editoriale
19 agosto 2019 01:44di ENZO COSENTINO
Il “caso Calabria”, anzi il “caso Oliverio”, ha fatto scoppiare l’orticaria nel Pd. Il prurito, fastidioso, è in atto. Il governatore mostra determinazione e tira dritto per la sua strada sulla sua candidatura alle primarie per la designazione del candidato presidente alle prossime “regionali”. Lo zoccolo duro della corrente oliveriana ha alzato un “muro” e difende la legittimità della scelta del leader.
Che accadrà nelle prossime settimane nel Pd calabrese dove si va avanti a ruota libera? Il commissario del Partito, Stefano Graziano, si sta adoperando per tenere sotto controllo una situazione a dir poco contorta politicamente. C’è anche un seconda lettura della situazione nel Pd: in maniera più o meno autoritaria la segreteria nazionale potrebbe aver commissariato anche il commissario mettendogli alle costole – e non soltanto a lui- un alter ego, cioè Nicola Oddati, membro dell’organismo con incarico per la politica nel Mezzogiorno.
E' stato infatti Oddati, su preciso mandato, a provocare un ulteriore squarcio nel partito. Squarcio dal quale è fuoriuscito “sangue rosso” della corrente oliveriana che appare essere abbastanza solida da fare resistenza patriottica persino al segretario nazionale Nicola Zingaretti. Anche a provocare ritorni di fiamma per un renzismo calabrese. Un Pd così logorato nel suo tessuto politico potrà mai vincere la corsa per un ritorno al governo della regione? Nel silenzio, che in realtà tale non è, si muovono colombe, libellule, anche qualche dinosauro e non vano per la stessa strada. Pd ecco la “torre di Babele” del momento.
Non diversamente si può intendere la confusione di linguaggio dei documenti-velina che sul caso Calabria inondano social, redazioni di organi di stampa e media vari. Ora gli strenui e qualcuno anche per interesse più personale che politico, sostenitori del “lodato sii, mio signore Zingaretti”, se la prendono con i potenti decisori del loro partito per aver provocato in Calabria una pericolosa fermata non del rinnovamento del partito ma del recupero di un ruolo e di una funzione, possibilmente credibili da parte dell’elettorato, di tutto il centrosinistra.
E’ emblematico e sintomatico della condizione di disagio in cui vive il Pd calabrese l’ultimo documento pro-Oliverio e naturalmente anti- Oddati (leggi comunque Zingaretti) di componenti l’assemblea nazionale del Partito. Un documento che -scusate la nostra autoreferenzialità di giornalisti non dem, di alcun partito ma “liberi pensatori” con un minimo di imparzialità professionale- ricalca rilievi e considerazioni fatti in anticipo, su questa testata, relativamente a quanto appunto accade nel Pd. Va bene niente seconda candidatura per Oliverio, ma, di grazia – e lo chiedono anche Enzo Bruno, già segretario della Federzione Provinciale del Capoluogo di regione, ex presidente dell’Ente Provincia, Giuseppe Fortugno, Angelo Martino, Marco Rotella, Carmen Latella, Luigi Guglielmelli, Carmine Quercia, Eleonora Ienaro, Pino Capalbo, Simona Mancuso, Antonella Stefanizzi, Maria Canduci. Tutti componenti dell’Assemblea nazionale dem - il Pd faccia sapere ai calabresi, ai loro iscritti qual è l’alternativa alla candidatura di Mario Oliverio.
Un uomo venuto dal “cielo”, l’amico degli amici. Oppure nella innaturale, politicamente, eventualità di un accordo segreto con il M5S è tutto da decidere? Qualcuno sommessamente sostiene: il nome c’è, manca il suo consenso. Si sta lavorando non per trovare l’anti- Oliverio ma l’anti- probabile candidato leghista del centrodestra. O, forse più che del centrodestra, se questo schieramento non dovesse andare alle regionali compatto, della Lega. E Salvini, si sa, sulla Calabria ha fatto una scommessa.
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