi, tipologia di reati tipici della terra d’origine. Il gruppo operava su tutto il territorio romano con una gestione degli investimenti nel settore della ristorazione (locali, bar, ristoranti e supermercati) e nell’attività di riciclaggio di ingenti somme di denaro. Nei confronti degli indagati si contesta, tra gli altri, l’associazione mafiosa, cessione e detenzione di droga, estorsione e fittizia intestazione di beni.