'Ndrangheta, operazione Scolacium: indagini chiuse per affiliati ai clan e imprenditori collusi

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  08 novembre 2024 17:01

di STEFANIA PAPALEO

Operazione Scolacium, nessuno sconto della Dda di Catanzaro per le 27 persone rimaste coinvolte nell'operazione anti 'ndrangheta messa a segno all'alba dello scorso 22 febbraio. Un provvedimento di chiusura delle indagini è partito alla volta di ciascun indagato a firma del sostituto procuratore distrettuale Debora Rizza. Al centro della scena, sempre loro, i presunti boss e picciotti di due clan che avrebbero operato negli anni su un vasto territorio del Catanzarese a braccetto con imprenditori collusi e operatori turistici in odor di 'ndrangheta. Nelle carte della Procura, in particolare, si parla di due consorterie che erano riuscite a riorganizzarsi dopo l'operazione Jonny, dando vita a una nuova stagione criminale finalizzata  a tenere in vita l'operatività delle cosche di riferimento. Nella rete degli inquirenti, dunque, erano finiti i membri dei sodalizi Catarisano (operante tra Roccelletta di Borgia, Borgia, Cortale, Girifalco e zone limitrofe, nonché nelle aree industriali di San Floro e Germaneto di Catanzaro) e Bruno (egemone nei territori di Vallefiorita, Amaroni, Squillace e aree limitrofe), con la ricostruzione di centinaia di presunti episodi criminosi  relativi a estorsioni, minacce, danneggiamenti, traffico di armi e droga, fabbricazione di ordigni esplosivi e sequestro di persona, riferibili alle accuse più gravi di associazione di tipo mafioso armata e concorso esterno in associazione mafiosa, e altri gravi reati, .
LEGGI QUI IL BLITZ DI FEBBRAIO CON I NOMI DI TUTTI GLI INDAGATI

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Ad annullare molte delle misure cautelari applicate erano stati, mese dopo mese, i giudici del Tribunale della Libertà. Oggi la chiusura delle indagini che permette agli indagati e ai rispettivi difensori di fiducia di tentare di ribaltare le accuse, per tirarsi fuori dal pesante procedimento penale.

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I NOMI DEGLI INDAGATI
Bruno Abbruzzo, di Borgia; Pietro Abruzzo di Borgia; Luciano Babbino, di Vallefiorita; Stefano Bevilacqua di Catanzaro; Paolo Bova, di Squillace; Francesco Bruno, di Vallefiorita; Matteo Catroppa, di Priocca (Cn); Rocco Ceravolo, di Bologna; Massimo Citraro, di Borgia; Davide Cristofaro, di Squillace; Giuseppe Cristofaro, di Girifalco; Nicholas Fioravante Cristofaro, di Squllace; il collaboratore di giustizia Salvatore Danieli; Adrian Domianov Dimotrov, di Squillace; Domenico Falcone, di Borgia; Gennaro Felicetta, di Vallefiorita; Francesco Gualtieri, di Borgia; Sandro Ielapi, di Cortale; Franco Macario, di Catanzaro; Simone Macario, di Vallefiorita; Francesco Migliazza, di Girifalco; il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi; Raffaele Pace, residente a Curtatone; Antonio Paradiso di Catanzaro; Ilario Sestito di Amaroni; Vincenzo Tolone, di Girifalco; Danilo Vitellio, di Vallefiorita; Davide Benedetto Zaffina, di Gizzeria.

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IL COLLEGIO DIFENSIVO
Gli avvocati impegnati nella difesa degli indagati sono: Antonio Lomonaco, Vittoria Aversa, Andrea Amato Conte, Salvatore Iannone, Giampiero Mellea, Saverio Loiero ed Eugenio Perrone. 

GLI IMPRENDITORI RITENUTI COLLUSI
Dietro le sbarre, per mano del  gip Maria Cristina Flesca, erano finiti anche gli imprenditori Paolo Bova (classe 69) attivo nella lavorazione dei rifiuti/campo oleario, ritenuto dagli inquirenti imprenditore colluso che, pur pagando il pizzo, avrebbe conseguito e fornito benefici al clan Bruno, nell'ambito di un rapporto dinamico e continuativo, e gli imprenditori edili Massimo Citraro (classe 66) di Borgia, Sandro Stilo (class 69) di Squillace e Vincenzo Tolone (classe 78) di Girifalco vicini al clan Catarisano. Da specificare, tuttavia, che per l’imprenditore Bova, rispettivamente difeso dall’avvocato Sergio Rotundo, è state annullata la misura cautelare e ritenuto inammissibile il ricorso della Dda di Catanzaro in sede di Cassazione (LEGGI QUI).

La gravità indiziaria, conseguita, allo stato, sul piano cautelare, attraverso gli articolati e complessi approfondimenti investigativi, ha riguardato l’attuale organigramma dei due sodalizi, ricadenti sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, nell’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, nonché le plurime attività illecite attribuite, rispettivamente, agli indagati con riguardo, in particolare, ai delitti di estorsione ai danni di imprenditori del settore edile, boschivo ed eolico, nonché ai delitti in materia di stupefacenti, del tipo cocaina e marijuana.

In tale contesto, nell’ordinanza cautelare, nei confronti degli indagati, riconducibili, rispettivamente, alla due cosche di ‘ndrangheta,  e attinti dalle misure adottate, è stata ritenuta, allo stato, la gravità indiziaria, tra l’altro, con riferimento, rispettivamente, a plurimi atti incendiari, a vicende estorsive, tentate e consumate, ai danni di attività commerciali e di imprenditori, il tentativo di importazione di ingente quantità di marjuana ed eroina dalla Bulgaria, il furto in abitazione commesso ai danni dei genitori di un collaboratore di giustizia.

Agli indagati resta adesso la possibilità, entro 20 giorni, di chiedere di essere interrogati per rigettare le accuse, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso armata, concorso esterno in associazione mafiosa, e altri gravi reati, anche aggravati dalle  modalità e finalità mafiose, estorsione, reati in materia di armi, detenzione e traffico illecito di stupefacenti, ricettazione, sequestro di persona, furto in abitazione e danneggiamento seguito da incendio.

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