Omicidio Battaglia, in manette sei esponenti della ‘ndrangheta di Piscopio: il loro silenzio garantì l’impunità all’assassino (I NOMI)

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images Omicidio Battaglia, in manette sei esponenti della ‘ndrangheta di Piscopio: il loro silenzio garantì l’impunità all’assassino (I NOMI)
I carabinieri di Piscopio
  16 dicembre 2019 11:11

Quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere e due obblighi di dimora.

È quanto disposto dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri nell’ambito dell’inchiesta che ha fatto luce sulla sparatoria avvenuta a Piscopio lo scorso mese di settembre che causò la morte del ventunenne Salvatore Battaglia. Dopo aver catturato e assicurato alla giustizia il presunto esecutore materiale dell’omicidio identificato dalle indagini nel 32enne Antonio Felice, i Carabinieri del Norm e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia hanno allargato il cerchio delle indagini e individuato i presunti favoreggiatori che con il loro silenzio hanno reso più complicata la ricostruzione della vicenda.

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All’alba di oggi i Carabinieri di Vibo Valentia hanno quindi eseguito le sei misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti esponenti della ‘ndrangheta di Piscopio. A vario titolo sono accusati di omicidio, tentato omicidio, favoreggiamento personale, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. Reati aggravati dal metodo mafioso.

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Le indagini dei Carabinieri di Vibo, oltre a confermare quanto già ricostruito nel provvedimento che ha portato all’arresto di Antonio Felice, hanno permesso di ricostruire il quadro di responsabilità a carico di altri protagonisti che hanno avuto un ruolo nella vicenda. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stato notificato allo stesso Antonio Felice (già detenuto), 32 anni di Piscopio, e a coloro che sarebbero i destinatari dell’agguato: Giovanni Zuliani, 23 anni di Piscopio (rimasto ferito alle gambe nella sparatoria) e Michele Ripepi, 19 anni di Piscopio, rimasto illeso nel corso della sparatoria avvenuta nei pressi della villetta comunale. Entrambi sono ritenuti responsabili di favoreggiamento personale avendo taciuto l’identità dell’autore dell’omicidio e devono rispondere anche di porto e detenzione abusiva di arma da fuoco.

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Agli arresti domiciliari invece Michele Fiorillo, 32 anni, anche lui di Piscopio mentre il Gip di Catanzaro ha disposto l’obbligo di dimora nel Comune di Vibo Valentia per i fratelli Antonio e Giuseppe Francolino, rispettivamente 25 e 24 anni. Sono accusati di favoreggiamento personale avendo omesso di riferire quanto a loro conoscenza pur avendo direttamente assistito all’azione delittuosa. Un silenzio necessario a garantire l’impunità all’autore dell’omicidio.

"Ho deciso di collaborare con la giustizia perché temo che a breve a Vibo Valentia scoppierà una guerra di 'ndrangheta e io voglio starne lontano e pensare al bene di mio figlio".

A dirlo è stato Bartolomeo Arena quando, il 18 ottobre scorso, ha iniziato a collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Quarantatrè  anni esponente della famiglia Arena-Pugliese i cui componenti, spiega, sono uomini d'onore fin al 1800, Arena ha fornito un supporto alle indagini sulla soluzione dell'omicidio di Salvatore Battaglia ed è considerato vicino al gruppo di un altro pentito, Andrea Mantella, ex boss di Vibo.

Circa 30 anni fa ad Arena fu ucciso un congiunto il cui corpo non è mai stato ritrovato e nella seconda metà degli anni 2000 un altro parente era stato assassinato in un agguato lungo la strada tra Vibo Marina e Pizzo.
Salgono dunque a cinque i pentiti di 'ndrangheta negli ultimi quattro anni. Il primo è stato, nel 2015, Raffaele Moscato, ex componente di fuoco del clan dei Piscopisani, che ha contribuito all'operazione "Rimpiazzo" che ha aperto nuovi scenari non solo nella mappa geo-mafiosa della città ma anche in altri settori che potrebbero coinvolgere i cosiddetti colletti bianchi. Nel 2016 è stata la volta dell'ex boss di Vibo Andrea Mantella che durante un'udienza del processo "Black money" disse: "Ho commesso otto omicidi, quanti ne ordinati neanche me lo ricordo". Quindi Nicola Figliuzzi, terminale armato del clan dei Patania nella guerra con i piscopisani (novembre 2017). Poi Giuseppe Comito, esponente sempre di Patania.

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