di STEFANIA PAPALEO
Ergastoli confermati in via definitiva per Antonio Santo Bagnato, Antonio Cianflone e Antonio Marrazzo, ritenuti killer e mandante di Rocco Castiglione, caduto in un agguato andato in scena nelle campagne di Roccabernarda il 31 maggio 2014, nel quale rimase gravemente ferito il fratello Raffaele. Confermata anche la condanna a 21 anni di reclusione nei confronti di Michele Marrazzo, mentre l'annullamento senza rinvio è stato disposto per il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta, sul quale pendeva una condanna a 7 anni di reclusione.
La Corte di Cassazione scrive così l'ultimo capitolo della tragica storia di 'ndrangheta che ben dieci anni fa contribuì ad allungare l'elenco delle vittime della guerra tra clan nel Crotonese. Nulla hanno potuto gli avvocati difensori Luca Cianferoni, Aldo Truncè, Francesco Gambardella, Sergio Rotundo, Antonio Lomonaco e Francesco Calzone per ribaltare la sentenza impugnata. I rispettivi ricorsi sono stati tutti rigettati, a favore della pubblica accusa supportata dagli avvocati di parte civile Piero Chiodo, Luca Gigliotti , Giuseppe Trivolo, Eliana Corapi, Nunzio Sigillò, Sergio Lucisano e Anselmo Mancuso (per i familiari delle vittime), e Giocondo Salmi (per la Regione Calabria). A sorpresa, invece, nessuna costituzione di parte civile in sede di Cassazione per il Comune di Roccabernarda, rappresentato dall'avvocato Gennaro Pugliese.
L'avvocato di parte civile Piero Chiodo
Resta in piedi, dunque, la ricostruzione accusatoria sulla base della quale Antonio Bagnato è stato condannato in qualità di ideatore dell'agguato e gli altri di esecutori, con rispettivi compiti di vedetta, trasportatori di armi, di preposti a condurre i mezzi per allontanarsi dal luogo dell'agguato e di materiali attuatori del piano omicidiario, messo a segno con tre fucili con matricola abrasa utilizzati dai sicari per sparare contro la Mitsubishi Pajero all'interno della quale viaggiavano, su una strada di campagna fuori dal paese di Roccabernarda, Rocco e Raffaele Castiglione.
Gli autori si erano nascosti tra gli arbusti per sorprendere le vittime intorno alle 9,30, così come raccontò ai carabinieri Raffaele Castiglione che, scampato all'agguato, si era dato alla fuga, mentre il corpo di suo fratello giaceva senza vita sul sedile passeggero. Da lì le indagini che portarono a far luce sull'omicidio deciso in seno a logiche di potere e controllo del territorio che avrebbe visto la famiglia Castiglione refrattaria ad allinearsi alle direttive del capo locale Antonio Bagnato.
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