Nina Fabiani e le “pillole” di Marco Calabrese, il costruttore di sogni tornato nella sua città

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images Nina Fabiani e le “pillole” di Marco Calabrese, il costruttore di sogni tornato nella sua città

  15 dicembre 2024 18:44

di NINA FABIANI

A volte ritornano. Si chiede venia a Stephen King, per la parafrasi, nell’accezione positiva, del suo arcinoto titolo passato dalla letteratura alla filmografia.

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Lui è ritornato

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Giovane gentiluomo, precocemente stempiato, bianco nella barba, il ragazzo che inanellava, seduto sul “cippu-rozzo e precario sgabello di quercia- accanto al camino, le sue passioni, musica, letteratura, pittura con le volute di fumo elegantemente domate e gestite.

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Meraviglia allora, il solo - tra i tanti amici e compagni di scuola - che amasse anche la musica “altra”; malia adesso, il suo saper regalare serate particolari. Musica proposta con la levità di un titolo “Lirica in pillole” che farebbe sorridere se non celasse anni di impegno, di esperienze sofferte almeno quanto le sue eroine, le più studiate e amate dai melomani.

Il tardo pomeriggio della città provinciale, sonnolenta e pigra si accende, anche in questa seconda stagione di “pillole”, musica senza tempo, senza età.

Il numero di giovani presenti in sala fa sperare nel recupero dell’antica cultura musicale a tutto tondo, come il più sublime dei marmi michelangioleschi.

Se il giallo di Van Gogh diventava stupefacente dopo un momento di follia etilica e la voce di Guccini si trasformava nella locomotiva impazzita con l’ausilio di un rosso rubino, l’affabulazione di Marco incanta se accompagnata dalle bollicine che Valentina porge con un sorriso senza frontiere.

Teatro in miniatura, scenografia e protagonisti fedeli riproduzioni d’epoca, accattivante sottofondo musicale, remoto ricordo di caroselli televisivi: si alza il sipario, inizia lo spettacolo. “A ciascuno il suo” personaggio perché gli ospiti possano viverne, hic et nunc, i sentimenti; rimbalza la musica da parete a parete; danzano le note sul libretto, prezioso per cogliere ogni sfumatura della trama.

Traspare in tutti, silenziosamente sospesi tappi, bicchieri, stuzzichini, il moto dell’anima che dal profondo, tacitando l’animo, affiora, afferra la gola, lucida gli occhi.

Marco ai suoi attenti uditori, scolari disciplinati, amanti del bel canto, sa trasmettere i patemi del compositore quanto quelli del librettista e dell’interprete: il peso dei segni su e tra i righi del pentagramma dove le parole, compagne delle note, hanno illo tempore, determinato il successo o la momentanea débâcle dell’opera.

Ancora più strabilianti le aeree gouache, disegnate da voce e gesti, scene che scorrono come pagine di romanzo. Fantastici rimandi fra le arti, quanto fantastico sarà stato il San Carlino, immediato riferimento al San Carlo, primo palcoscenico in grado di testare e tastare gli umori di melomani esigenti e determinati.  

Marco Calabrese, partito troppo giovane e poco esperto, dalle brume del nord è tornato.

Dalla Milano “da bere” a Catanzaro, dalla Scala al San Carlino, per restituire la sua storia a questa città in grado di rinascere se e quando impegno politico e culturale sapranno scrivere una buona partitura per il futuro.

Solo uno iato tra il San Carlo e il San Carlino, tra la capitale di un Vicereame colta, ricca di uomini e opere illustri, e la città, oggi capoluogo di Regione, allora altrettanto ricca di uomini e manufatti apprezzati nelle corti più esigenti e raffinate d’Europa.

Quel San Carlino abbattuto per far posto al nulla in nome di una modernità e di un progresso che classipolitiche voraci e ignoranti mai hanno innestato sul tronco dell’antica Magna Graecia.

A volte tornano, purtroppo pochissimi, intelligenze fuggite dalla “povera” Calabria, ragazze e ragazzi che si vorrebbero in loco, impegnati a risollevare le sorti della terra natia con le loro capacità e le esperienze acquisite altrove.

Terra difficile da vivere: scarse le risorse, in abbandono i paesi dell’Appennino, abitanti sempre più anziani, timori di longa manus sempre in agguato.

Ne ha avuto di coraggio Marco a ritornare: tanti suoi coetanei entreranno nel novero dei “Calabresi nel mondo”, impossibilitati a costruire il loro futuro in una Regione senza futuro, perché priva di progettualità.

Coraggio, preparazione, bravura, riconosciuti e premiati coram populo, hanno consentito a Marco di rendere le pilloleun medicamento indispensabile per lo spirito e il corpo della città identificata dalle tre V, Vitaliano, velluto, vento.

Al San Carlino si è trasformato nell’omonima Associazione: serate tardoautunnali, pochi passanti sull’antico cardo, spina dorsale della città, sottiliopache piogge o intensi scrosci, profumi di festeimminenti, e il meglio dell’opera a chiusura dell’anno dedicato a Puccini.

Se i signori si riconoscono, per il tempo determinato e transitorio dettato dall’ascolto, nel compositore donnaiolo, nel capitano cinico, nell’artista bohemien o nel pittore “complottista”, le signore vivono con Mimì, Tosca, Butterfly, Liù e compagne cantanti, gli struggimenti e la dolcezza degli amori smarriti tra i meandri dell’esistenza, impossibili da vivere o persino difficili da sognare quando il sogno s’infrange sugli scogli della realtà.

Marco che già nella prima stagione, tutta pucciniana, ha intrattenuto i suoi ospiti in maniera eccezionale, regala ancora le magiche “pillole”,smemorine temporanee: quando l’ultima nota si spegne, il fioco lampione del vicolo afferra senza pietà la fisicità dell’essere che ha appena vissuto sull’immaginario palcoscenico, in platea, in palco o barcaccia. Poco importa. Basta una piccionaiaperché il bel canto, arricchito di letture, informazioni, curiosità, aneddoti, raggiunga gli anfratti dell’animus e vi annidi.

Magia della musica, miracolo dell’uomo, dell’intenditore, del mago; il Magio che offre il suo dono quando manca poco all’arrivo dei Tre iconici in viaggio sulle antiche rotte carovaniere dell’oriente martoriato da guerre e seppellito sotto montagne di dolore: i soli che forse potranno per qualche ora allontanare la realtà amara e la cappa di tristezza che stringono il cuore e smarriscono la mente.

A volte ritornano

E Marco, dopo la più che ventennale esperienza fuori regione, è tornato per regalare un po' di sé, basta salire pochi scalini, non uno scalone d’onore, per fruire la bellezza delle sue proposte musicali.

Il nuovo teatro, quello che avrebbe dovuto e forse potuto sostituire il distrutto San Carlino, edificio impregnato di storia e storie, non ha ancora un’anima, privo dell’inconscio collettivo necessario, a dargliela sarà la sommatoria di agenti fondanti e tessuto connettivo supportati da costruttori di sogni.

Come Marco.

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