'NDRANGHETA. Operazione “Orthrus”, quelle armi di cui Iozzo voleva disfarsi. Al nipote diceva: "...con questa gli puoi fare la barba..." (LE INTERCETTAZIONI)

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images 'NDRANGHETA. Operazione “Orthrus”, quelle armi di cui Iozzo voleva disfarsi. Al nipote diceva: "...con questa gli puoi fare la barba..." (LE INTERCETTAZIONI)
Le armi sequestrate nell'operazione Orthrus
  15 ottobre 2019 18:02

di TERESA ALOI

Armi comuni da sparo, pistole con caricatore bifilare. Armi di grande potenza.

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Un capitolo dell’ordinanza scaturita dall’inchiesta denominata “Orthrus”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore, Nicola Gratteri, e sfociata nell’arresto di 17 persone, è dedicata alla detenzione illegale di armi.  

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Del resto un clan non è un clan senza le armi. Sempre più potenti, più sofisticate. Una sorta di segnale alle istituzioni. Una sfida, vera e propria.  

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Nelle conservazioni captate dagli inquirenti, e riportate nell'ordinanza  di custodia cautelare, alcuni degli indagati ne parlano ostentando sicurezza: il sol fatto di detenerle gli dà forza.  

E’ ad esempio Giuseppe Gregorio Iozzo parlando con il nipote Raffaele “ad   affermare  di dovere togliere alcune armi, tra cui una in particolare, molto sofisticata!"  .. , .... devo togliere pure quelle armi e quel giubbotto antiproiettile ho tre (3) giubbotti ............ è impressionante ...... (inc.) ha il bilancio da tiro ...... ha pure il bilancino ..... raggio corto ... raggio medio e raggio più lungo .......... gli puoi fare la barba ........ devo solo trovare il grasso ora per ingrassarlo che è da dieci anni che non l'uso.. l'ho provato in prima e poi non l'ho provato più.. è impressionante”.

E allora per gli inquirenti  sussistono "gravi indizi di colpevolezza in ordine alla detenzione illegale di un'arma da fuoco non meglio precisata, con l'aggravante  - si legge nell'ordinanza - di cui all'art. 416 bis.1. c.p., avendo l'indagato agito al fine di agevolare l'associazione di appartenenza. Non sussiste, al contrario, un idoneo quadro di gravità indiziaria a carico di Raffaele Iozzo, il quale si limita ad interloquire con lo zio circa la necessità di provvedere a sistemare l'arma, senza evidentemente concorrere nella detenzione della stessa".

Ed è sempre Giuseppe Gregorio Iozzo  a commissionare a Marco Sasso   la vendita dei due fucili, per un prezzo complessivo di almeno € 1.500,00 ( "non vedi se me li vendiamo un paio di fucili .  / ... / Uno automatico ed uno ...)[ ... }  1500 euro )".

Ma non solo. Gli inquirenti contestano ancora a Giuseppe Gregorio Iozzo la detenzione di un'arma dalle alte potenzialità offensive, di marca e calibro sconosciuti. E’ lui direttamente a  riferire a Marco Sasso di avere un'arma di grande potenza ("eh ... e ce ne ho uno che può aprire per ... per quattro ... per quattro appartamenti[ ... ] ne ho une che eh ... ha una bocca così grande (fonetico: ava na gargia tanta) ... [ ... ] così ... così grande ce l'ha (fonetico: tanta ... tanta l'ava)[ ... ] ha. .. (ride) un (inc.) così grande ... quando glieli metti una (inc.) ... salta da una parte all'altra. ..... [. .. ]ah ... io così colpisco ... compà! .. , (fonetico: ah io accuss' minu compà) [. .. ]io (inc.) ... ma quando vedo che mi toccano la mia famiglia ... [ ... ]zero ... porto zero, un quintale e venticinque").

  E poi c’è l’arma munita di silenziatore e un numero imprecisato di armi occultate  presso un’abitazione  disabitata.   E c’è, allo stesso tempo, la preoccupazione che le forze dell’ordine possano trovarle. In una conversazione - riportata nell'ordinanza -  captata presso l'abitazione di  Giuseppe Gregorio Iozzo,  quest’ultimo  esterna al nipote la preoccupazione che le Forze dell'ordine possano scoprire le armi di cui egli dispone, affermando di volerle nascondere presso un'abitazione disabitata. “Non sussistono – scrivono i magistrati nell'ordinanza -  al contrario, sufficienti elementi a carico di Raffaele Iozzo, il quale si limita ad interloquire con lo zio circa la necessità di provvedere a sistemare le armi - conservate al momento presso l'abitazione dello zio Giuseppe - senza evidentemente concorrere nella detenzione delle stesse”.    

Infine, quei quattro  fucili mitragliatori kalashnikov, “da qualificarsi come armi clandestine”, la cui detenzione è  sempre contestata a Giuseppe Gregorio Iozzo.  

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