Tra gli indagati, destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari nell’operazione ‘Melea’ della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, figura anche un sovrintendente della Polizia di Stato in servizio nel commissariato di Siderno, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa “per aver fornito in passato a Scali Rodolfo, e più di recente ad un soggetto indagato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Torino, notizie riservate, anche in cambio di alcune regalie”.
Stupefacenti, violenza privata, associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, detenzione illegale di armi, spaccio di stupefacenti, sono i capi di imputazione cui dovrà rispondere dinanzi al Gip il resto degli indagati, dei quali otto finiti in carcere, quattro agli arresti domiciliari, a cui si aggiungono altri sette indagati in regime di libertà.
Tra gli arrestati dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dagli agenti del Commissariato di Siderno, figura anche Rodolfo Scali, 58 anni, uno dei capibastone più temuti della Vallata del Torbido, già coinvolto nelle operazioni ‘Minotauro’, ‘Prima luce’ e ‘Crimine’, secondo gli inquirenti, al centro delle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno permesso di costruire l’ipotesi accusatoria della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, attraverso il contributo dei collaboratori di giustizia su alcuni gravissimi episodi di natura mafiosa avvenuti in alcuni centri della Locride.
Braccio destro del boss Scali, con la ‘carica’ di ndrangheta di ‘capo società’, cioè il numero due della cosca, gli investigatori pongono il cognato Damiano Abbate e nel ruolo di ‘crimine’ – il responsabile operativo della cosca – Isidoro Callà, sostenuti da Nicodemo Deciso, Nicodemo Fiorenzi, Raffaele Romeo, Domenico Spanò e Cimino Ferdinando. Gli investigatori, inoltre, individuano in Nicodemo Fiorenzi il referente della cosca in Lussemburgo, obbligato a rendere comunque conto alla ‘cosca madre’ di ogni iniziativa nel Granducato.
Lungo l’elenco degli episodi, tra i consumati e i contestati, dalla Procura della Repubblica agli indagati: estorsione nei confronti di un’impresa edile esecutrice di lavori sulla Strada di grande comunicazione Jonio/Tirreno, in atto chiusa per lo smottamento della galleria della Limina lunga oltre tre chilometri; la tangente pretesa per i lavori di messa in sicurezza degli edifici della locale scuola media, l’estorsione ad un giostraio.
A Francesco Staltari, 60 anni, assegnato ai domiciliari, gli inquirenti contestano il reato di tentato omicidio risalente nell’agosto del 2016, allorquando sul lungomare di Siderno, all’uscita del lido “Kalahari”, esplodeva tre colpi d’arma da fuoco da distanza ravvicinata nei confronti del titolare Antonio Pasqualino, colpendolo di rimbalzo, per vendicare una precedente aggressione subita dal figlio Mirko.
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