Sembra che dell’interpretazione della legge forense, data dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione e, di poi, dalla Corte Costituzionale, si sia voluto fare una specie di rito gattopardesco.
Lasciate passare quattro anni che poi si torna alla carica: nel frattempo organizzatevi alla meglio.
Lettura distratta dei tempi, questa, oltreché dallo sguardo corto.
Se non fosse stato ancora compreso provo a spiegare: Gli Ordini, nati sotto l’ispirazione fascista e corporativa, non hanno più ragione di esistere. La giurisprudenza della Suprema e quella della Sovrana Corte, hanno cercato di chiarirlo avvertendo sull’involuzione che li avrebbe portati inesorabilmente alla fine è cercando correttivi.
Se gli Ordini diventano centri di potere sono infatti destinati alla fine.
Quindi, hanno detto, cominciamo dal divieto di doppio mandato ma per limitare il vero cancro che li uccide, la gestione padronale che ne impedisce una moderna, direi costituzionale, estrinsecazione.
Per tutta risposta gli Avvocati -si badi, non solo a Catanzaro...- si sono messi a celebrare i soliti vecchi riti, fatti di cordate, preventivi accordi pubblici o segreti, massonerie, appartenenze varie, per la gestione del potere.
Esattamente il contrario di ciò che la legge, così come sommamente interpretata financo dallo stesso Giudice delle Leggi, voleva che accadesse. E cosa avrebbe dovuto accadere da parte di chi fa l’interprete della legge per Professione, se non attuarne lo Spirito?
Cosa se non che la scelta fosse operata sulla base della competenza, della professionalità, della riconoscibilità del candidato, le sue mani davvero libere, tutti presupposti per la rappresentanza?
Non si è forse compreso, invece, che non fosse in ballo l’elezione di uno o più candidati blasonati (magari anche temuti per la loro indipendenza), ma la stessa sopravvivenza di un istituto che, a causa della sua rapida involuzione fin dal momento genetico-elettorale, rischia di perire tra i flutti nei quali anni di gestione sconsiderata l’hanno trascinato.
Peccato, una bella occasione perduta per guardare all’Avvocatura del futuro, ma il tempo è galantuomo.
Nunzio Raimondi
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